30 dicembre 2008

L'Anno che verrà

A tutti gli amici che mi hanno coinvolto in catene che promettevano fortune varie nel 2008 rispondo:
Non hanno funzionato ... ma vi voglio bene lo stesso !!!
Quindi, per il 2009, mandate direttamente denaro o generi di conforto!
Grazie 1000 e ... buon anno !!!

Torino - 42° puntata


Torino,23 Dicembre 2008 ore 18:15
Eccomi qui a scrivere, mentre aspetto una cavolo di mail con dei dati, che doveva arrivare lunedì. Gli uffici ormai sono deserti, la gente si è salutata, fatta gli auguri, scambiato i regali, mangiato i dolcetti, bevuto un po' di tutto. Ormai l'allegria ha lasciato l'ufficio, il piano, il palazzo e forse anche Torino, in cerca di un posto caldo o per lo meno più accogliente. Qui siamo rimasti in tre. Come dice la canzone: siamo rimasti in tre, tre giganti e tre somari... lasciamo stare se no questo post si trasforma nell'ennesimo panegirico di scazzi da ufficio.
Comunque è proprio vero: meglio i cattivi che gli stupidi, i primi a volte si riposano almeno.
Sono arrivati i dati, meglio che mi sbrigo o a casa oggi non torno.
Cornaredo, 24 Dicembre 2008 ore 14:15
In due giorni non è che si possa fare molto. Tutto il tempo che non ho passato in ufficio si può dire che sia trascorso sopra un mezzo le cui ruote sono imbrigliate in binari di ferro. Questa è stata una fortuna vista la persistente nebbia sulla pianura padana.
I viaggi in treno e tram mi hanno permesso di riscoprire la dimensione del pendolare che legge, si guarda intorno, chiacchiera del più e del meno con perfetti sconosciuti, dorme o pensa. Io ho letto, dormito ed un po' pensato. Una volta anche di non riuscire a prendere il treno. Una corsa folle con i sacchetti degli ultimi regali alla ricerca di una biglietteria automatica. Una specie di piccolo invasato che si aggira nella Stazione di Porta Nuova, a 5 minuti dalla partenza del treno che dovrebbe riportarlo a casa, con l'annuncio che il binario è stato cambiato e quindi si passa dal 20 al 3, cioè dall'altra parte della stazione, metteteci la solita famigliola con anziana al seguito che ostacola la corsa alla banchina, i lavori in corso, la pellegrina britannica, nel senso di devota, piena di borse e borsettine (c'è anche tanica di acqua di Lourdes), che occlude l'ingresso al treno. Salgo giusto in tempo. Si chiudono le porte ed il treno parte.
Cavoli non ho obliterato. Siglo il biglietto con data e ora, ed aspetto il controllore per avvertirlo del problema. In un treno di un solo vagone non dovrebbe metterci tanto, ma invece si intravede solo alla seconda fermata, quando ormai sono circondato da una combriccola di leccesi che parla nell'idioma natio. Il controllore fa cenno che passerà dopo, ma non lo rivedo più. Forse è rimasto giù dal treno.
Bisogna dire che siamo verso la fine dell'Anno e quindi viene istintivo fare un piccolo bilancio dei giorni trascorsi. I risultati definitivi si sapranno solo al momento della lettura dei libri contabili, che sembra sia stata rimandata di altri due mesi. Ogni volta che pare stia per finire, ecco spuntare altri due mesi di probabile soggiorno in Piemonte, peccato che l'entusiasmo dei mesi caldi sia scemato, ed ora un po' mi pesa essermi perso un sacco di serate con gli amici o cose che non ho visto o fatto perchè ero rilegato in una piccola stanza nella città Sabauda. Però è vero che ho avuto l'occasione di conoscere persone nuove, belle e brutte, di vedere una città poco conosciuta, di divertirmi ed arrabbiarmi, di essere felice e triste, e forse anche di crescere un po', se non nella testa almeno nel mio girovita che è un po' lievitato. Non preoccupatevi però, ho chiesto a Babbo Natale la tartaruga e chi sa che non arrivi.
Due giorni e poche cose da dire... ah dimenticavo: FERIE obbligate e quindi un saluto a tutti. Cellulare quasi spento ed immersione negli ultimi acquisti, pacchettini, scambi di regali, mangiate degne di una delle fatiche di Asterix, amici, parenti e buoni propositi.
Nella prossima puntata si parlerà di...

NdR causa Coniglio Bianco e Tecnico poco tecnico questo post è stato pubblicato in ritardo.
Me ne scuso con i lettori.

20 dicembre 2008

Torino - 41° puntata


Ed ecco che anche l'ultima settimana di autunno è trascorsa, la prossima volta che andrò a Torino sarà inverno, anche se il freddo e la neve hanno già fatto capolino sulla città.
Ripensando ai giorni trascorsi, mi è venuta in mente una strana associazione: i giorni passati sembrano uno di quei piatti in cui l'unica cosa buona sono i contorni. Innanzitutto è iniziata male, con il collega addetto ai trasporti che ha deciso di prolungare la sua gita con Morfeo, mentre io lo aspettavo sotto una pioggerellina fastidiosa. Il chè ci ha fatto arrivare in ritardo in ufficio, ma per fortuna lo spirito natalizio si è diffuso in ufficio e quindi nessun cazziatone. Di contorno ho sentito degli amici lontani, e che spero di vedere dal vivo nei prossimi giorni di festa.
Martedì giornata breve. Giornata di evento mondano: riunione e cena aziendale. Quindi mezza giornata in Piemonte e mezza in Lombardia. Arrivato nella mia sede scopro che il team con cui collaboriamo ha fatto un piccolo errore, ed ora invece di essere 5 giorni in anticipo sulle attività, siamo 5 giorni indietro, con l'handicap che la gente a cui chiedere i dati è in ferie obbligate visto il periodo di crisi. Non vi dico il nervoso. Dopo giorni passati a lavorare alacremente per portarsi avanti sulle date di consegna, e poter lavorare con calma in questi ultimi giorni, ecco che si deve ricominciare tutto da capo. Chiamo i colleghi a Torino e mi dicono di non preoccuparmi e di godermi la cena aziendale. Io ci provo. Peccato che la riunione prima sfori di un bel po' ed al momento di sedersi al desco più che un gruppo di consulenti sembriamo un branco di lupi. La gente si lancia sul buffet come solo durante i saldi ho visto fare, mischia dolce e salato senza rendersi conto che quello è solo l'antipasto e che la frutta ed i dolci che sono presenti servono per dopo.
Comunque rivedo facce che mi hanno fatto compagnia per molti giorni quando ero a Milano. Con loro scambio racconti, domande e sogni. Rivedo anche il mio primo Mentor, che ora lavora in un'altra azienda. Ed alla fine a dormire nel mio letto.
Mercoledì nuovo viaggio e questa volta troviamo una marea di traffico. Arriviamo nuovamente in ritardo, ma lo spirito natalizio è ancora alto, e poi il capo già sa che usciremo nuovamente ben dopo l'orario di lavoro. Gli indigeni dell'ufficio sono impegnati in varie riunioni per il riassetto dell'azienda, mentre io cerco di recuperare i 5 giorni persi, oltre a fare il lavoro della collega malata.
Per fortuna che passa l'AD a farci gli auguri accompagnato da Babbo Natale, e non sto scherzando, portandoci in dono un po' di dolcetti.
Giovedì è giornata di bagordi. Il lavoro va come va, ma la testa di tutti è proiettata verso la piccola festa che si farà a pranzo nell'open space. Ognuno ha portato qualcosa. E ce n'è davvero tanta. La gente mangia, chiacchiera, beve, sorride e sembrano tutti felici e tranquilli. Per un attimo nessuno ricorda le parole recessione, crisi, e via dicendo.
Nel pomeriggio si raddoppia con il panettone e lo spumante offerto dall'azienda, ma con meno allegria. Il momento è più formale.
La sera, o meglio la notte, visto che siamo usciti quando gli happy hours erano già finiti, si esce per vivere un po' e non solo lavorare.
Venerdì l'unica cosa che conta è finire il lavoro e tornare a casa. Ed incredibile ma vero, quello che si poteva fare è stato fatto. Sono riuscito addirittura ad inviare la mail di termine lavoro 5 secondi prima che il capo iniziasse a lamentarsi che i dati non erano ancora su. Il piacere di tacitarla e dirle: “ma non ti è arrivata la mail di fine lavoro” è il mio regalo della settimana. Lei presa in contropiede guarda la posta in arrivo ed ecco apparire la mail. Ci viene regalato anche un piccolo “bravi, ben fatto”, il plurale per la condivisione dei meriti con le persone del team. Ed ora posso tornare a casa tranquillo, non dopo aver spiegato per la centotreesima volta al mio collega l'errore fatto dai colleghi polacchi a proposito di alcuni dati. Ma lo spirito natalizio è ancora buono e poi si torna a casa a trovare famigliari ed amici, a comprare gli ultimi regali ed ad iniziare a fare festa.
Nella prossima puntata si parlerà di...

14 dicembre 2008

Sport Amatoriale

Ecco, oggi mentre correvo da solo, sotto una pioggerellina fredda e persistente, mentre guardavo gli instancabili della partitella la domenica mattina, mi chiedevo perchè? Perchè corro anche oggi, dopo aver dormito poco, dopo aver scoperto che il socio di sventura è a casa con l'influenza, dopo essermi ripetuto che la cyclette al caldo va bene lo stesso, dopo tutto questo scazzo ancestrale che i dì di festa non fa che amplificare. Ecco mi vesto, preparo la borsa e parto. Il traffico è scarso, e si vedono in giro solo i guidatori della domenica.
Arrivo al parcheggio del parco, deserto. Potrei tornare a casa, ed invece esco dall'auto e parto per questa sgambata.
Mentre percorro i vialetti del parco, incrocio un paio di fissati, e nei loro occhi capisco il perchè sono qui anche oggi, senza prescrizione medica.
Sono diventato un amatoriale.
Uno di quelli che si alza la mattina presto, quando gli altri dormono, oppure esce la sera, non per far bagordi ma per una sana attività fisica. Uno di quelli che fa sport, non per soldi e fama come i professionisti, o per appagare un ego più grande del talento, o per rimanere attaccato ad un sogno di bambino o di papà. Non sono un dilettante, perchè la mia non è passione che brucia tutto in poco o tempo. Il mio è amore. Un amore incondizionato che mi fa fare levatacce, che mi fa uscire quando piove o nevica, che mi fa alzare anche quando ho dormito solo due ore, che supera le stagioni, le mode e le congiunzioni economiche.
Corro perchè mi piace e basta. Perchè mi fa sentire bene. Perchè è meglio degli psicofarmaci, degli ansiolitici o di qualche altra sostanza chimica.
Corro perchè mentre lo faccio, vedo le cose ad una velocità giusta. La testa si riallinea con il corpo. I polmoni ed il cuore lavorano di nuovo bene insieme. Il cervello ritrova la sua libertà e può vagare, o fermarsi a risolvere problemi che sembravano insormontabili. Anche lui si muove e trova altri punti di vista. Corro e sto bene. Ecco questo potrebbe essere uno slogan pubblicitario. Ed anche se appena smetto e ritorno verso casa, la vita reale torna a farsi sentire, questi attimi del mio cammino sono un regalo il cui ricordo mi accompagnerà sino alla prossima corsa.

