22 aprile 2007

Luoghi comuni in ufficio

Nella pausa caffè, cosa ormai sempre più rara, scambio le solito quattro battute con i colleghi e le colleghe. Come sempre si spettegola di lavoro ed assenti. Di capi scorbutici e dei vestiti da velina della segretaria. Tra una frase e l’altra il discorso cade sulle auto. Nel cortile della palazzina che ospita gli uffici, infatti, è parcheggiata una Porche, e tutti lì a guardarla come fosse una novella opera di arte moderna.
Ed ecco arrivare il luogo comune di circostanza: “Il primo che mi dice che con le donne l’auto non conta lo investo con un Caterpillar”.
La mia collega, molto carina e bionda (giusto per tornare ai luoghi comuni), mi dice che non è vero che l’auto sia importante per fare colpo sulle donne!!!
Vuoi vedere che mi sono sbagliato…le chiedo per curiosità che auto possiede il suo fidanzato.
Lei con tutta tranquillità, affermando la cosa come se fosse la cosa più normale del mondo, “un auto sportiva”
“Aspetta, aspetta, ma non eri tu che dicevi che l’auto non conta”
“Infatti io sto con lui perché mi fa ridere”
Signori e signore ecco a voi un triplo tuffo carpiato rovesciato nel luogo comune. Applausi!!!
Per fortuna che si rende conto di quello che ha detto e cerca mille scuse e giustificazioni.

A sera, quando ormai anche il sole è andato a cercare ristoro oltre l’orizzonte, esco dall’ufficio in compagnia di altri colleghi. Fermi al semaforo passa una Lamborghini nera. Si gira una mia collega e chiede che auto sia, è sicura che non sia una Ferrari ne una Porche ma non conosce la “marca” dell’auto. L’unica cosa che ha capito è che con il proprietario del potente mezzo una pazzia ce la farebbe volentieri.
Se qualcuno si sta chiedendo se è bionda la risposta è no. Va bèh lasciamo perdere.
Donne e motori…

Nuovo giorno di lavoro. Come al solito do un’occhiata alla posta prima di iniziare il solito tran tran.
Il grande capo ha mandato una mail dove esorta tutti i dipendenti a compilare un questionario per la valutazione personale nella intranet aziendale. Per evitare problemi allega anche documentazione dove viene spiegato come procedere.
Ligio al dovere, ed al fatto che oggi non ho proprio voglia di lavorare, apro il documento e che ti trovo…presentazione Power Point con utilizzo delle vecchie slide. Nessuno dice nulla.
Ma come, io per aver leggermente deformato il marchio aziendale nella firma delle mail, per renderlo più visibile, mi sono preso un velato richiamo.
Comunque seguo le indicazioni del documento, che risultano completamente errate. Mi verrebbe voglia di gridare, ma qui anche i muri hanno orecchie e poi ti rinfacciano tutto. Chiedo quindi lumi al mio mentor. Mi risponde che è preso e quindi mi rimanda a data da destinarsi. In breve, il capo sarà pure il capo ma non capisce un emerito “organo riproduttivo maschile”. Ed eccoci all’ennesimo luogo comune o verità storica, ai posteri l’ardua sentenza.

Sono qui che sudo le proverbiali sette camice, che per fortuna mia madre ancora mi lava e stira, che mi tocca sentire una collega che si lamenta di dover venire a lavorare durante il prossimo ponte, mentre il suo dirimpettaio di scrivania risponde che guadagna troppo poco.
Precisiamo, la mia collega si è fatta una settimana di ferie al mese da gennaio a questa parte, ed il mio collega ha il mio stesso livello d’inquadramento e guadagna molto più di me, oltre a non fare un cavolo. E se poi le balle mi girano e se mi si brucia la resistenza umana non chiedetevi il perché.

I luoghi comuni in ufficio poi si sprecano.
La segretaria che passa più tempo alla ricerca di complimenti sul suo aspetto che a lavorare. Una volta facendo delle fotocopie si è rotta un unghia e voleva chiedere il rimborso spese per la manicure.
Il manager che nove volte su nove si dimentica di averti dato un appuntamento o promesso di scriverti una mail di risposta, ma tu devi portare pazienza, devi capire, lui/lei è preso in cose più importanti, cioè tu conti meno del ristorante da prenotare per la sera.
Ed ecco il cliente, personaggio mitologico, un misto tra il caporale di Toto e l’Alfredo, rompiscatole, della canzone di Vasco. Anche a me, a volte è passata per la testa l’idea di dargli una ripassatina con il Caterpillar, così da ammortizzarne l’acquisto fatto precedentemente.
Si fa bello con il tuo lavoro e ti “shampa” per un suo errore. Vuole sempre avere ragione, altrimenti prende il pallone, che è suo e ci tiene a ribadirlo, e se ne va.

