Una delle domande che si fanno più di frequente ai ragazzini è:” Cosa vuoi fare da grande?”. Una delle risposte più gettonate è “Il calciatore”. Beh io questo sogno l’ho realizzato, anche se solo per un fine settimana.
Grazie ad una di quelle iniziative dell’ufficio marketing, per abbassare l’imponibile ed aumentare lo spirito di appartenenza alla società, mi trovo su di un aereo con destinazione Madrid. La cosa più strana è che sto andando a Madrid a giocare a calcio. A volte i sogni si realizzano.
Atterrato in perfetto orario io ed il resto della squadra veniamo accolti all’uscita da un omino con il cartello della nostra azienda. Questo ci scorta sino al bus che ci porterà all’albergo. Proprio come per i veri calciatori.
Lungo la strada si vedono una marea di quartieri nuovissimi, da sembrare quasi finti. Potrebbero benissimo essere la scenografia di un THE TROUMAN SHOW iberico. Albergo 5 STELLE. Con tanto di usciere che ci accoglie all’ingresso. La hall è davvero grande. Veniamo registrati e poi saliamo in camera. Evito di dilungarmi sulla descrizione degli arredi e di tutto il resto. Basta ricordare che l’albergo ha 5 stelle mica per ridere. La sera c’è la presentazione dell’evento e cena con i partecipanti. Beh cena. Il ritrovo è alle 21:30. per fortuna ho mangiato in aereo altrimenti il minibar mi sarebbe costato uno stipendio. Non so se sarà una serata in tiro o casual. Questo dubbio attanaglia anche gli altri. Meglio scendere tirati e poi vedere, in fin dei conti ci sono anche i vertici del gruppo. Al banco riservato all’evento noto che gli unici in tiro siamo noi. C’è gente in pantaloncini e canotta. Addirittura uno in ciabatte. Rapido sguardo tra di noi e decidiamo di tornare in stanza ed abbigliarci in una maniera meno formale. Un’intera sala è stata riservata per noi. I tavoli sono apparecchiati in maniera impeccabile. Al centro intuisco esserci il tavolo delle “autorità”. Anche loro sono abbigliati con jeans e polo. Inizia a girare il vino. I brindisi ed i canti si susseguono alternati a portate di tapas. Forse stiamo esagerando. Domani dovremmo giocare. Ma l’atmosfera cameratesca e l’aria di movida ci hanno contagiato così che, dopo aver scattato le foto di tiro con i sommi capi, partiamo alla ricerca di vita notturna.
Troviamo un trittico di locali uno a fianco all’altro con la gente che tranquillamente entra ed esce. Ci infiliamo anche noi, in disco prima della partita proprio come i campioni più blasonati.
La stanchezza del viaggio si fa sentire ed io ed una parte della squadra decidiamo di tornare in albergo. Quando mi addormento il giorno della partita è già iniziato da un pezzo. Per fortuna giochiamo alle 12:30.
Alle 10 appuntamento per la colazione. Ma sarà la terra straniera, la lingua, i tavoli imbanditi con mille leccornie tanto che più di una colazione noi facciamo un vero e proprio banchetto. Alle 11 ci aspetta il bus per portarci al campo. mi sento un collega di Vieri a tutti gli effetti. Mi manca solo una velina da spupazzarmi ed il conto in banca a multi cifra.
Arriviamo al centro sportivo. Cavoli è quello dove si allena la nazionale spagnola. Hanno fatto le cose in grande. Ci vengono date le divise ed entriamo negli spogliatoi. Ce n’è una marea, dimensioni esagerate. Le docce però sono poche.