Torino - 40° puntata


Ed ecco che mattoncino dopo mattoncino siamo arrivati alla puntata 40. Questo numero di solito rappresenta un punto di riflessione, in cui ci si ferma e si guarda indietro quello che si è fatto per vedere di rendere il cammino futuro un po' migliore. Una specie di “CANTO DI NATALE”, senza nessun Ebenezer Scrooge od uno dei suoi fantasmi. Comunque questo tipo di riflessioni le rimando ad altro periodo.
La settimana appena trascorsa è stata una di quelle brevi, ma molto intense. È iniziata con la mia scarsa voglia di andare nel capoluogo piemontese, aggravata dal fatto che ho dovuto scomodare mio fratello per accompagnarmi in stazione ad un orario in cui lui di solito dorme. L'annunciatrice della stazione ha fatto un po' di confusione con i binari ed i treni in arrivo, così due fiumane di persone si sono date appuntamento nel sottopassaggio della stazione. I più coraggiosi si sono affrontati direttamente nel guado dei binari. Tutto questo per rendere un po' più frizzante la partenza.
La vita in ufficio è trascorsa tra appuntamenti spostati all'ultimo, scadenze anticipate, lavori richiesti con urgenza che una volta consegnati hanno perso tale caratteristica, lasciandomi solo qualche ora di vita rubata dall'ennesima tabella Excel da riempire.
Tutto questo ha fatto passare un po' passare in secondo piano il brutto tempo, la neve, il primo panettone in ufficio, il furto delle carte benzina al mio babbo, i regali da fare... ma per fortuna non l'arrivo di Tottigol!!!
Un'altra amica ha dato alla luce un bel pargoletto.
BENVENUTO DAVIDE.
L'evento sportivo è stata la solita partita a calcetto, ed ora come ora è usata più come scusa per uscire ad un orario cristiano che come momento ricreativo.
Il vostro blogger, si è distinto nella prima partitella per parate degne di Benjamin Price, mentre nella seconda, innervosito dalla coppia di attaccanti della propria squadra (io mi faccio il mazzo e prendo calci e pallonate e loro sprecano in modo indicibile, e quando sono in fase difensiva si lanciano in autogol degni di Comunardo Niccolai). In un contrasto rimedio anche un colpo al mento paragonabile ad un gancio sinistro di Sugar Ray Leonard. Mi ritrovo a terra con la testa frastornata e la mandibola indolenzita. Resto stoicamente in campo meritando una sufficienza piena, se non qualcosa di più, anche se alla fine abbiamo perso per un solo goal di scarto.
Come già detto nei precedenti post, le serate di baldoria si sono molto ridimensionate, e questa volta sono rimasti solo quattro amici al bar, a parlare di tutto e di niente, solo per farsi un po' di compagnia e per assaporare un po' di quel liquore verdognolo conosciuto come Assenzio, noto anche come Fata Verde, e che ricorda Belle Epoque e scrittori come Wilde e Poe.
Tutto il resto è solo routine ed attesa di regali, feste, ferie, dormite, passegiate, amici, brindisi, fuochi d'artificio, speranze, sogni e mille colori.
Nella prossima puntata si parlerà di...

06 dicembre 2008

Torino - 39° puntata


Ed ecco che anche la mia trasferta risente del periodo di crisi, e della flessione nella vendita delle auto. Ci è stato chiesto gentilmente di non venire a lavorare venerdì, e l'annuncio è stato accolto con sommo piacere dal sottoscritto. Avevo proprio bisogno di staccare da Torino e dal progetto e d un po' tutto il circo che gira attorno a questa esperienza. Già la scorsa settimana il bisogno di ritrovare un po' di quello che ero prima di salpare con il barcone della trasferta si era fatto sentire, ed erano partite le telefonate/chat/mail ed altre forme di contatto per riprendere i flussi lasciati cadere in questi mesi. Qualcuno spero di riallacciarlo in questo ponte lungo.
Dopo questo inizio introspettivo ed un po' sentimentale sarà meglio tornare a parlare di ciò che ormai è, la settimana corta trascorsa ad occidente.
Questa è la settimana che dovrebbe accendere lo spirito delle feste, per le vie di Torino si vedono le prime luminarie accendersi, con gli auguri di circoscrizioni o negozianti che accolgono il viandante, indigeno o no, lungo il suo peregrinare. In una delle mie sortite serali, anticipate all'ora dell'aperitivo visto il clima freddo, mi sono trovato a percorrere vie nuove. La corretta nomenclatura sarebbe viali, visto la presenza di alberi che separano le corsie centrali dai controviali. Mentre cammino in queste grandi arterie cittadine, dove il traffico è accettabile nelle ore serali, guardo i palazzi che ne delimitano l'ampiezza. Si susseguono costruzioni di varia foggia. Ci sono case tipiche della prima industrializzazione, che formano piccoli quartieri; case popolari, tutte uguali, figlie del boom economico; case occupate da rifugiati in fuga dalle loro casa natali; case del terziario avanzato, con quell'aria un po' snob che cerca di essere simbolo di una moderna nobiltà.
Alcune di loro hanno già i balconi adornati di splendidi addobbi. Un balcone attira, in particolare, la mia attenzione. Riesce a coniugare il sacro con il profano, i miti del nord con le tradizioni popolari. Sul muro interno è appesa una rappresentazione 1:2 della capanna con il bambinello, mentre sulla balaustra si vede un Babbo Natale, con slitta e renne che corrono, ed in un angolo c'è un albero tutto agghindato a festa, in attesa che alla sua base qualcuno depositi una montagna di pacchetti. Questo mix spicca tra i balconi ancora spenti che lo circondano, unico simbolo di un periodo che dovrebbe spingere tutti ad essere più buoni.
Per le strade non c'è nessuno, tutti già a casa o in qualche locale a cenare, incrocio giusto i ritardatari, i proprietari di cani, qualche atleta coraggioso, una meretrice che mi chiede se voglio goder delle sue grazie ed un ragazzo in cerca di un pasto caldo.
Ma manca ancora una cosa a questo elenco di cose e persone. Manca quello che probabilmente sarà il simbolo di queste feste. Al centro della rotonda che sorge all'incrocio di due grosse vie di comunicazioni, a poche centinaia di metri da dove risiedo durante la settimana, sorge una gru.
Sino ad ora pensavo fosse la dimenticanza di qualche costruttore fallito od il preludio a nuovi lavori, ed invece scopro essere una statua. Ma non è finita qui, durante il periodo delle feste si illumina di un colore azzurro, intermittente. Non sto scherzando. È proprio così. Chi avesse amici a Torino, può controllare. Io ho provato a capirne il significato, ed a chiederlo a chi in questa città ci è nato, ma nulla. La mia piccola mente da ingegner non riesce ad arrivare a capire, e quindi ad apprezzare tale rappresentazione artistica, e quindi chiedo a voi lettori un'interpretazione di questa installazione, che dovrebbe abbellire la città, o ricordarle persone ed eventi.
Incredibile a dirsi, ma in questa settimana caratterizzata dalle temperature sempre più vicine al punto di gelo, si è tornati all'abitudinaria partita di calcetto infrasettimanale, che è stata messa a rischio da alcune defezioni, e che ha quindi visto scendere in campo solo otto giocatori, che con foga e coraggio hanno combattuto le insidie del terreno gelato di un campetto di periferia. Come tradizione, il terzo tempo si è svolto in un locale della zona, dove i partecipanti hanno potuto brindare con birra e rifocillarsi con panini e patatine, mentre le parole facevano da cornice al trascorrere del tempo.
Nella prossima puntata si parlerà di...

29 novembre 2008

Torino - 38° puntata


Questo post inizia la sua storia in un venerdì in cui la città, e mezza Italia, si è risvegliata al cospetto di una bella nevicata. Il tempo, i colleghi in viaggio in ritorno dalla trasferta in Polonia, il capo che latita, ed i soliti orari mi hanno portato ad approfittare di questa mezza giornata di relax e di latitare per quanto riguarda il lavoro. Ogni tanto scrivo una mail, così per far vedere che ci sono e che faccio qualcosa, mentre i miei due colleghi che dividono con me questo pomeriggio, si sono datti alla macchia.
Fuori la neve viene sciolta dalla pioggerellina che, fastidiosa ed imperterrita, scende abbondante.
Questa settimana sarà ricordata come quella dei “ma chi si rivede” (avrei potuto usare la formula cara alla madre di un amico: "chi non muore si rivede"; ma già a me dava un po’ fastidio). Il caso ha voluto che rincontrassi due persone che non sentivo da tempo. La prima un’ex collega che vive a Torino, la seconda un utente del vecchio progetto. Gli incontri sono stati molto diversi.
Nel primo caso è stato un incontro virtuale, mentre cercavo di sistemare il pc, dopo l’ennesimo intervento per aggiornamenti da parte dell’IT del mio ufficio, vedo apparire la pop up che indica che il contatto è in linea e disponibile a parlare. Un flash. Avevo provato a contattare l’ex collega appena arrivato a Torino, ma con scarsa fortuna, ed ora vedo apparire il suo viso. Scatta la chat. Scambiamo poche battute perché il lavoro e l’imminente pausa pranzo non ci consentono grossi dialoghi, ma ci ripromettiamo di incontrarci o comunque risentirci in un momento di calma. Il secondo invece sembrava la scena di un film, magari sdolcinato, dove l’eroe rientra a casa dopo l’ennesima battaglia combattuta ed incontra, o meglio, si scontra con l’interprete femminile. Io ero talmente cotto che neanche avevo riconosciuto la persona che avevo incrociato, troppo stanco ed assorto in pensieri da grande scrittore. Mi fermo e scambio le solite quattro parole: come stai, come va etc. etc. Il solito insomma. Però averla rivista mi ha portato alla mente un sacco degli eventi che non hanno trovato posto tra le righe dei post che ho scritto. Le parole hanno ripreso il flusso dei giorni in cui ero in un piccolo ufficio nell’hinterland di Torino a cercare di fare al meglio il mio lavoro, ed il tempo si è ripiegato su se stesso, avvicinando eventi ormai in auge tra i ricordi.
Il ridursi via via del gruppo di trasfertisti ha fatto si che la serata godereccia sia stata sostituita da una più sobria pizza e quattro chiacchiere… ecco se si potesse dare un sottotitolo a questo articolo sarebbe: chiacchiere, molte ed abbondanti, dolci e piccanti, sussurrate o gridate, vis a vis o via etere, vicine e lontane, dette ed ascoltate. Il silenzio di questi momenti con gli uffici che si svuotano stride un po’ con il tema della settimana, ma un po’ di pace riflessiva a volte fa bene.

