23 agosto 2013

Fili, immagini e parole


Caro Lettore a volte si fa fatica a trovare le parole per descrivere i propri stati d'animo, ciò che si sta vivendo o soltanto quello che ci circonda. A malapena si riesce a trascrivere uno scambio di battute tra amici.
Ecco, mentre mi trovo in questo cavolo di blocco dello scrittore (lo so mi sto assegnando un titolo che non merito...ma così è il modo di dire) che probabilmente è dovuto all'attesa di parole che non arriveranno mai; tanto che ho addirittura preso un treno per fuggire da casa mia e per rifugiarmi in una città che mi ha accolto facendo del mio incubo abitativo una realtà. In questa fantomatica città mi trovo per caso a seguire un filo di Arianna, che legando parole ad immagini speravo mi aiutasse ad uscire da questo labirinto emotivo, regalandomi magari un piccolo miracolo. Nel percorrere la strada indicata da un novello Virgilio al femminile, che ha più della sirena che del poeta mi ritrovo a leggere questa iscrizione su un muro:

"Poi la porta si spalancò. Ed entrò quella donna. Tutto quello che posso dirvi è che ci sono miliardi di donne, sulla terra, giusto? Certune sono passabili. La maggior parte sono abbastanza belline, Ma ogni tanto la natura fa uno scherzo, mette insieme una donna speciale, incredibile. Cioè, guardi e non ci puoi credere. Tutto è un movimento ondulatorio perfetto, come l'argento vivo, come un serpente, vedi una caviglia, un gomito, un seno, un ginocchio, e tutto si fonde in un insieme gigantesco, provocante, con magnifici occhi sorridenti, bocca leggermente piegata in giù , labbra atteggiate in modo che sembrano scoppiare in una risata alla tua sensazione di impotenza. E sanno vestirsi, e i loro lunghi capelli incendiano l'aria. Troppo di tutto, accidenti."
Pulp di C.Bukowski

Cavoli, ho trovato l'insieme delle parole che stavo cercando già in bell'ordine e soprattutto già scritte magistralmente da un altro.
Che colpo di fortuna.
Charles Bukowski and Georgia... by Jocelyne Desforges

13 agosto 2013

Ventimila - Grazie

Ventimila gocce in mezzo al mare. Come le lacrime che non ho mai pianto per lei.
Ventimila granelli di sabbia in una clessidra. Chi sa a quanto tempo possono corrispondere. Forse solo ad un battito di ciglia o di più, magari ad un intera vita.
Ventimila erano le lire della mia paghetta a fine anni ’80, se ben ricordo, visto che con un deca qualcuno cantava non si faceva molta strada.
Ventimila sono le leghe sotto i mari che servono per raccontare storie incredibili.
Ventimila sono i metri che faceva Arigliano ogni giorno, diecimila all’andata e diecimila al ritorno, per sentirsi dire che la sua bella non lo amava più.
Ventimila sono i giri fa un criceto nella ruota della sua gabbia prima di morire di noia.
Ventimila sono i modi che ho usato per spiegare la stessa cosa all’utonto di turno, ma con zero risultato.
Ventimila sono i pezzi del puzzle che non ho mai iniziato. Sopra ai sedici entro in difficoltà.
Ventimila o poco più gli abitanti della città dove ho risieduto prima di adesso.
Ventimila erano le pagine che leggevo in un anno quando facevo lo studente pendolare.

Ventimila o giù di lì sono i contatti a questo blog.

E per te caro lettore cosa sono Ventimila?

05 agosto 2013

Assordante silenzio.