Andiamo il campo, uno dei tanti. Ci muoviamo lenti tra stanchezza e digestione lenta. Magari un breve riscaldamento può servire. Forse un miracolo della dottoressa Tirone sarebbe meglio. Breve discussione per chi deve entrare in campo. Sono titolare. Fischio dell’arbitro ed inizia la partita. 60 secondi e cerco di recuperare una palla lanciata in una zona senza giocatori. Arrivo sulla palla ed insieme al pallone trovo un mastino che si avventa sul mio ginocchio. Sono a terra. L’arbitro grida che ha preso la palla. Io rantolo a terra e non so cosa succede in campo. Ho paura di essermi fatto male di nuovo al ginocchio. Per sicurezza vado alla postazione a farmi controllare. Non hanno la bomboletta magica che risolve tutto, in compenso il ghiaccio aiuta. In un simil inglese riesco a parlare con la dottoressa. Mi dice che è solo una botta. Tenere il ghiaccio e se si gonfia di tornare da lei. Passo tutto il primo tempo in infermeria con il ghiaccio sul ginocchio, intanto l’infermeria si riempie. Tutti con lividi ed ematomi più o meno seri. Ritorno al campo e siamo sotto di due gol. L’attaccante ha la schiena bloccata. Uno dei centrocampista ha la caviglia escoriata ed uno dei terzini e malconcio. In breve vengo buttato dentro all’inizio del secondo tempo e capisco che la partita è maschia, ma maschia come un film vietato ai minori. Gli avversari entrano duro e per l’arbitro non c’è mai fallo. Io inizio a spazientirmi. Quando il loro portiere tocca la palla in angolo e l’arbitro comanda la rimessa dal fondo capisco che non ce n’è siamo la piccola di turno. Ennesima entrata, questa volta sulla caviglia. L’arbitro comanda di proseguire. Io resto a terra. Chiedo il cambio, ma la panchina è in gruppo in infermeria. Stringo i denti e vado avanti..
Loro giocano duro. E l’arbitro glielo consente. In un contrasto rischiamo di perdere anche il portiere. Alla fine perdiamo. Non riusciamo a segnare neanche il gol della bandiera. Comunque noi eravamo venuti per divertirci e alla fine della partita tutto è finito. Facciamo anche una foto con gli avversari. Vero segno di sportività.
Ora che abbiamo perso possiamo andare in giro per la città. Dopo la doccia e gli ultimi controlli in infermeria andiamo ad affogare i dispiaceri al buffet. L’alcool ritorna a scorrere. Mangiamo nuovamente come maiali e ci piaggiamo in attesa del bus di ritorno. Alle 16 partiamo. Breve riposo e partiamo per la visita della città. In due ore cerchiamo di vedere il più possibile. Sembriamo uno di quei gruppi organizzati che in tre giorni visitano un intera nazione. Alle 21 dobbiamo essere in albergo per la serata organizzata dalla società. Il bus ci porta in un locale molto chic, in cui il nostro abbigliamento fa storcere il naso ai camerieri. L’alcool continua a scorrere. Alla fine della cena viene annunciata un ora di open bar. Molti tentano un richiamo di “spirito” per riprendersi. Aprono le porte agli astanti ed entrano un nugolo di donne. Sarebbe il paradiso se le signore avessero un quarto dell’età che mostrano. L’unica è berci sopra. Arrivo ad un livello alcolemico tale che sono lì lì da provarci con una ava di Penelope Cruz. Per fortuna vengo portato fuori dai colleghi alla ricerca della vera movida.
Guidati dall’indigena del gruppo veniamo portati nella zona dei locali. Entriamo in uno di essi pieno all’inverosimile. Molti sono stranieri. Qualcuno di noi becca anche, peccato che è il prototipo del fidanzato perfetto e quindi rimanda al mittente la gnocca ubriaca che voleva fare uno scambio di lingua e forse anche di altro.
Passiamo in un altro locale. La notte qui inizia con almeno due ore di ritardo rispetto alla nostra e normalmente si cambiano almeno due locali. Scopriamo così che chi festeggia gli adii al celibato deve mettere in testa qualcosa, che siano girasoli o cerchietti da extraterrestre. Ancora alcol e musica e fumo. Mentre usciamo c’è gente che fa la coda per entrare. È quasi l’alba. Rientriamo in albergo dopo aver cercato di prendere un taxi per più di mezz’ora. Per fortuna che ci avevano detto che era facile prendere un taxi. Di taxi ce ne sono tanti, ma anche di gente. Appuntamento per la colazione alle 11. Dormo poco. Devo preparare la valigia e lavarmi. L’odore di fumo mi si è attaccato addosso.
Ennesima colazione ricca. Recuperiamo le valige ed i vari pezzi della squadra. Siamo sul bus, lo stato in cui ci presentiamo racconta molto della notte passata.
Vediamo la finale. Cile - Madrid. Lo stesso arbitro che ha arbitrato noi. Nuovo arbitraggio scandaloso. I cileni sugli spalti cantano L’ARBITRO E' DI MADRID. Io sono d’accordo e mi aggrego al coro. Vince ovviamente Madrid. I cileni non stringono neanche la mano agli avversari. Un po’ li capisco, anche se sono dell’idea che quando l’arbitro fischia finisce tutto non solo la partita ma anche i battibecchi.