Sabato mattina il risveglio è lento. Sono ancora qui a Torino. Ieri ho provato a godermi il fatto di essere in trasferta nel capoluogo piemontese, lontano dal capo bloccato in riunioni lontano dall’ufficio. Pausa pranzo all’Eataly. Fiore all’occhiello dello SLOW FOOD, dove alla quantità si preferisce la qualità. Dove non si mangia solo per nutrirsi ma anche per il gusto ed il piacere che può dare questo gesto. Questo è un altro dei posti che raccomando a chi si trovasse a dover passare qualche giorno in zona.
La serata mi ha portato al TORINO FILM FESTIVAL, con scelta del film da vedere legata più al parcheggio che ad una analisi delle proposte. Mi è toccato quindi un trittico di film legati alla vita ed alla morte. I primi due corti sono risultati molto belli, il primo trattava della futilità della vita vista dalla morte ed il peso della morte visto dalla vita, o almeno questo è quello che ho capito io. Il secondo era la condensazione della vita di una ragazza in un piccolo percorso. Nascita, crescita, difficoltà, amore, procreazione, morte.
Il terzo era un lungometraggio, bello ma di una lentezza incredibile, tanto che la palpebra è stata messa più volte a repentaglio. In questo horror, fatto di morti viventi veniva toccato, a dire del regista, anche il tema del voler portare con se le proprie terre quando per motivi diversi si è costretti a partire, cercando di ricreare ciò che ci circondava. A partire dalla lingua. Insomma una mattonata.
Il ritorno è fatto di altre parole, questa volte non tutte dette ma fermate a volte nel limbo dei pensieri, di chupitini, di piani e di nulla.

Nella prossima puntata si parlerà di…

22 novembre 2008

Torino/Bielsko-Biała - 37° puntata



Questa settimana la si potrebbe chiamare la settimana di Bertoldo, come dice il mio collega.
Innanzitutto è stata vissuta da chi vi scrive per la maggior parte oltre cortina, ma forse questo è un modo di dire non più consono, facendo riferimento ad un periodo in cui le guerre erano fredde, mentre ora di freddo è rimasta la temperatura e qualche sguardo.
Ho lasciato il bel paese per recarmi nuovamente in Polonia, come già successe lo scorso mese.
Già dalla partenza dovevo capire che non sarebbe stata una settimana semplice. Un collega dell'altro gruppo si è presentato alle partenze senza documento d'identità, facendo innervosire il suo capo, mentre io ho fatto un'affermazione con il grandissimo capo, anche lui sullo stesso volo, facendo riferimento ad un'analisi che non sapevo cambiata 5 minuti dopo la mia uscita dall'ufficio.
Ma anche fuori dall'ambito lavorativo. Durante la prima cena in terra straniera vengo affascinato dalla scritta “VERA TORTA DI MELE”. La ordino. Mi si presenta una fetta di dolce dal bell'aspetto, ma con una colata di cioccolata sopra (N.d.R. Sono allergico al cioccolato per averne abusato da bambino). Devo rinunciarci con mio grosso rammarico e felicità del collega.
Il secondo giorno, in fase di test, creo una registrazione che inchioda le stampanti dell'altro gruppo, che al dire il vero non ci aveva avvertito dell'attivazione della funziona stampa automatica. Quindi mi becco un caziatone da loro e dal mio capo, ma ormai ho le spalle larghe.
Subito dopo la mail dello shampoo, arriva la mail attesa da tempo che ci conferma che metà del lavoro fatto con urgenza può essere buttato.
Lo so lettore, ti stai annoiando a sentire questa miriade di aneddoti lavorativi un po' noiosi. Vediamo cosa posso fare.
Allora, giovedì sera per tutti i consulenti in trasferta, solitamente è periodo di bisboccia. Organizziamo quindi fuga da questa triste cittadina che forse dovrebbe essere chiamata paesino per recarci a Cracovia. Riusciamo ad uscire ad un orario decente e via. Albergo, cambio, partenza... ma dov'è il mio cellu e quello aziendale?!? Cerco, rovisto e sparpaglio ed ecco che si forma l'immagine dei telefonini abbandonati sulla scrivania in ufficio. Tragedia.
Caracollo giù dove i colleghi mi aspettano e si preoccupano appena vedono il mio volto. Gli spiego la situazione e corriamo di nuovo in fabbrica. Primo ostacolo e superare la barriera, ma devo avere un viso che aprirebbe qualsiasi porta, ed infatti le guardie ci fanno passare senza problemi appena sentono la storia.
Arrivo nella palazzina degli uffici, entro di corsa e scopro la porta chiusa. Terrore. Due respiri profondi e inizio a cercare la signora delle pulizie.
Giro per i piani e trovo una signora che mi guarda preoccupata. Io con il fiatone ed un inglese ormai colto anch'esso dall'agitazione provo a spiegare il mio problema, ma lei mi ferma quasi subito e mi chiede se parlo Italiano. Le spiego nel mio idioma il motivo della mia espressione. Lei molto gentilmente mi accompagna nella ricerca della signora delle pulizie. Durante la nostra ricerca stile Asterix ed Obelix nella casa che rende folli per ottenere il lasciapassare A38, incrociamo altre due signore. Queste si aggregano alla ricerca, ahimè infruttuosa. Una delle signore vedendo la mia disperazione telefona alla sicurezza, e scoperto che le chiavi sono da loro corre a mettersi il cappotto per andare a prenderle. Va detto che fuori pioveva e faceva un freddo. Io resto colpito dalla gentilezza di queste signore e di come si siano prese a cuore la mia situazione. Alla fine riesco a recuperare i cellulari ringrazio la signora in lingua locale, ripetendo come un disco rotto gincuie.
Partiamo per la nostra meta. Cracovia è molto differente dal paesino industriale che ci ospita. Innanzitutto è una città universitaria. Alle 23:00 si trovano ancora locali dove poter mangiare, gente in giro, bar e pub ogni venti metri, architettura curata, un vero centro storico. Non so si respira un aria diversa, anche se il freddo e la pioggia ce la fanno godere meno.
Al ritorno in Italia mi chiedono spesso com'è la Polonia. Assomiglia molto all'Italia degli anni '80. Una Polonia da bere, con fiumi di vodka. Di diverso c'è:
  • Le macchine delle autoscuole hanno un cartello con la lettera L sul tettuccio;
  • La vita è spostata in anticipo rispetto all'Italia, nel senso che quando qui si entra nei locali lì i locali iniziano a chiudere. Immaginate tutto anticipato di un paio di ore.
  • La cucina è ricca di aglio, probabilmente per tener lontano i vampiri
  • In ufficio, albergo o locali la temperatura è sempre superiore ai 26 gradi.
  • L'acqua in bottiglia è più cara che in Italia.
  • Nei distributori automatici si possono trovare pacchetti di brodo liofilizzato.
  • Le edicole sono dei veri chioschi in cui si può comprare di tutto, dal profumo al detersivo per i piatti. Sigarette e biscotti ed altre mille cose. Un vero minimarket, molto mini.
  • I film stranieri sono tradotti stile sottotitoli, quindi audio originale a cui è sovrapposto l'audio di una voce fuori campo che legge un fantomatico sottotitolo, senza mettere nessuna interpretazione. Quindi con la stessa voce si vede parlare il buttafuori e la gnocca al bar.
L'elenco potrebbe continuare, ma forse è meglio finire qui. Magari un giorno racconterò anche del viaggio ballerino del ritorno.
Nella prossima puntata si parlerà di...