Sono ormai ore che giocherello con il mio vecchio cellulare. Sto superando poco alla volta tutte le fasi di chi aspetta una risposta appeso ad un filo inesistente. I tre moschettieri parlano di non so che cosa ma i miei pensieri vanno tutti a questo maledetto marchingegno che non vuole saperne di dare segni di vita. Eppure il display segna ben 5 tacche di segnale, la carica è al 92% ed ho chiamato il servizio clienti ben 11 volte per sapere se c’erano problemi di linea, neanche dovesse fare la prova costume per non so quale concorso di bellezza per telefonini. Ma vediamo di spiegare come mi sono ridotto in questa condizione da novello adolescente. Questa mattina, dopo essermi alzato al solito orario, essermi fatto una bella doccia ed essermi preparato la colazione, perché non mi va di approfittare di Mario anche per questo che ritengo un bisogno primario…e poi non sapete quanto è difficile immergere una brioches in una tazza di cappuccino quando a fianco a te ci sono tre persone che pasteggiano a caffè corretto e bianchino sporco, magari dopo che hanno fumato già 20 sigarette facendo fuori subito l’effetto della doccia e lamentandosi dei politici e del traffico. Mentre espletavo questo rito mattutino ed aspettavo di scroccare il solito passaggio a Guccio le ho inviato un SMS. Se vi state chiedendo a chi, sto parlando di Checca, un infermiera che ho conosciuto una settimana fa ad un concerto dove suonavano alcuni amici di Brinner. Checca è la cugina di uno dei musicisti, per la precisione del bassista che è a sua volta collega di Guccio. L’ho notata subito appena entrato. Se ti dovessi dire cosa ha attirato la mia attenzione verso di lei non te lo saprei dire, so solo che i nostri sguardi si sono incrociati ed in un attimo mi è sembrato di conoscerla da sempre. Sono riuscito ha scambiarci due parole prima dell’inizio del concerto e poi mille sguardi mentre il gruppo suonava. Ogni tanto cercavo un contatto fisico , anche lieve, per essere sicuro che lei fosse vera. Ad ogni pausa cercavo la sua attenzione. Le parlavo di me e le chiedevo di lei. Alla fine, mentre il gruppo si è fermato a parlare con i “fan”, io e lei abbiamo intavolato una discussione sui luoghi visti e su quelli che ci sono rimasti nel cuore. Mentre descriveva il borgo in cui è nata io mi sentivo rapire dai suoi occhi e dalla sua voce. Arrivato il momento dei saluti le ho chiesto il numero di telefono e lei con un po’ di titubanza lo ha digitato sul mio cellulare. Seguendo i consigli di Mario dopo un primo “attacco” andato a vuoto a causa del destino avverso: lei ha dovuto sostituire una sua collega e poi sarebbe partita a festeggiare l’addio al nubilato di sua sorella quindi sarebbe stata impegnata per tutta la settimana, ho fatto passare un paio di giorni e mi sono rifatto vivo con mille speranze nel cuore. Per non sembrare invadente le ho scritto il famoso SMS, anche se forse dovrei dire SOSO, e le ho domandato se le andava di vederci per un aperitivo od un gelato. I miei pensieri che piano piano si stanno fondendo in un’unica fissazione vengono interrotti da i tre moschettieri che mi chiedono se tutto va bene, visto che non sto spiaccicando una parola da quando siamo rimasti soli. Nascondo il cellulare in tasca mentre loro si scambiano uno sguardo per capire cosa sta succedendo. Sento gli occhi puntati su di me e rispondo che va tutto bene. Loro si guardano cercando di capire. Mario fa un leggero cenno d’intesa agli altri che rispondono laconicamente in coro: VA BENEEEE e ricominciano a chiacchierare, anche se noto che ogni tanto mi guardano con strane espressioni. Prendo allora il telefono dalla tasca e senza guardare il display lo infilo nello zaino appoggiato su uno delle sedie vuote del locale. Sono entrato nella fase del rifiuto. Quella in cui cerco di dimenticarmi il telefono e tutto ciò che ad esso è collegato. Telefonate e messaggini e cerco di concentrarmi su quello che mi succede intorno. Questo mette può mettere a rischio la mia convivenza con il cellulare visto l’enorme rischio di abbandonarlo in giro visto che voglio dimenticare la sua esistenza così da non dover pensare al fatto che lei non si è ancora fatta sentire. Mi volto e cerco di capire di cosa stanno parlando i miei tre amici. Filosofeggiando sui concetti di LIBERTA’ e RICATTO MORALE. Mi aggrego anch’io alla discussione dando il mio punto di vista, anche perché sento l’argomento attuale e vivo dentro la mia testa e forse non solo lì.