Buffet di premiazione dove l’alcol non manca. Beviamo e mangiamo tanto da sembrare gli attori dell’ABBUFFATA. L’unica cosa che c’interessa delle premiazioni è il brindisi.
Mezz’ora di riposo prima di prendere il bus per l’aeroporto. Arriviamo con due ore di anticipo che ammazziamo in giro per i negozi dell’aeroporto. Si parte.
Lascio la terra iberica ed anche un pezzo del sogno di fare il calciatore. Sono comunque felice.
I miei sogni ora sono altri e sto cercando di realizzarli.
14 ottobre 2006
VENNI, VIDI E VINSI.
L’azienda per cui lavoro ha organizzato, per il suo decennale, un torneo di calcio a 7 ed uno di basket tra le rappresentative delle nazioni in cui è presente. Una squadra per nazione, tranne ovviamente per la Spagna, terra di appartenenza della società, che visti i numeri ha presentato più squadre. In Italia la società ha due filiali, e per ognuna si è iscritta una squadra. Bisognava, quindi, decidere quale squadra sarebbe andata come rappresentante nazionale. Uno scontro diretto avrebbe designato la rappresentativa nazionale che sarebbe partita per Madrid, sede dell’evento. Siccome la partita di basket si sarebbe tenuta a Milano, quella di calcio si è disputata a Roma.
Tutto in un giorno. Questo era il motto dell’ufficio marketing che gestiva l’evento. Partenza alle 8 del mattino dalla Stazione Centrale. Arrivo alle 12:30 a Roma, partita alle 13:30 e ripartenza alle 14:30. Ritmi ferratissimi.
Così mi trovo alle 8 di un sabato mattino piovoso a prendere il treno per la capitale in compagnia del resto della squadra. Tutte persone che vedevo quel giorno per la prima volta. La squadra è nata sull’intranet aziendale. Questo ha fatto sì che le nostre quotazioni di qualificazione siano bassissime. Comunque sul treno, dopo le presentazioni di rito e le quattro chiacchiere per far gruppo decidiamo la formazione e lo schema, portiere compreso. Ora è rimasto solo da capire come arrivare dalla stazione al campo. fortunatamente il capitano, nonché Manager Senior, si propone di venirci a prendere alla fermata della metrò più vicina al campo. Arriviamo a Roma. Metropolitana. Lì troviamo ad aspettarci il manager con l’auto aziendale, quindi grande e full optional, ed aspettiamo la seconda auto, sempre di un manager e sempre grande e full optional.
Partiamo e subito capisco che il traffico caotico non è una caratteristica solo di Milano. Solo che qui la guida è più creativa. Per aggirare la coda il nostro “autista” decide di svoltare a destra e di percorre la via contromano. Paura, non ho dietro neanche i documenti. Arriviamo al campo leggermente in ritardo ma vivi.. Cambio d’indumenti e subito in campo. gli avversari sono più preparati di noi. Sono mesi che si stanno allenando, ma passiamo noi in vantaggio. 1 a 0. Incredibile facciamo anche il 2 a 0. Loro rimontano. 2 a 2. Di nuovo in vantaggio 3 a 2. Gol spettacolare loro. 3 a 3. Subito 4 a 3 per noi su papera del loro portiere. Finiamo il primo tempo in vantaggio. Super incredibile. Loro iniziano a innervosirsi.
Secondo tempo. Teniamo il risultato. Loro sono sempre più nervosi e noi ne approfittiamo. Facciamo il 5 a 3. a dieci minuti dalla fine. Loro perdono la testa. Mancano solo 5 minuti e noi insacchiamo altri 2 gol. La partita sembra finita. La nostra ala sinistra scatta nel tentativo di recuperare un pallone e si fa male. Rientro in campo. rinvio del loro portiere a centro campo. Recupero il pallone e scatto in contropiede. L’unico difensore mi viene in contro. Passo al centro. La punta affronta il portiere, intanto io seguo l’azione. Mi ripassa la palla ed io a 15 cm. dalla porta incustodita insacco la palla a fil di palo. Gol. E sono 8. Un avversario amareggiato si rivolge al suo capitano ” Se segna anche lui è il caso di finirla qui.” Infatti finiamo la partita. All’euforia della vittoria si mischia la paura di perdere il treno del ritorno. Non abbiamo ancora assimilato l’idea che partiremo per la Spagna, la mente è occupata dal pensiero fisso di raggiungere la stazione in tempo. Fortunatamente, alcuni colleghi di Roma ci danno un passaggio con le loro auto. Niente auto grandi e full optional ma utilitarie modello base.