16 novembre 2008

Torino - 36° puntata


Un altro post di trasferta. Il primo con i colleghi lontani. Ora a Torino siamo rimasti solo in due, ma non ci penso. Per ora questa mancanza non si sente.
Trentaseiesima settimana. se avessi contato anche le settimane di ferie ora sarebbe l'ora di sfornare un pupo... e qualche collega ha preso in parole la cosa e domenica sera ha dato alla luce il suo bel bambino. Questo dovrebbe essere auspicio di una buona settimana, o almeno ricordo le mie nonne che dicevano sempre che l'arrivo di un bimbo sistema le cose, e devo dire che ci ho sperato davvero, soprattutto quando ci hanno chiesto di concentrare il lavoro di tre settimane in tre giorni, per poter effettuare delle attività che da martedì non avrebbero avuto più senso, e quindi non fatturabili. In questi casi l'unica cosa che si può fare è lamentarsi a bassa voce e caricare i dati. Questo almeno è quello che ho cercato di fare, perchè il bassa voce non è proprio nelle mie corde.
Ma basta. Non voglio più parlare di lavoro ma di altro che è successo questa settimana.
La prima cosa può sembrare strana, ma era una cosa di così evidente che me ne sono accorto solo giovedì sera. Partiamo dall'inizio.
L'ennesima giornata di super lavoro, ma non volevo che finisse con il mesto ritorno in camera, lo scongelare qualche cosa, un po' di tv e il classico addormentarsi dopo cinque minuti. Quindi decido di farmi una passeggiata rilassante per rientrare durante la quale cerco di sentire un po' di amici. Organizzo anche una breve uscita post cena. L'idea di mettermi ai fornelli, soprattutto con i pochi ingredienti a mia disposizione, mi fa preferire un bel piatto arabo. Ed eccomi nuovamente dal kebabbaro vicino a “casa” a mangiare il panino con tutto ed a guardare l'anticipo di campionato commentato in arabo. Capisco ben poco di quello che dice il telecronista, ma quel poco sono tutte le formazioni della Juve in cui ha militato Del Piero. Ogni volta che il capitano della vecchia signora tocca il pallone ecco partire un elenco di nome di giocatori. Se c'è un'azione pericolosa eccolo imitare i versi dei commentatori sudamericani. E mentre sento questi suoni riesco anche a dimenticare il grigiore dei giorni passati e vedere i colori caldi nascere dentro di me (forse è il piccante del panino).
La serata non è nulla di epico, solo quattro chiacchiere in giro per la zona di Porta Nuova, ma tornato indietro mentre saluto chi mi ha fatto compagnia mi accorgo del cielo. Eh sì. Alzo gli occhi in alto è vedo una gran pozione della volta celeste e mi rendo conto che fino ad oggi non mi ero mai accorto che potevo vedere così tanto spazio, che gli occhi potessero scrutare per un'area così vasta. Ormai nelle città, tra case sempre più alte ed inquinamento luminoso, vita sempre più terrena e meno filosofica, quasi non si riesce più a guardare ciò che dalla notte dei tempi rapiva i pensieri dei nostri avi. Un pensiero banale che mi colpisce e mi riprometto di godere più spesso di questi momenti di osservazione e riflessione.
L'evento sportivo è un'integrazione della settimana trascorsa in Piemonte. Tornato venerdì sera a Milano per presenziare ad una festa di laurea tanto attesa dal festeggiato, l'amico con cui sono andato mi dice che ha un biglietto in più per la partita amichevole che la nazionale di rugby giocherà l'indomani a Torino. Ci penso un attimo e gli dico ok. Così sabato mattina mi ritrovo a percorrere la strada verso la prima capitale in compagnia di tutti i colleghi del Genio. Vengo eletto sherpa del gruppo e messo in competizione con il tomtom per arrivare allo stadio. Incredibile ma vero, a questo giro il super potere di perdermi non funziona e batto lo scout tecnologico 2 a 0, sia all'andata che al ritorno.
Lettore, se hai la possibilità di vedere una partita di rugby in compagnia di qualcuno che un po' conosce le regole, vacci di corsa. I tifosi di rugby sono totalmente diversi da quelli del calcio. Sono meno isterici e più sportivi. Qui messaggi di rispetto dell'avversario non servono perchè il rispetto è alla basa di questo sport. I tanti bambini sugli spalti sono cose che difficilmente si vedono quando in campo ci sono ventidue giocatori che corrono dietro ad un pallone rotondo. Appena qualcuno cerca di fischiare un avversario viene zittito da chi gli è affianco. Non si sentono cori contro ma solo a favore. Si applaudono le belle azioni di entrambe le compagini, ed anche se in campo i giocatori non si sono mai tirati in dietro, e qualche colpo duro è volato, con il terzo tempo tutto finisce, ci si stringe la mano e ci si da pacche amichevoli. Si riconosce la vittoria del più forte, perchè qui la palla non è rotonda ed a vincere è sempre il più forte. E tutto finisce lì.
E forse è ora che finisca anche questo post.

Nella prossima puntata si parlerà di...

08 novembre 2008

Torino - 35° puntata


Eccomi davanti alla tastiera a cercare di mettere giù il resoconto dell'ennesima settimana passata in trasferta. Oggi mi sembra difficilissimo mettere insieme anche solo un paio di righe per raccontare cosa è successo, forse perchè è stata una settimana grigia, dove il tempo è stato rubato dal lavoro e la vita vera è sembrata solo un sogno.
Provo e riprovo a mettere insieme il percorso di questa settimana, ma mi sembra di ricadere sempre e solo nella vita d'ufficio, fatta di riunioni inutili e male organizzate, il cui scopo sarebbe aumentare il team building societario ed ottengono l'effetto opposto, oppure di mail e telefonate inconcludenti, di pranzi in cui ti senti un po' don Abbondio, un vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro che non vedono l'ora di cozzare tra di loro e di far scintille. Va beh il solito insomma, quello che credo capiti nella maggior parte degli uffici.
Vediamo di cambiare un po' discorso, ma solo un po'. L'evento mondano della settimana è stato la cena di saluto per i colleghi che lasciano Torino e vanno nell'Abruzzo dei pastori e della transumanza. Una cena in un ristorante di tendenza. Un ristorante che con un arredo a metà tra il minimal chic e la macelleria di altri tempi ci ha servito della buona carne e un conto di tutto rispetto. Una bevuta in un locale che si ispira al Marocco e cerca di sposare i gusti occidentali con i profumi di terre lontane, ottenendo così dei meravigliosi cocktails che ti lasciano in bocca un sapore di arbre magique o di caramella balsamica marcita. Ma com'è e come non è il posto fa tendenza e quindi come perderselo in questa serata di commiato. Le chiacchiere girano ma alla fine si parla sempre e solo di lavoro, si prendono in giro gli assenti ed anche i presenti, si fa insomma passare il tempo. E tutto finisce con l'ultimo viaggio tutti insieme sull'auto aziendale che ricorda ora come non mai uno scuolabus, con i casinari seduti in fondo, le ragazze carine in prima fila, e quelli normali o sfigati che si voglia dire, seduti in mezzo a vedere il mondo scorrere oltre i finestrini. E poi le canzoni da torpedone, le foto alla prima sosta, i saluti alla fine della gita, con qualcuno che cerca di nascondere il fatto che un po' si è commosso.
Ormai gli eventi sportivi vengono vissuti tutti davanti ad uno schermo. Questa volta il tentativo di vedere la squadra del cuore vincere durante una partita internazionale ha cozzato un po' con il desiderio di vedere una commedia per cercare di portare un po' di colore nella settimana più grigia che mi sembra aver vissuto da quando è iniziata questa avventura. Alla fine mentre i giocatori tornavano negli spogliatoi io iniziavo la visione del film della settimana. Una commedia che faceva il verso ai film di guerra alla RAMBO. Anche il film ha risentito dell'atmosfera incolore e per una buona parte del suo apparire si è visto il bianco e nero tornare alla ribalta.
Ma si potrà dire nero o devo dire abbronzato visti i recenti eventi mondiali.
Ecco mentre io sono qui che mi lamento dall'altra parte del globo un uomo di colore realizza un sogno, forse non solo suo e sicuramente già sognato da molti altri. La gente scende in strada con la speranza che non ci siano più incubi nel futuro, e mentre tutti parlano di economia, recessione, banche e mutui a me vengono in mente le parole di una canzone: “Ai figli di un militare regalerei un futuro con il padre, non un pacco coi suoi resti per Natale” dei HUGA FLAME.



Forse un po' in anticipo come dono da trovare sotto l'albero, ma perchè non iniziare a chiederlo già adesso.
Nella prossima puntata si parlerà di...

01 novembre 2008

Torino - 34° puntata

Caro lettore ecco un altro post sulla mia trasferta a Torino. Un altro racconto sui giorni trascorsi nel capoluogo piemontese, o come sarebbe meglio dire negli uffici dell'azienda più conosciuta di questa città. Eh sì, perchè questa è stata un'altra settimana tutta residence ed ufficio, o quasi.
La partenza avviene in una domenica notte avvolta dalla nebbia e dal buoi, tanto da far pensare che ci sia un tunnel che collega le due città. Per la prima volta il collega impiega lo stesso tempo che avrei impiegato io con condizioni più favorevoli. Arriviamo sani e salvi in residence che la settimana è già iniziata.
Mi ritrovo nuovamente a risolvere beghe create da altri, a parlare con gente diffidente che ha anche il problema della lingua... lo so lo so, l'ennesimo sfogo, ma cosa direste voi se chiedeste un' informazione e questa richiesta facesse il giro dell'Europa, quasi, per ripresentarsi sulla vostra scrivania, oppure vi dicessero di non fare una cosa e poi ritrovarsi una bella mail che vi chiede una spiegazione del fatto di non aver fatto tale operazione, e sentirsi dire che è vero che non dovevo fare nulla ma il capo aveva cambiato idea, e si era dimenticato di comunicarcelo, quindi ora mi tocca recuperare tutto il lavoro... lettore hai ragione: sono le solite beghe di chi lavora, e quello che capita a me sarà capitato e capiterà a chi sa quanti altri, ma a volte uno sfogo è una necessità.
Incredibile ma vero, anche in questa settimana piovosa è stato consumato l'evento sportivo, solo che questa volta i vostri eroi si sono presentati in giacca e cravatta all'evento, visto l'ennesima uscita tardi dall'ufficio. Siamo arrivati che il fischio d'inizio era già stato dato, e c'era già stata una traversa. Troviamo facilmente la nostra posizione in campo e ci mettiamo poco a decidere lo schema di gioco: birra patatine ed hamburger per due. La partita di cartello del Mercoledì di campionato risulta essere la più noiosa di tutta la nona giornata ed io passo il tempo a cercare di capire se quello è lo stesso locale dove avevo visto la nostra nazionale dare un dispiacere ai cugini d'oltralpe.
Incredibile ma vero c'è stata anche la serata “godereccia”, come è stata felicemente battezzata da una collega blogger. Ricevo l'invito di una utente del vecchio progetto ad un aperitivo a Ciriè, per me posto mitico visto che appare in una marea di cartelloni pubblicitari, tanto da farmi pensare che potesse essere la città di Bengodi. A questo giro sono le ragazze che fanno da autiste e per fortuna che una è astemia per storia e l'altra per raccomandazione, mentre il solito gruppetto si riempi di acqua di fuoco, ma a forza di sentirmelo dire questa volta un po' me ne sono fregato (solo un po', sono pur sempre un cavaliere dalla scintillante armatura). L'età media dei partecipanti a questo moderno baccanale era decisamente alta, ma come dice il mio collega: “La tarda è meglio”. Tra gli invitati c'è anche il responsabile progetto lato clienti, anche lui abbastanza pieno da proporre aumento a chi si portava in camera la fuori età del gruppo. Comunque la sera passa ed io riesco anche a non pensare troppo all'ufficio ed ad altri casini.
Il ritorno a Torino è tranquillo, e mentre aspetto nel parcheggio che anche i due beoni dei miei colleghi vengano scaricati guardo il cielo. Così. Solo per il gusto di guardare in alto. Mi ritrovo a pensare che era molto tempo che non alzavo gli occhi verso la volta celeste che in questa notte ha un colore indefinito. Ecco un'altra cosa che si rischia di perdere se non si fa attenzione e si continua a guardare solo in basso o dritti davanti a se, ma queste sono riflessioni filosofiche che mal si sposano con lo spirito del post.
Nella prossima puntata si parlerà di...