Sui colleghi, oltre alle righe già scritte, si potrebbe riempire un intero blog. Chi sa che dopo il tema, cosi abusato alle elementari: DESCRIVI IL TUO COMPAGNO DI BANCO, possa iniziare un nuovo filone sui colleghi di lavoro.
Come concludere, con il luogo comune della sera:
Vuoi mettere il piacere che si prova a togliersi le scarpe strette alla fine di una giornata del genere.

21 aprile 2007

Terzino nella vita

Ho sempre giocato in difesa, fin dai primi calci tirati al pallone con gli amici ai giardini o per le strade, non ancora dominate dalle ruote e rese più grigie da polveri sottili e fumi di scarico.
Il tempo passava ed io sempre lì. Terzino. Centrale. Stopper. Libero. La mia linea Maginot.
Sempre nella retroguardia, a cercare di difendere la porta e non solo, ad aiutare i compagni e a far ripartire il gioco, nel tentativo di costruire qualcosa. Forse apprensivo o troppo severo, sempre a gridare cosa fare, a cercare di organizzare.
Che ricordi, difficilmente lasciavo la mia posizione, troppo rassicurante. Lavoro semplice e chiaro. Avversario. Pallone. Recupero. Passaggio.
Nel lavoro e nella vita lo stesso. Attaccanti, centrocampisti, difensori, portiere. Quattro grosse classi.

Di sicuro si può dire che non sono un attaccante, indole più consona ad un commerciale. Ad uno di quelli che deve segnare, fare bottino, spesso grazie alla loro abilità od all’ingenuità altrui. Colpi di classe alternati a gol di rapina. Opportunisti dei 16 metri. Dei front man.
Quelli che finalizzano il lavoro degli altri, che si prendono gloria e soldi, ma anche una gran quantità di calci. Quelli che vengono riconosciuti alle feste. Quelli con le auto sportive ed una ragazza troppo bella al loro fianco. Sempre al centro dell’attenzione.
Forse troppo lontani dal mio essere un po’ troppo formica.

Dietro di loro ci sono i centrocampisti. Il supporto tecnico. Quelli che tengono uniti la difesa e l’attacco. La produzione e la vendita. A loro il compito di tenere unita la squadra. Di supportare l’attacco e di aiutare la difesa. di tenerli vicini e di rendere più facile il dialogo, altrimenti complicato a causa della distanza, non solo fisica. Nella compagnia a volte erano quelli che facevano numero, che organizzavano gite e serate. I mediatori, per scelta o per necessità. Sempre impegnati in qualcosa. Nel parcheggio sotto le loro case, di solito, trovi una berlina o un’utilitaria di lusso. Dividono la camera da letto, e la vita, con la compagna di banco di quando andavano a scuola o con una vecchia amica.

Ed ecco che arriva la difesa. quella che protegge il risultato, il tesoro. Quelli che ci mettono oltre la faccia anche la gamba. Che rincorrono, recuperano, ricostruiscono, ed a volte rubano agli avversari. Che devono prevedere le finte, anticipare. Evitare le fregature e le false piste. Giocare con la testa ma non solo. Sempre sul chi va là. Quelli che spesso escono sporchi dal campo.
Persone poco appariscenti, grandi lavoratori, che tirano la carretta, poco inclini a far chiacchiere. Gente che va al sodo, con poco tatto, a volte, ma da cui puoi comprare una macchina usata. Solitamente una famigliare o al massimo una monovolume. Innamorati di donne pratiche e materne.

Ed in fine il portiere. Ruolo strano. Dentro e fuori dal gioco. Ricorda il consulente. Gioca con te ma sembra non far parte della squadra. Deve risolvere gli errori degli altri. Si prende oneri ed onori. Gloria e fischi. Chiamato ad intervenire quando tutti gli altri hanno fallito. Quando la squadra ha bisogno di aiuto per difendere la porta. Pagato per lavorare e non. La sua presenza è quello che conta. Sono le persone che ti aiutano quando forse non pensavi più di farcela. Per loro l’auto è solo un mezzo. Loro cercano una compagna con la stessa luce negli occhi, che guardi con loro nella stessa direzione.

Come la maggior parte delle classificazioni è puramente personale, soggettiva e di parte. Molto maschilista. Calcio, auto e donne. Gioie e dolori.