Ci lasciano alla fermata della metrò. Qui una signora delle dimensioni di un armadio a tre ante e dai colori sgargianti blocca la nostra rincorsa al treno in banchina. Solo un gruppo di noi riesce a salire. Se la signora avesse giocato come centrale difensivo con il cavolo che ci facevano tre gol. Ci informiamo e per fortuna i treni si susseguono a breve distanza. Quindi abbiamo elevate possibilità di prendere tutti il treno di ritorno. E così è. Saliti siamo così stanchi che una parte di noi si addormenta concedendosi così il meritato riposo.
L’idea di partire per la Spagna si fa ora più presente, essendosi liberato il posto del timore di perdere il treno. Iniziamo a cantare: A MADRID, A MADRID. CE NE ANDIAMO CE NE ANDIAMO A MADRID. Sembriamo una scolaresca in gita. La gente ci guarda un po’ perplessa. Sul treno incontro diverse persone. Di fronte a me c’è un balestrato che gioca con il suo pc.La signora accanto a lui lavora all’uncinetto, mentre quella al mio fianco appena partiti ha iniziato a guardare la rivista di pettegolezzi ed altrettanto immediatamente è caduta in catalessi. Una biondina passa. Carina. Speriamo si fermi. Si ferma.Si siede dietro di me. Che sfiga. Lascia le valigie e se ne va. Doppia sfiga. Non poteva capitarmi lei al posto dell’anziana catartica. Bologna. La vecchia addormentata sul treno si desta, per fortuna non è stato necessario nessun intervento fiabesco. Deve scendere. Si alza di scatto e nel prendere la valigia le cade dalla borsa qualcosa. La raccolgo e gliela porgo. Solo ora mi accorgo che è un negligè. Lei lo prende, mi ringrazia e scappa. Io resto un attimo allibito e cerco di non pensare a lei con indosso quel indumento; però capisco che anche lei si è “goduta il suo meritato riposo”.
La biondina ritorna. Ne approfitto ed attacco bottone. Parliamo del più e del meno. Mi racconta delle sue peripezie per prendere il treno. Del suo percorso di studi universitari e del suo nuovo stato di single. Peccato il sorriso. Lei è carina ma la mancanza di un canino le lascia una galleria ed io non riesco a non fissarla. E come guardare il tutto e vedere solo un particolare, perdendo così l’insieme. È quasi ipnotico. Arriviamo a Milano. Se non ci fosse un suo amico ad aspettarla ed i miei colleghi a guardarmi … ma con i ma e con i se non si fa la storia ed infatti io mi sono fatto solo l’ennesimo “film”. Solo che questa volta al posto di THE END c’è scritto MADRID.
Tutto in un giorno. Questo era il motto dell’ufficio marketing che gestiva l’evento. Partenza alle 8 del mattino dalla Stazione Centrale. Arrivo alle 12:30 a Roma, partita alle 13:30 e ripartenza alle 14:30. Ritmi ferratissimi.
Così mi trovo alle 8 di un sabato mattino piovoso a prendere il treno per la capitale in compagnia del resto della squadra. Tutte persone che vedevo quel giorno per la prima volta. La squadra è nata sull’intranet aziendale. Questo ha fatto sì che le nostre quotazioni di qualificazione siano bassissime. Comunque sul treno, dopo le presentazioni di rito e le quattro chiacchiere per far gruppo decidiamo la formazione e lo schema, portiere compreso. Ora è rimasto solo da capire come arrivare dalla stazione al campo. fortunatamente il capitano, nonché Manager Senior, si propone di venirci a prendere alla fermata della metrò più vicina al campo. Arriviamo a Roma. Metropolitana. Lì troviamo ad aspettarci il manager con l’auto aziendale, quindi grande e full optional, ed aspettiamo la seconda auto, sempre di un manager e sempre grande e full optional.