28 ottobre 2008

Notte a Torino

Seduto al tavolino della mia camera, ho appena finito di vedere un film ed ascolto musica di un paese lontano che però ricorda molto i suoni delle terre che hanno dato i natali ai miei avi. Forse anche questo è un segno che il mondo non è poi così grande.
Il cielo non promette che pioggia, anche se per ora ha dato tregua al suo pianto, e forse io farei meglio a distendere le mie membra sul giaciglio alle mie spalle, domani sarà una nuova giornata di lavoro. Eh sì, in questo periodo i giorni sono quasi tutti di lavoro, e visto il passato forse è meglio così.
Non so se vi è mai capitato di iniziare a canticchiare una canzoncina e poi continuare, senza farci caso, ad intonarla, anche in situazioni non proprio opportune. Come se una parte della mente avesse disertato per rimanere a casa e non partire per il fronte. A volte, al posto della arte cara ad Euterpe, vi è un pensiero e nei casi romantici una persona.
Facendo un piccolo salto, ma proprio piccolo, anche se mi permette di cambiare visuale, e mi chiedo come nascono le ossessioni. Come mai qualcuno si fissi su qualcosa o qualcuno? Come si diventa fan o collezionisti? E quando si supera il limite che porta alla follia? Oppure in fin dei conti nessuno di noi è normale e tutti abbiamo dei piccoli “tic”.
Ecco ora inizio a filosofeggiare… a quest’ora dovrebbe essere permesso solo se accompagnato dalle risate degli amici, da un po’ di piatti svuotati e di bicchieri ancora a rischio d’inondazione d’acqua di fuoco.
Sarà meglio finire qui.
Buona notte lettore e grazie della compagnia.

25 ottobre 2008

Torino/Bielsko-Biała - 33° puntata


Questa settimana è quasi finita. E già “quasi”, perchè ho iniziato a metter giù questo post mentre sorvoliamo l'Austria, direzione Piemonte.
Qualcuno si chiederà cosa faccio su di un aereo che sta sorvolando le Alpi orientali se lavoro a Torino e risiedo a Milano. Provo a spiegare l'arcano.
Questa settimana è iniziata con la solita colazione a casa mia, prima di incominciare il viaggio che mi porta ogni settimana nella città sabauda. Martedì, colazione in residence a pochi passi dalla Dora ed il parco della Pellerina, e mercoledì in un albergo di una piccola cittadina polacca, Bielsko-Biała.
Proprio così, la trasferta della trasferta, una trasferta al quadrato.
Se ora vi chiedete perchè partire e tornare a Torino è presto detto: la capa, nel senso della manager di progetto ha voluto così.
Gli aerei che abbiamo preso erano così piccoli che ho pensato che il collega più alto potesse incastrarsi nell'ingresso, o che esistono ascensori capaci di trasportare molte più persone. Comunque i voli sono andati bene, ed anche la mia paura dei decolli si è molto attenuata, tanto che al ritorno non ho fatto nessun esercizio di concentrazione. Volevo provare il metodo G.G.Marquez, ma non penso di essere così famoso da potermi presentare ubriaco al check in.
Atterrati e decollati da Katowice, che dista circa un'ora e mezza da Bielsko-Biała, ho potuto vedere una piccola parte del sud della Polonia. La statale che abbiamo percorso mi ricordava molto la A1 nel tratto Milano-Bologna, piatto con nulla oltre a poche case rurali ed alberi a far da cornice. Anche qui i lavori in corso e le relative code si sprecano. Ecco che inizio a misurare tutto con il metro del nazionalismo, confrontando quello che vedo con il bel paese e con quello che mi è stato raccontato.
La zona è famosa per le carni, i funghi e le zuppe, oltre ai pierogi (si pronuncia come pieroghi), piatto tipico polacco. Ed essendo famosa per questi cibi perchè non provarli, magari accompagnati da un po' di birra e vodka, quest'ultima va bevuta anche solo per aiutare la digestione o sentire di meno il freddo. Tutti i ristoranti che abbiamo visitato, tre, hanno la forma tipica delle baite, ed in una c'erano anche pelli e corna di animali appesi al muro e sparsi per il locale.
Non dimentichiamo che qui ci sono molte fabbriche italiane, ed in una di queste passo la maggior parte del tempo. Innanzi tutto la fabbrica è cosi grande che per spostarsi al suo interno è consigliabile l'utilizzo di un mezzo o di scarpe comode. Gli uffici sono spesso ricavati da grandi stanzoni ed hanno quel non so che di ospedale per matti, con colori tenui e rilassanti e pareti scrostate. A causa della concentrazione di molte attività in pochi giorni, gli orari si sono sempre allungati e quindi non c'è stata occasione per fare una visita al centro della città, che era anche conosciuta come “Piccola Vienna”. Non ci facciamo comunque mancare la serata godereccia, e l'ultima sera, messi a letto i capi fuggiamo alla ricerca di un po' di vita vera. Qui dopo le 11 le vie sono deserte ed i posti aperti sono pochissimi, così finiamo in una discoteca situata in un centro commerciale a ridosso del centro. Si la discoteca è al primo piano di un centro commerciale fatto di negozi e supermercato, con insegna regolamentare. Alcuni pavoneggiavano che in meno di mezz'ora avrebbero avuto mille donne a corteggiarli, ma non è successo. Si sono riviste le solite scene di queste serate, con l'unica differenza della scenografia e delle comparse che parlavano un altro idioma, ed un risparmio sul consumo dell'alcol visto il basso costo dei cocktail.
I ragazzi sembravano tutti naziskin palestrati e le ragazze avevano una bellezza algida, ma tutti sembravano ballare come se stessero facendo un provino per fare la letterina. Lo spazio infatti non manca e tutti possono dare sfogo al loro modo di interpretare la musica, a differenza delle serate danzanti nazionali che ricordavano di più lo spostamento tra una fermata e l'altra della metropolitana nell'ora di punta. Un'altra differenza è che qui si può ancora fumare nei locali, discoteca compresa, e se ci mettete anche il fatto che il gestore si divertiva ad esagerare con il fumo artificiale creando veri e propri banchi di nebbia, potete immaginare l'odore dei vestiti ed ilbruciore degli occhi.
Come al solito, alla fine, ho dovuto riportare a casa questo gruppetto di giovani ubriachi.
Venerdì sveglia presto per poter fare gli ultimi acquisti al centro commerciale che si trova sulla via per l'aeroporto, e se doveste chiedervi cosa è stato acquistato e presto detto: Vodka e sigarette, come si faceva negli anni della guerra fredda, con l'unica variante di una scatola di biscotti per i colleghi rimasti in Italia.
Nella prossima puntata si parlerà di...

18 ottobre 2008

Torino - 32° puntata


Lunedì non ci volevo credere, ed anche martedì ho avuto molti dubbi, ma anche questa settima di trasferta è finita. Ho passato quasi tutto il mio tempo in ufficio. Orari non proprio da ufficio postale, anzi...c'è da preparare le presentazioni per la prossima settimana, e s'inizia a sentire la pressione, tanto che siamo stati richiamati all'ordine per il fatto che il lunedì arriviamo in ufficio in ritardo.
La strigliata l'avrei presa anche bene se: il capo di Torino l'avesse detto direttamente a me e non a quello di Milano che ha inaugurato il martedì con una bella telefonata. Metteteci pure il fatto che comunque non si fa cadere la penna alle 18:00 ma si va avanti ad oltranza, e questa settimana più che mai... insomma ho accusato il colpo. Per fortuna che mi sono tornate alla mente le parole di un paio di amici, che con me hanno condiviso molta strada nel senso letterale della parola. I consigli che mi avevano dato all'inizio della mia avventura di consulente sono ancora validi e, scopro ogni giorno di più, preziosi. Ma non vorrei riempire questo post solo di lamentele o cose. Quindi vediamo di cambiare la rotta di questo barcone.
L'evento sportivo ha visto il vostro eroe scendere in campo e cercare di difendere l'onore della porta, ma questa donava la sua rete come se fosse di un'altra. A nulla sono serviti i mille e più tentativi di difenderne l'onore. Alla fine è risultata essere più gonfia della sorella gemella all'altro capo del verde prato sintetico.
L'evento mondano è stato anticipato a mercoledì ed è arrivato come la manna dal cielo, visto il deserto che regna nel piccolo frigo e nella dispensa della mia piccola residenza. Come la cicala non ho fatto grosse provviste, pensando che ci sarebbe stato tempo, che poi è passato tutto in ufficio e non a frinire tra i fiori. Per mia fortuna l'invito alla cena in camera della collega con altri dieci invitati ha riempito questa mia mancanza, oltre che al mio stomaco. Il grande capo del precedente progetto, con cui ho avuto qualche fraintendimento, si è rivelato buon cuoco, ed i prodotti calabri che hanno arricchito la tavola. La conversazione allegra, anche se un po' troppo legata all'ambito lavorativo, ma in fin dei conti è l'unica cosa che accomuna i commensali.
Giovedì sera, dopo l'ennesima giornata lavorativa fiume, si fa dura mettere in tavola qualcosa per cena. Decido di provare uno dei mille locali che preparano kebab, in zona, ed esco. L'intenzione era di mangiare e tornare a riposare in camera, peccato fosse solo l'intenzione. Mi trovo in questo locale, accolto con gentilezza dal gestore, che in attesa del mio piatto mi offre un bicchiere di thè verde, molto buono. Mi accomodo ad uno dei tavolini liberi e vengo rapito dalle immagini trasmesse dal televisore che ha preso il posto dei suonatori di tempi passati, solo dalle immagini visto che i dialoghi sono in una lingua orientale. Guardo le scene, influenzata dalle commedie occidentali, tanto che ad un certo momento mi è sembrato di vedere addirittura una parodia di Toto.
Finita la mia cena esotica esco. Non ho proprio voglia di tornare in camera e parto per una passeggiata serale, ma dove andare? Idea!!! Torino è o non è la città più esoterica d'Italia, potrei andare in uno di quei tanti luoghi che la credenza vuole abbiano strane energie. Ecco, vado a fare un carico di energia tra Castore e Polluce.
Mentre cammino vedo che questa città piano piano sta cadendo in letargo. Poche le persone in giro. Ci sono i soliti proprietari di cani, obbligati alla solita uscita liberatoria serale, qualche gruppetto che si saluta all'uscita di non so cosa, qualche giovane turista, che apprezza più la libertà dal parentado che l'architettura del luogo.
Arrivo alla mia meta, mentre noto che non sono l'unico ad aver fatto il pensiero del ricarico energetico. Una coppia di fotografi si scambia effusioni e consigli per la messa a fuoco. Io cercando di non farmi notare, un po' furtivamente tipo "non ci credo ma mi adeguo "sfioro il punto energetico.
È ora di tornare a casa. Riparto e noto che alcuni angoli di questa città ormai mi sono famigliari, forse addirittura più di quelli della città dove risiedo.
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11 ottobre 2008

