31 marzo 2012

Cambio dell'ora


Si alzò un po’ più stanco del solito. Il cambio dell’ora, che tanto fa bene alle tasche del paese, lo mandava sempre in uno stato di profonda apatia. Gli regalava questo jet lag senza neanche aver dovuto prendere un aereo.
Si buttò sotto la doccia sperando che l’acqua, fonte di vita, gliene restituisse un po’. Rimase così cinque minuti immobile sotto lo scroscio del sifone sognando di trovarsi sotto una di quelle cascatelle che si vedono nei reportage di viaggio di favolose isole tropicali.
La radio, unico elettrodomestico di comunicazione di massa presente nella sua casa, che avvertiva gli ascoltatori che una nuova ora era iniziata lo riportò alla realtà.
Uscito dalla doccia indossò l’accappatoio e si strofino forte proprio come faceva sua madre quando era bambino. Andò in cucina ed iniziò a prepararsi la colazione. Gli occhi facevano ancora fatica a stare aperti mentre metteva il pentolino sul fuoco e preparava tazza e biscotti.
Un salto in camera da letto dove si vestì rapidamente con gli abiti che aveva preparato la sera prima, conscio che al mattino il suo cervello assomigliava ad uno di quei vecchi motori diesel che impiegavano quarti d’ora per riscaldarsi.
Tornando in cucina cercò quindi di iniziare a pensare alle attività delle giornate, ma quasi subito desistette rimandando a dopo la colazione quando con lo stomaco pieno pensava di poter ragionare meglio.
Imbandita la tavola con the, miele, biscotti e yogurt si sedette ed iniziò a mangiare. Il profumo della tazza fumante piena dell’infuso dorato riuscì a riscuoterlo un po’, anche se lo zaino pieno di sassi che sembrava avere sulle spalle continuava a pesargli sullo spirito. Fortunatamente era così abitudinario la mattina che riusciva a fare tutti i gesti con un automatismo degno di un automa da cartone giapponese. Questo gli permetteva di tenere a riposo il cervello che per quella giornata doveva prepararsi ad affrontare riunioni e parole al vento dette da chi di quel vento era gonfio.
Si era chiesto spesso di come facessero a continuare a dire quella marea di parole inutili ed aveva concluso che in quell’ufficio contava più l’apparenza che la sostanza. Un giorno volle anche verificare questo suo pensiero e si presentò ad un incontro con la cravatta, come facevano i grandi capi. Tutti gli diedero retta mentre faceva i suoi interventi. Da allora prese la decisione di indossare la cravatta solo se aveva qualcosa da dire, altrimenti si sarebbe continuato a nascondere dietro il suo abbigliamento casual, come diceva la responsabile dell’ufficio risorse umane.
Riposto le vettovaglie nel lavello della cucina, dove sarebbe rimasto sino a quando non sarebbero arrivati anche i piatti della cena per fare un unico lavaggio,uscì di casa.
Guardandosi in giro lesse sui volti della maggior parte delle persone che incrociò mentre andava in ufficio il suo stesso stato di “confusione oraria”.

Nessun commento: