29 novembre 2008

Torino - 38° puntata


Questo post inizia la sua storia in un venerdì in cui la città, e mezza Italia, si è risvegliata al cospetto di una bella nevicata. Il tempo, i colleghi in viaggio in ritorno dalla trasferta in Polonia, il capo che latita, ed i soliti orari mi hanno portato ad approfittare di questa mezza giornata di relax e di latitare per quanto riguarda il lavoro. Ogni tanto scrivo una mail, così per far vedere che ci sono e che faccio qualcosa, mentre i miei due colleghi che dividono con me questo pomeriggio, si sono datti alla macchia.
Fuori la neve viene sciolta dalla pioggerellina che, fastidiosa ed imperterrita, scende abbondante.
Questa settimana sarà ricordata come quella dei “ma chi si rivede” (avrei potuto usare la formula cara alla madre di un amico: "chi non muore si rivede"; ma già a me dava un po’ fastidio). Il caso ha voluto che rincontrassi due persone che non sentivo da tempo. La prima un’ex collega che vive a Torino, la seconda un utente del vecchio progetto. Gli incontri sono stati molto diversi.
Nel primo caso è stato un incontro virtuale, mentre cercavo di sistemare il pc, dopo l’ennesimo intervento per aggiornamenti da parte dell’IT del mio ufficio, vedo apparire la pop up che indica che il contatto è in linea e disponibile a parlare. Un flash. Avevo provato a contattare l’ex collega appena arrivato a Torino, ma con scarsa fortuna, ed ora vedo apparire il suo viso. Scatta la chat. Scambiamo poche battute perché il lavoro e l’imminente pausa pranzo non ci consentono grossi dialoghi, ma ci ripromettiamo di incontrarci o comunque risentirci in un momento di calma. Il secondo invece sembrava la scena di un film, magari sdolcinato, dove l’eroe rientra a casa dopo l’ennesima battaglia combattuta ed incontra, o meglio, si scontra con l’interprete femminile. Io ero talmente cotto che neanche avevo riconosciuto la persona che avevo incrociato, troppo stanco ed assorto in pensieri da grande scrittore. Mi fermo e scambio le solite quattro parole: come stai, come va etc. etc. Il solito insomma. Però averla rivista mi ha portato alla mente un sacco degli eventi che non hanno trovato posto tra le righe dei post che ho scritto. Le parole hanno ripreso il flusso dei giorni in cui ero in un piccolo ufficio nell’hinterland di Torino a cercare di fare al meglio il mio lavoro, ed il tempo si è ripiegato su se stesso, avvicinando eventi ormai in auge tra i ricordi.
Il ridursi via via del gruppo di trasfertisti ha fatto si che la serata godereccia sia stata sostituita da una più sobria pizza e quattro chiacchiere… ecco se si potesse dare un sottotitolo a questo articolo sarebbe: chiacchiere, molte ed abbondanti, dolci e piccanti, sussurrate o gridate, vis a vis o via etere, vicine e lontane, dette ed ascoltate. Il silenzio di questi momenti con gli uffici che si svuotano stride un po’ con il tema della settimana, ma un po’ di pace riflessiva a volte fa bene.

Sabato mattina il risveglio è lento. Sono ancora qui a Torino. Ieri ho provato a godermi il fatto di essere in trasferta nel capoluogo piemontese, lontano dal capo bloccato in riunioni lontano dall’ufficio. Pausa pranzo all’Eataly. Fiore all’occhiello dello SLOW FOOD, dove alla quantità si preferisce la qualità. Dove non si mangia solo per nutrirsi ma anche per il gusto ed il piacere che può dare questo gesto. Questo è un altro dei posti che raccomando a chi si trovasse a dover passare qualche giorno in zona.
La serata mi ha portato al TORINO FILM FESTIVAL, con scelta del film da vedere legata più al parcheggio che ad una analisi delle proposte. Mi è toccato quindi un trittico di film legati alla vita ed alla morte. I primi due corti sono risultati molto belli, il primo trattava della futilità della vita vista dalla morte ed il peso della morte visto dalla vita, o almeno questo è quello che ho capito io. Il secondo era la condensazione della vita di una ragazza in un piccolo percorso. Nascita, crescita, difficoltà, amore, procreazione, morte.
Il terzo era un lungometraggio, bello ma di una lentezza incredibile, tanto che la palpebra è stata messa più volte a repentaglio. In questo horror, fatto di morti viventi veniva toccato, a dire del regista, anche il tema del voler portare con se le proprie terre quando per motivi diversi si è costretti a partire, cercando di ricreare ciò che ci circondava. A partire dalla lingua. Insomma una mattonata.
Il ritorno è fatto di altre parole, questa volte non tutte dette ma fermate a volte nel limbo dei pensieri, di chupitini, di piani e di nulla.

Nella prossima puntata si parlerà di…

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