Torino - 31° puntata


Caro lettore un'altra settimana è stata messa in cascina, una settimana un po' strana.
A questo giro è il collega fighetto che fa le ore tarde in ufficio, io riesco anche a scappare prima per presenziare all'evento sportivo, che mi vede essere convocato nella formazione del senior del mio team, e fare una prestazione che risolleva il mio voto in pagella. Ecco questa potrebbe essere la settimana in cui ho recuperato un po' di punti.
Sul lavoro un carico di responsabilità nuovo, in breve il collega mi ha girato il suo lavoro vendendomelo come un indicazione della fiducia che si ha in me, peccato che ha tralasciato di dire che in realtà era solo un padulo bello e buono. Mi sono così trovato a sistemare casini arretrati, ed a parlare con persone mai viste, cercando di guadagnare la loro fiducia in poco tempo visto che per venerdì mattina dovevo consegnare il lavoro. Metteteci che fatto che i dati da analizzare sono arrivati mercoledì sera, giovedì tra riunioni, pressioni per la consegna e caldo sahariano in ufficio, la testa ha iniziato a girare a vuoto. Alla fine mi sentivo sconfitto. Non funzionava nulla.
Non so se vi è mai capitato di guardare inebetiti e sconfortati il vostro pc senza sapere assolutamente cosa fare, con l'unico neurone che sta chiedendo asilo politico ad un altro organo.
Alla fine non mi resta che spegnere l'oggetto infernale e tornarmene con le pive nel sacco a quella che da qualche giorno chiamo “casa”.
Lì ricevo inviti per festeggiare partenze e folleggiare in discoteca. Non ho neanche la voglia di uscire dalla camera. Riesco a litigare con tutti quelli che sento al telefono, a bruciare il minestrone, a sporcare la cucina in modo assurdo (sembra un murales fatto da uno schizofrenico il muro dell'armadio cucina). Per fortuna che alle telefonate si sostituiscono gli sms di un'amica, che una buona parte del minestrone si è salvata, e quindi la cena è salva, che la cucina si ripulisce, che il dolce l'offre la collega, che le chiacchiere inutili con i colleghi mi fanno pensare ad altro, che mi convinco ad uscire, ma niente discoteca, solo una bevuta e quattro parole in giro per Torino. Come cenerentola prima che sia domani torno a casa, lasciando il gruppo in partenza per le follie del giovedì.
A letto e via.
Venerdì sembra che tutto funzioni. “Qualcuno” aveva dimenticato di avvertirmi che era stata fatta una modifica alla procedura di caricamento dati, motivo per cui non funzionava nulla. Tolta e tutto ha ricominciato a funzionare alla grande. Anche l'interrogazione da parte del capo suprema si risolve con una sufficienza piena ed abbondante.
Il pomeriggio la riunione a Milano va bene, e rivedere qualche volto amico in ufficio migliora ancora il mio umore, che viene attaccato da qualche mail di spamming, ma oggi non è ieri, quindi ciccia per chi l'ha spedita.
Uscito dall'ufficio riscopro anche un po' della mia città, e noto che un luogo mi fa tornare in mente una cosa che non c'entra niente, una voce. La prima volta che l'ho sentita ero lì, ed anche molte delle altre volte che l'ho sentita ero lì. Non vi preoccupate, la voce è reale, non nasce nel mio cervello, ma esce dal mio cellulare dopo aver pigiato una serie di numeri. Proust aveva il profumo delle croissant, io ho: case in stile Liberty, un portone, un numero civico, un paio di negozi ed un semaforo con avvisatore acustico.
La cosa all'inizio mi è suonata un po' strana, ma alla fine ho ricomposto la serie di numeri, ma sfortunatamente questa volta a rispondere è stata la voce ben impostata del messaggio della segreteria. Lascio un messaggio e mi rituffo nelle vie del centro. Cerco di capire quanto questa mia città sia cambiata, come se fosse una persona. Se è cresciuta o invecchiata. Se va ancora di corsa o ha imparato ad avere ritmi più tranquilli. Se tutto è cambiato o è rimasto uguale. Sono un indigeno con lo sguardo a metà tra il turista ed lo zio che ritorna da un lungo viaggio e scruta i suoi nipoti per leggere sui loro volti il tempo che passa.
Alla fine squilla il telefono.
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04 ottobre 2008

Torino - 30° puntata


Ed incredibilmente sono giunto alla trentesima puntata di questo serial. Una puntata con poche novità e caratterizzata da un bel raffreddore, che ha inciso sulla vita sia in ufficio che fuori.
Comunque ci sono alcune novità. La prima è la mia svolta culturale. Alle serate da autista per colleghi ubriachi ho sostituito serata a musei o cinema. Questo giovedì, mentre i colleghi si stortavano, ma meno perchè non c'era chi li avrebbe riportati a casa, io mi sono recato a vedere una mostra a Torino. Ho provato a proporlo anche a loro, ma ho ottenuto la stessa adesione che avrei avuto invitando un gruppo di mussulmani ortodossi ad una serata birra-wurstel-crauti, e se devo dire la verità anche gli sguardi sembravano quelli di chi avesse sentito una bestialità. Me ne frego, ed anche se il collega continua a ripetere che sono solo chiacchiere e distintivo, e che non andrò mai al museo da solo (ci prova perchè sa che se non lo riporto a casa io, dovrà aumentare la quantità di sangue nell'alcool che gli scorre in corpo). Lo so, non ho ancora cosa sono andato a vedere:
IL CELESTE IMPERO - DALL'ESERCITO DI TERRACOTTA ALLA VIA DELLA SETA.
Il museo dell'Antichità, che accoglie la mostra, si trova in una zona poco visitata di Torino, anche se si trova a due passi dal centro e del quadrilatero romano, tanto che l'ingresso è accanto ai resti dell'anfiteatro romano nelle vicinanze di Porta Palazzo. Il Duomo di questa città, visto dalle scale che portano all'ingresso sembra quasi finto. Se non fosse per le dimensioni si potrebbe dire che è un modellino. Comunque tornando all'avventura culturale, percorro le varie sale del museo seguendo le spiegazioni ed i racconti della guida con un gruppo caratterizzato da un puntino rosso sulle vesti. Anch'io sono stato bollato, e per la prima volta non come campione di “baccagliaggio” o “superbroccolone”, ma con quell'adesivo tondo rosso che indica l'appartenenza al gruppo. Il prezzo del biglietto è totalmente ripagato dalle opere e dall'atmosfera. Quindi chi dovesse trovarsi a passareentro il 16 Novembre 2008 per la città che Pascoli indicò come: “Figlia di tua Figlia: Roma, Madre di tua Madre: l'Italia”, e volesse godersi una bella mostra, io la consiglio.
La vita in ufficio risente dell'avvicinarsi delle date con il puntino rosso, che in questo caso non vuol dire che il marito è meglio che vada a pescare, ma solo che bisogna consegnare una parte del lavoro, ed il capo freme, metteteci anche il fatto che in questo momento alla parola capo associo una Idra a più teste, visto che per ogni argomento ho una figura di riferimento diversa e capirete perchè di questo mio bisogno di scrivere.
Altri eventi degni di nota...eviterei di parlare di quello sportivo, visto che il voto medio della formazione, a fine partita, è lo stesso che meriterebbe qualche nostro politico in educazione civica.
Quello mondano era il compleanno di una collega, ma tra stati influenzali, carichi di lavoro e super scazzo l'evento è durato il tempo di cottura di una tagliata, dove l'unico piacere è arrivato appunto dal cibo, quindi No Comment.
Quello lavorativo è l'annuncio della partenza per la Polonia a fine Ottobre, ma ne parlerò quando la cosa sarà ben definita e via dicendo. Intanto se qualcuno a qualche consiglio per il viaggio, lo ringrazio in anticipo.
Prima di finire questo sproloquio senza capo ne coda di questa settimana, caro lettore vorrei farti una domanda: “Chi è Kunta Kinte?”
Attento che la risposta può darti un riscontro sulla tua età, e non solo. Io l'ho nominato in una discussione con i colleghi, e loro avevano un idea non proprio esatta di chi fosse, frutto di periodi storici diversi in cui siamo cresciuti.
Se volete provare la stessa emozione, come facevano gli Stadioi con i Beatles, chiedete ad una ragazzina della terza media chi è “Costantino”.

