08 novembre 2008

Torino - 35° puntata


Eccomi davanti alla tastiera a cercare di mettere giù il resoconto dell'ennesima settimana passata in trasferta. Oggi mi sembra difficilissimo mettere insieme anche solo un paio di righe per raccontare cosa è successo, forse perchè è stata una settimana grigia, dove il tempo è stato rubato dal lavoro e la vita vera è sembrata solo un sogno.
Provo e riprovo a mettere insieme il percorso di questa settimana, ma mi sembra di ricadere sempre e solo nella vita d'ufficio, fatta di riunioni inutili e male organizzate, il cui scopo sarebbe aumentare il team building societario ed ottengono l'effetto opposto, oppure di mail e telefonate inconcludenti, di pranzi in cui ti senti un po' don Abbondio, un vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro che non vedono l'ora di cozzare tra di loro e di far scintille. Va beh il solito insomma, quello che credo capiti nella maggior parte degli uffici.
Vediamo di cambiare un po' discorso, ma solo un po'. L'evento mondano della settimana è stato la cena di saluto per i colleghi che lasciano Torino e vanno nell'Abruzzo dei pastori e della transumanza. Una cena in un ristorante di tendenza. Un ristorante che con un arredo a metà tra il minimal chic e la macelleria di altri tempi ci ha servito della buona carne e un conto di tutto rispetto. Una bevuta in un locale che si ispira al Marocco e cerca di sposare i gusti occidentali con i profumi di terre lontane, ottenendo così dei meravigliosi cocktails che ti lasciano in bocca un sapore di arbre magique o di caramella balsamica marcita. Ma com'è e come non è il posto fa tendenza e quindi come perderselo in questa serata di commiato. Le chiacchiere girano ma alla fine si parla sempre e solo di lavoro, si prendono in giro gli assenti ed anche i presenti, si fa insomma passare il tempo. E tutto finisce con l'ultimo viaggio tutti insieme sull'auto aziendale che ricorda ora come non mai uno scuolabus, con i casinari seduti in fondo, le ragazze carine in prima fila, e quelli normali o sfigati che si voglia dire, seduti in mezzo a vedere il mondo scorrere oltre i finestrini. E poi le canzoni da torpedone, le foto alla prima sosta, i saluti alla fine della gita, con qualcuno che cerca di nascondere il fatto che un po' si è commosso.
Ormai gli eventi sportivi vengono vissuti tutti davanti ad uno schermo. Questa volta il tentativo di vedere la squadra del cuore vincere durante una partita internazionale ha cozzato un po' con il desiderio di vedere una commedia per cercare di portare un po' di colore nella settimana più grigia che mi sembra aver vissuto da quando è iniziata questa avventura. Alla fine mentre i giocatori tornavano negli spogliatoi io iniziavo la visione del film della settimana. Una commedia che faceva il verso ai film di guerra alla RAMBO. Anche il film ha risentito dell'atmosfera incolore e per una buona parte del suo apparire si è visto il bianco e nero tornare alla ribalta.
Ma si potrà dire nero o devo dire abbronzato visti i recenti eventi mondiali.
Ecco mentre io sono qui che mi lamento dall'altra parte del globo un uomo di colore realizza un sogno, forse non solo suo e sicuramente già sognato da molti altri. La gente scende in strada con la speranza che non ci siano più incubi nel futuro, e mentre tutti parlano di economia, recessione, banche e mutui a me vengono in mente le parole di una canzone: “Ai figli di un militare regalerei un futuro con il padre, non un pacco coi suoi resti per Natale” dei HUGA FLAME.



Forse un po' in anticipo come dono da trovare sotto l'albero, ma perchè non iniziare a chiederlo già adesso.
Nella prossima puntata si parlerà di...

1 commento:

Anonimo ha detto...

Hai ragione, Carmine. Spesso ci troviamo solo "un pacco". Ma sta a noi cambiare le cose, come hanno fatto gli americani. Abbiamo quantomeno il dovere di provarci. E visto che lo sto facendo, so quanto è difficile. Ma non è impossibile. Certo, novembre mette anche a me una tristezza galattica, ma poi mi ricordo che l'autunno e l'inverno sono belli perchè preparano. Cosa? L'estate.