10 maggio 2008

Torino - 12° puntata


Ed eccomi di nuovo davanti alla tastiera ed al monitor del pc a cercare di ricapitolare le cose che sono successe in un'altra settimana di trasferta in quel di Torino.
Tanto per iniziare questa è stata quasi una settimana piena, come on succedeva da tempo tra ponti e festività. Ben quattro giorni e mezzo passati nella città sabauda. Il mezzo che manca è trascorso lottando con la noia ad un vespertino aziendale tenuto in un hotel di Milano.
Ahi, quanto è difficile non sbadigliare quando il capo dei capi attacca a parlare e tu hai dormito solo poche ore...ma andiamo in ordine.

I primi due giorni della settimana trascorrono come sempre. Chini davanti al pc a macinare lavoro e a cercare di sentire ancora il profumo dei giorni trascorsi al lago. Il primo evento che merita di essere raccontato è legato ad un centro commerciale. Martedì si va a fare la spesa. Siamo in due io ed il collega autista. Appena entrati nel centro commerciale, sono uguali in tutta Italia, ci rechiamo al supermercato per fare un po' di scorte. Siccome abbiamo visioni alimentari diverse ci dividiamo e ci diamo appuntamento alle casse. Io, memore dell'esperienza fatta nei supermercati del milanese faccio la mia spesa e vado alle casse a pagare, mettendomi in attesa del mio collega. Davanti a lui c'è una coppia di ragazze, o almeno lo devono essere stata una decina di anni fa, ma a comprare è una sola di loro. La cassiera passa i pochi articoli presi quando la ragazza la blocca. Inizia una breve discussione sul prezzo del tanga... e si lettore, la ragazza impugna un bel tanga nero traslucido e dice che era in offerta, mentre la cassiera risponde qualcosa che non sento, sono troppo rapito da questo tanga che balla senza accompagnatore e dalla faccia imbarazzata dell'amica. Il mio collega, nascosto da occhialoni da sole degni del Billionaire, sogghigna di gusto, come fa quasi tutta la fila che si slunga alle loro spalle. La ragazza a malincuore lascia il prezioso indumento e non curante degli sguardi si allontana scortata dall'amica imbarazzata per entrambe.

Mercoledì è giornata di sfide. Alcuni colleghi hanno organizzato una partita di calcetto. Io declino l'invito per diversi motivi tra cui il principale è che non ho scarpe con cui giocare, e poi i piedi si devono riprendere ancora dalle scarpinate fatte in queste settimane. Faccio quindi da spettatore in compagnia di due colleghe, una bionda ed una bruna tanto che mi fanno pensare alle veline ed io mi sento un po' il Gabibbo della situazione. Comunque guardiamo un po' i colleghi sgambettare dietro al pallone e poi decidiamo che è meglio andare a prendere qualcosa al bar. Questo è il preludio ad una serata fuori al Quadrilatero Romano, zona ricca di locali di Torino.
La serata viene doppiata il giorno seguente quando ricevo una chiamata alle 11 di sera che mi avverte che i miei colleghi mi stanno aspettando per andare a ballare. Accetto volentieri di uscire perchè da quando mi sono trasferito in residence le uscite si sono azzerate e fare vita ufficio casa un po' inizia a pesarmi. Tralascio il racconto della serata e della giungla di persone presenti nel locale. Sarebbero parole già dette.
Il problema nasce venerdì pomeriggio.

Mi sono invitato con il collega a questa riunione aziendale a Milano, il cui organizzatore è la figura più alta in grado a Milano per vari motivi:

primo per essere a Milano presto e poter raggiungere gli amici ad una cena all'ora dell'aperitivo e non del dolce;

secondo per motivi d'immagine aziendale, in certe occasioni bisogna esserci;

terzo motivo per portare alcuni documenti in sede e salutare qualche collega.

La riunione inizia con un pippozzo, come dice il capo, che attacca alla base la parte del mio cervello che si dovrebbe occupare di tenermi sveglio. Combatto con il desiderio di addormentarmi, e le sedie modello invitati non siete graditi mi aiutano. La loro scomodità deve essere stata brevettata.
Non so come, ed a dire il vero non ne sono sicuro, ma arrivo alla fine dell'intervento con gli occhi ancora aperti ed in uno stato di lucidità accettabile. Confido di rilassarmi nella seconda parte della riunione ma il posto libero accanto a me viene occupato dal capo, che cerca di trasmettere in questo modo il concetto che lui è uno di noi. Quindi nuova lotta contro il sonno che questa volta viene aiutata anche dagli argomenti meno noiosi che vengono trattati.
Giungiamo cosi alla fine della riunione che ha sforato come al solito di una buona mezz'ora l'ora di fine. Saluto tutti velocemente e scappo alla ricerca di un po' di vita, di quella che mi sembra ogni tanto rubata dal lavoro, gli impegni e gli altri mille casini in cui vado ad impegolarmi.

Nella prossima puntata si parlerà di...

1 commento:

Anonimo ha detto...

Quando il capo chiama...
...nessuno può tirarsi indietro!
Sei ancora fortunato che la riunione/pippozzo sia stata di venerdì e non di sabato mattina ;-)