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27 settembre 2008

Torino - 29° puntata

Ed anche questa settimana è finita tra gli schedari dei ricordi. Volessi dare un titolo a questi giorni direi DISTRATTI.
Non sono proprio riuscito a concentrarmi sulle cose che capitavano intorno a me. Un po' la colpa è della settimana di ferie, un po' della vita che gira come vuole lei, del fatto di dover essere a Torino per aspettare una mail anziché andare a vedere l'amico che si laurea (questa cosa mi rode, ma la dovrò far passare). Ed anche mentre scrivo la mente fa salti un po' ovunque.
Vediamo di riordinare le cose.
Lunedì il collega è malato e quindi parto in treno. La gente che incontro sulla carrozza meriterebbe qualche riga, ma nella mia mente ritrovo solo immagini nebbiose. Sarà stato il sonno, o la ragazza di Palermo, con il fidanzato a Samarate, che ha trovato al tesi a Torino. Oppure il vecchio elettricista che ha fatto i soldi mettendo in piedi una fabbrica di bottiglie a Rionero (che non è in Sud America, ma solo nel Sud del nostro paese), che sa usare il cellulare ma non l'agenda che è ancora cartacea e dialoga di legalità/modernizzazione con uno studente di ingegneria civile. Della lettrice di manuale di pietre, o della vecchietta che non solo non riesce ad aprire la porta per scendere, ma neanche di leggere che sulla porta c'è scritto che è guasta, o del ragazzo gentile, ma anche lui analfabeta che prova a darle una mano strattonando la maniglia per poi arrendersi mentre la signora dovrà scendere ad un altra fermata. Oppure delle persone che chiedono a me indicazioni sulle vie di Torino. Ma non lo sanno che ho il super potere di smarrirmi ovunque.
Martedì passa lento e noioso. L'unica nota di colore è la mia strizza quando il buio cala sul parco mentre io arranco nelle mie scarpette da corsa. Ad ogni passo sento rumori e scriccolii. Comunque torno a casa sano e salvo.
Mercoledì è giorno di evento sportivo. Partitella a calcetto con i colleghi. Prestazione da Oscar. Recitazione degna di Lulù Olivera. Ma forse dovrei raccontare del fatto che tra i dieci giocatori c'era anche una ragazza, che oltre ad essere carina è anche brava ed accompagnata dal fidanzato. Quindi non potendo reagire nei contrasti con lei con durezza, l'unica possibilità è metterla sulla recita. Comunque la mia squadretta di giocatori per caso perde.
Giovedì decido di non uscire con i colleghi ed etc. ma di andare al cinema. Vado a veder BURN AFTER READDING dei fratelli Coen. Il cinema è un multisala in cui le indicazioni per le sale le ha fatte un bambino di tre anni, tanto che non sono l'unico che ha difficoltà a trovare la sala, se ci mettete anche il fatto che le maschere sono mute o solo un po' chiuse...
nel vedermi in sala un gruppo di signorotte dubita sulla correttezza della sala e mi chiedono se è la sala dove danno il film con B.Pitt. Rispondo di sì. La signora mi guarda perplessa e si risiede. Probabilmente non pensa che un bel ragazzo con un look studiato da Steve Wondere possa vedere un film dove c'è un gran figo come B.Pitt. Comunque per fortuna sua arrivano le amiche, anche loro disperse nella ricerca della sala, che confermano quanto ho detto. Il film non è male. Tipica commedia dei Coen con spunti davvero esilaranti.
Venerdì l'unica cosa che mi interessa è vedere le lancette girare e che l'ora di tornare a casa si avvicini. Un paio di battute e di biscotti al burro accorciano il pomeriggio. Ed il ritorno a casa, con la colonna musicale di Stefano Rosso, mi mette un po' di malinconia. Penso solo che qualche giorno prima ero in viaggio, ma in altra direzione, quella del sole, mentre le parole di questo cantautore riempiono l'abitacolo:



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21 settembre 2008

Torino - 28° puntata


Ed ecco che in ritardo inizia il racconti di un altra settimana a Torino.
La settimana che andrò a descrivere non è la scorsa, che mi ha visto in fuga verso il Nord-Est, ma quella precedente, che si può ben dire una settimana sulle montagne russe.
Montagne russe come il mio umore, o come i miei giorni di lavoro, o come il mio orario, o come ...
forse è meglio partire con una piccola spiegazione.
La storia inizia qualche mese fa, quando in ufficio occorre buttar giù il piano ferie. Questo deve rispettare alcune regole, del tipo, mai la prima settimana del mese, mai sovrapposizioni con un collega dello stesso gruppo, e comunque fare in modo che tra le ferie dell'uno e quelle dell'altro ci sia del tempo per il passaggio di consegne. Sembrano poche ed accettabili, ma fidatevi non è così, se poi ci mettete che il collega in questione ha cambiato il suo piano ferie un centinaio di volte. Comunque presentato il piano ferie a fine Giugno, con tanto di approvazione del grande capo, affronto l'inizio della settimana con lo spirito di chi deve resistere poco e poi potrà fuggire, infatti sarei dovuto entrare in ferie giovedì 12c.m. e rientrare lunedì 23 c.m. così da smaltire un po' delle ferie arretrate che ho, e mai come in questo periodo ne avevo bisogno. L'organizzazione di questi giorni è partita a Luglio. Ho cercato di inserire cultura e relax. Visita a monumenti e città che non avevo visto, all'incontro con amici lontani, e per non oziare troppo pensavo di sistemare un po' di quelle pendenze burocratiche che mi trascino da un po' di tempo.
Lunedì il collega, insieme al responsabile dell'altro gruppo, partono per la Polonia, e mi lasciano a gestire i vari casini dell'ufficio. Sembra che tutti abbiano fretta. A sentire le richieste sembra che si debba consegnare tutto entro fine settimana anziché il 1° Gennaio. Comunque mi metto sotto, e riesco a controllare tutti i dati prima che la luna sia già troppo alta.
Il giorno seguente, mosso da non so quale spirito di efficienza invio un promemoria al grande capo per ricordare il mio piano ferie. Non so perchè ma qualcosa inizia a suonarmi male. Non ci voglio pensare e me ne vado a correre appena torno in residence. Sul tragitto trovo anche una ragazza che mi fa compagnia per metà del tragitto.
Fermi tutti!!!
La ragazza è sì carina, e sembra anche simpatica, ma dopo tre passi butta lì che è fidanzata, quindi tutti quelli che si sono illusi che avessi “beccato”, mi dispiace ma avete preso una cantonata. La cosa preoccupante è stata che non ci avevo neanche provato, e probabilmente non l'avrei neanche fatto, ma così è andata. Comunque il mio ego si prende una bella rivincita e torna a salire.
Mercoledì, sino alle 15:55 si può dire che sia euforico. Sono in anticipo spaventoso sul lavoro, tanto che in mattinata ho finito tutto ed ho anche il tempo per verificare orari di treni e musei. Ma alle 15:55 appare sulla barra bassa del pc il simbolo dell'arrivo di una mail. La mia mente per metà è alla partitella della sera, dove se sarò fortunato mi toglierò lo sfizio di far sentire un po' di gioco duro al capo del precedente progetto, mentre l'altra è già in giro per la Reggia di Venaria.
Apro la casella di posta e vedo che il mittente è il grande capo. Il mio collega autista, che fa parte dell'altro gruppo, si gira e mi guarda, ma io non ci faccio caso. Leggo. In breve il sommo conferma le ferie a lui e chiede a me di spostarle in altro periodo, o almeno di ridurle, visto che il collega del mio gruppo ha inserito due settimane di ferie proprio nello stesso periodo.
Ecco la discesa ripida. Un saluto alla Reggia, alla burocrazia, alla laurea di un amico, all'alzarsi con calma, al non dover mettere la cravatta e le scarpe nuove che un po' stringono. Riesco a difendere la settimana, grazie alle prenotazioni ed al fatto che non andavo solo, solo che dovrò preparare documento riepilogativo di tutto ciò che ho fatto, oltre che a piccolo manuale per la collega del gruppo, che non ha molta esperienza. Ok facciamo che al gioco duro magari ci mettiamo anche un po' di sana violenza.
Non vi preoccupate è stato solo un pensiero. Sono sempre uno sportivo vero, anche se a dire il vero un entrata al limite del regolamento sul excapo l'ho fatta, ma anche lui in quanto a gioco cattivo non scherza. E poi una grande prestazione non poteva essere macchiata da un gesto antisportivo. Per inciso abbiamo vinto ed io ho segnato anche l'ultimo goal.
Quindi giovedì mi sono dovuto beccare l'ufficio, con un'altra sessione fiume. Tanto che non ho fatto altro che lavorare.
Venerdì rientrano i polacchi ed io riesco ad avere, a fatica, le informazioni per finire il manuale ed aggiornare un paio di programmi. A sorpresa si presenta anche il grande capo, che però deve presenziare ad una serie di riunioni. Io avverto che alle 17 devo andar via perchè ho un treno da prendere. Sembra non interessi a nessuno. Quindi alle 17 me ne vado e non aspetto il rientro del grande capo, ma scopro che anche il collega è stato costretto a rivedere le sue ferie. E se devo essere sincero un po' mi fa piacere.
Ben venuto sulle montagne russe.
Nella prossima puntata si parlerà di...