Partiamo e subito capisco che il traffico caotico non è una caratteristica solo di Milano. Solo che qui la guida è più creativa. Per aggirare la coda il nostro “autista” decide di svoltare a destra e di percorre la via contromano. Paura, non ho dietro neanche i documenti. Arriviamo al campo leggermente in ritardo ma vivi.. Cambio d’indumenti e subito in campo. gli avversari sono più preparati di noi. Sono mesi che si stanno allenando, ma passiamo noi in vantaggio. 1 a 0. Incredibile facciamo anche il 2 a 0. Loro rimontano. 2 a 2. Di nuovo in vantaggio 3 a 2. Gol spettacolare loro. 3 a 3. Subito 4 a 3 per noi su papera del loro portiere. Finiamo il primo tempo in vantaggio. Super incredibile. Loro iniziano a innervosirsi.
Secondo tempo. Teniamo il risultato. Loro sono sempre più nervosi e noi ne approfittiamo. Facciamo il 5 a 3. a dieci minuti dalla fine. Loro perdono la testa. Mancano solo 5 minuti e noi insacchiamo altri 2 gol. La partita sembra finita. La nostra ala sinistra scatta nel tentativo di recuperare un pallone e si fa male. Rientro in campo. rinvio del loro portiere a centro campo. Recupero il pallone e scatto in contropiede. L’unico difensore mi viene in contro. Passo al centro. La punta affronta il portiere, intanto io seguo l’azione. Mi ripassa la palla ed io a 15 cm. dalla porta incustodita insacco la palla a fil di palo. Gol. E sono 8. Un avversario amareggiato si rivolge al suo capitano ” Se segna anche lui è il caso di finirla qui.” Infatti finiamo la partita. All’euforia della vittoria si mischia la paura di perdere il treno del ritorno. Non abbiamo ancora assimilato l’idea che partiremo per la Spagna, la mente è occupata dal pensiero fisso di raggiungere la stazione in tempo. Fortunatamente, alcuni colleghi di Roma ci danno un passaggio con le loro auto. Niente auto grandi e full optional ma utilitarie modello base.
Ci lasciano alla fermata della metrò. Qui una signora delle dimensioni di un armadio a tre ante e dai colori sgargianti blocca la nostra rincorsa al treno in banchina. Solo un gruppo di noi riesce a salire. Se la signora avesse giocato come centrale difensivo con il cavolo che ci facevano tre gol. Ci informiamo e per fortuna i treni si susseguono a breve distanza. Quindi abbiamo elevate possibilità di prendere tutti il treno di ritorno. E così è. Saliti siamo così stanchi che una parte di noi si addormenta concedendosi così il meritato riposo.
L’idea di partire per la Spagna si fa ora più presente, essendosi liberato il posto del timore di perdere il treno. Iniziamo a cantare: A MADRID, A MADRID. CE NE ANDIAMO CE NE ANDIAMO A MADRID. Sembriamo una scolaresca in gita. La gente ci guarda un po’ perplessa. Sul treno incontro diverse persone. Di fronte a me c’è un balestrato che gioca con il suo pc.La signora accanto a lui lavora all’uncinetto, mentre quella al mio fianco appena partiti ha iniziato a guardare la rivista di pettegolezzi ed altrettanto immediatamente è caduta in catalessi. Una biondina passa. Carina. Speriamo si fermi. Si ferma.Si siede dietro di me. Che sfiga. Lascia le valigie e se ne va. Doppia sfiga. Non poteva capitarmi lei al posto dell’anziana catartica. Bologna. La vecchia addormentata sul treno si desta, per fortuna non è stato necessario nessun intervento fiabesco. Deve scendere. Si alza di scatto e nel prendere la valigia le cade dalla borsa qualcosa. La raccolgo e gliela porgo. Solo ora mi accorgo che è un negligè. Lei lo prende, mi ringrazia e scappa. Io resto un attimo allibito e cerco di non pensare a lei con indosso quel indumento; però capisco che anche lei si è “goduta il suo meritato riposo”.
La biondina ritorna. Ne approfitto ed attacco bottone. Parliamo del più e del meno. Mi racconta delle sue peripezie per prendere il treno. Del suo percorso di studi universitari e del suo nuovo stato di single. Peccato il sorriso. Lei è carina ma la mancanza di un canino le lascia una galleria ed io non riesco a non fissarla. E come guardare il tutto e vedere solo un particolare, perdendo così l’insieme. È quasi ipnotico. Arriviamo a Milano. Se non ci fosse un suo amico ad aspettarla ed i miei colleghi a guardarmi … ma con i ma e con i se non si fa la storia ed infatti io mi sono fatto solo l’ennesimo “film”. Solo che questa volta al posto di THE END c’è scritto MADRID.
Iscriviti a:
Post (Atom)