07 settembre 2008

Torino - 27° puntata


Ben venuti al resoconto della ventisettesima puntata delle avventure di un consulente in trasferta a Torino...
Come incipit, ad essere sincero, non è proprio un gran che, ed ad essere sincero neanche la settimana appena trascorsa è stata un gran che, ma come si suol dire non si può avere sempre il meglio, a volte bisogna anche sapersi accontentare. Ma vediamo cosa c'è da ricordare di questi giorni passati:
Gli incidenti. Nei nostri tragitti verso e da Torino abbiamo incontrato varie situazioni di pericolo. La prima appena partiti. Uno di quegli incidenti alla radio, in cui l'unica cosa che sembra interessarti sono i chilometri di coda nella tua direzione, ed un piccolo senso di fastidio se l'intoppo è sulla tua strada. Non è proprio un pensiero edificante, ma ad essere onesto spesso è l'unico che ho quando sento certe notizie, il secondo, ora un po' più raro, è un leggero senso di paura nel pensare che possa essere coinvolto qualcuno che conosco.
Il secondo si paventa a noi appena entrati in Torino, come una scena di Real TV. Fermi al semaforo vediamo il motorino, ed il suo conducente cadere. A scendere ed a prestare soccorso siamo solo in due. Gli altri automobilisti prendono l'evento come l'ennesimo fastidio che rende il loro lunedì ancora più nero. Mi sincero subito che il ragazzo non si sia fatto male, mentre l'altro samaritano si preoccupa del motorino. La causa della caduta sembra una macchia d'olio. Il ragazzo è un po' scosso ma non si è fatto nulla. Un gomito ed un ginocchio sbucciati e nulla più. Le auto iniziano intanto il loro concerto di clacson. Spostato il motorino, e verificato che il ragazzo stava bene e che avesse chiamato qualcuno per aiutarlo, riparto con il collega alla volta dell'ufficio. Il suono dei clacson mi resta ancora un po' dentro come segno dell'imbarbarimento di questa nostra civiltà.
Al ritorno nella città che mi diede i natali vediamo una macchina in fiamme in un'area di sosta. Il mio collega si dispera, ma non per i possibili rischi, solo per non poter filmare l'evento. E con questo la mia speranza nel genere umano subisce un altro bel colpo.
Questa settimana potrebbe essere ricordata per la mia miglior prestazione sportiva, tre goal di cui l'ultimo di tacco tra l'applauso della folla che inneggiava il mio nome nella mia testa. Una prestazione maiuscola che ha talmente sconvolto ed umiliato il collega che mi giocava contro che non si è più ripreso dallo shock correndo subito dopo la fine della partita in camera a piangere. Ammetto che quasi tutti erano reduci da vacanze piene di ozi e vizzi e quindi la mia perfetta preparazione atletica mi ha fatto facilmente primeggiare.
Oppure potrebbe essere ricordata per la frase che ho sentito da una collega il cui tasso alcolico sembrava più un bisonte.
Sono giovane, e se queste cose non le faccio a questa età...e poi per invecchiare c'è sempre tempo!!!”.
Quindi per lei, ed i miei colleghi più giovani, è normale bere sino a stonarsi così tanto da non ricordare cosa hanno fatto, vomitare metà di quello che hanno ingerito, risvegliarsi il giorno dopo con enormi mal di testa, aliti da ricordare le fogne di Calcutta, e sguardi spenti come i falò sulla spiaggia all'alba.
Un collega di Torino mi ha detto che gli sarebbe piaciuto avere un ragazzo come me in compagnia, e quando gli ho chiesto se era per la mia simpatia, lui ha risposto che era per il fatto che sapevo quando fermarmi con il bere e che quindi poi ero in grado di riportare tutti a casa.
Che bel complimento.
Inizio a pensare di essere nato vecchio, e di non essere in grado di capire questa fauna.
Nella prossima puntata si parlerà di...

30 agosto 2008

Torino - 26° puntata


Ed ecco che anche la prima settimana, dopo il rientro, è passata. Non sto ed enunciare le solite frasi da rientro, tanto tutti le avete sentite e dette, quindi vediamo di non cadere negli stereotipi.
Per rendere la settimana di rientro più leggere, i primi due giorni ci hanno tagliato l'acqua calda in residence, quindi doccia fredda nel vero e proprio senso della parola. Lo so che molti la fanno così d'abitudine, ma l'anziano che scrive è abituato a fare la doccia a temperatura “pollo” anche con quaranta gradi all'ombra. C'è stato un momento che ho pensato di riscaldare l'acqua sui fornelli, ma mi mancava la Saratoga per riempire la doccia, per cui l'idea malsana successiva è stata quella di lavarsi con le salviette umidificate da viaggio, ma ho desistito ed ho affrontato il mio destino a testa alta, per evitare il primo impatto gelido. Questo è proprio il segno del decadimento umano, ahiahiahi.
La cosa positiva di questa settimana è che sono riuscito ad uscire sempre presto dall'ufficio, e con presto vuol dire solo mezz'ora dopo l'ora in cui dovrei uscire per contratto. Questo mi ha permesso addirittura di andare al parco per correre o solo per leggere un po' all'aria aperta, gustandomi ancora un po' di estate. Vista la quantità di gente al parco penso che questo pensiero deve essere balenato nelle menti di molti. I discorsi che si sentono sono tutti uguali: dove sei stato; com'è andata; fatto qualcosa di bello; quando rientri; ti sei abbronzato; mangiato bene; etc.etc. Il solito repertorio, con l'aggiunta del pettegolezzo da spiaggia, che inizia sempre con “Ma lo sai che...”, come quello da ufficio che accompagna il caffè nell'area relax o le camminate lungo i corridoi del posto di lavoro.
Questa settimana ho fatto anche una scoperta sconvolgente, quattro adulti si possono dimenticare dove hanno parcheggiato l'auto. A discolpa di questi neo moschettieri va detto che era lunedì di rientro, che comunque due brindisi sono stati fatti, oltre al fatto che anche a questo giro si è pagato di più il bere che il cibo, e non conta che ci si era persi anche all'andata, sono cose che possono capitare se ci si affida a due guide scout che senza navigatore non riuscirebbero ad arrivare neanche dal salotto al bagno. A pensarci bene moschettieri è proprio il giusto soprannome. C'è quello nobile amante di cibo e donne, Athos, quello mantenuto che affida le sue fortune al gioco, Porthos, quello tutto ufficio e chiesa (anche se il suo dio è fatto di Rum e Cola), Aramis. C'è anche la giovane serva della Regina, Costanza. Per fortuna che il Cardinale Richelieu ha avuto un attacco di dissenteria e non è dei nostri. Al locale che ha un nome che sarebbe piaciuto a Dumas padre, I TRE GALLI, incontriamo la Regina Anna con il suo servo ed il Duca di Buckingham. La serata piacevole rende più dolce il ritorno nella città dell'ultimo Re d'Italia.
La serata mondana può essere ricordata dal tasso alcolico raggiunto dai colleghi. A questo giro ho dovuto accompagnare per mano la collega all'auto mentre continuava a ripetere che tutto andava bene, che lei era a posto ed intanto persisteva a sbattere contro gli specchietti delle macchine parcheggiate, uno dei colleghi voleva per forza andare a dire ad un trans che sembrava un armadio quattro stagioni con le ante aperte che era brutto (le sue condizioni erano simili al Genio della Gambara ma in versione più kamikaze), mentre il terzo era poco più di un vegetale. Ad un certo punto mi sono sentito come alle colonie estive, solo che io non ero il bambino che giocava sulla spiaggia, ma l'educatore che doveva garantire la riconsegna dei pupi, possibilmente interi o non troppo ammaccati. L'ultima scena della serata è stata spostata alla mattina. Uno dei partecipanti alla serata danzante, possessore di valigia trolley con manico telescopico, ha cercato di stivare la valigia con quest'ultimo allungato e stupito non capiva come mai non entrasse nel bagagliaio, visto che all'andata c'era stato. Dopo due minuti di risate gli ho fatto notare il manico allungato più dell'attrezzo di lavoro del più famoso Rocco, e lui con la faccia stupita di chi ha fatto una grande scoperta ha accorciato di quel poco che bastava l'appiglio e mi ha ringraziato per la rilevazione.
Dal punto di vista lavorativo è stato fatto il passaggio di conoscenze alla manutenzione per quanto riguarda il vecchio progetto e si è iniziato a lavorare, se così si può dire sul nuovo. Questo lo scrivo per giustificare anche a voi, oltre che a me, il motivo per cui sono rientrato dalle ferie.
Nella prossima puntata si parlerà di...

24 agosto 2008

Ben Tornato


Ben tornato...eccomi di nuovo davanti alla tastiera a scrivere, ma per parlare di cosa.
Ecco, come già scritto in queste pagine potrei e vorrei raccontare delle cose che ho imparato in queste settimane che mi hanno visto scorrazzare per lo stivale italico.
La prima cosa, di sicuro, è non preparare le valige all'ultimo momento, e soprattutto di notte, va a finire che la tecnica rovescia il contenuto dei cassetti nella valigia ti fa portare un sacco di roba inutile, e ti fa dimenticare quelle cose che un minuto dopo il casello ti saranno indispensabili, o quasi (non credevo che un tagliaunghie mi sarebbe così mancato).
La seconda cosa è la differenza tra il sonno ristoratore e quello rilassante. Il primo è quello che ti fa chiudere gli occhi dopo una giornata di lavoro o dopo una delle tante attività estenuanti che si “devono” fare in FERIE/vacanze per divertirsi. Il secondo è quello che si fa per ozio, che ti prende mentre ti guardi in giro e vedi attorno a te i tuoi amici e la natura, quando sei circondato da ciò che lo spirito aveva bisogno. Quest'estate ho sfoggiato uno dei miei super poteri, quello di riuscire ad addormentare ovunque, addirittura in un parco acquatico in mezzo a ragazzini che corrono eccitati ed a genitori più o meno urlanti.
Ecco, i genitori al parco acquatico meritano due righe.
Le mamme super apprensive gridano ai figli di fare attenzione, di non correre, di non tuffarsi in quel modo, di stare fermi, di stare a sentire e via dicendo.
I padri, come dire, ho sentito uno consigliare al figliolo di due anni di buttarsi dallo scivolo di testa, ed un altro di prendere la rincorsa per andare giù più velocemente; infanti accompagnati, da chi dovrebbe essere responsabile della loro venuta al mondo, su scivoli solo per adulti, dove anche al sottoscritto sono tremate le gambe, soprattutto guardando giù dalla piattaforma e vedendo mamme sull'orlo di un infarto ad aspettare trenta metri più sotto il resto della famiglia che si lanciava da uno scivolo chiamato kamikaze.
La terza cosa, forse la migliore e la più artistica, sono i colori del tramonto. Avere il tempo e la giusta situazione mentale per poter ammirare i colori del cielo quando il sole va a scaldare terre lontane mi ha riempito l'anima. Questo immenso arcobaleno adagiato all'orizzonte, come a cercare riposo. Il solo guardarlo mi faceva sentire... non so, forse estasiato, anche se non credo che una sola parola possa racchiudere il coacervo di emozioni che spumeggiavano dentro me davanti a questo dono.
La quarta cosa, forse la più scontata, che gli amici, anche se sono lontani, e si ha poche occasioni per vederli e sentirli, hanno sempre la capacità di azzerare il tempo quando sono seduti davanti a te con un buon piatto, del buon vino ed un po' di vita da raccontare.
La quinta cosa, la prima imparata, che il modo migliore per conoscere bene qualcuno è viaggiarci insieme. Non so perchè ma il condividere il cammino, in senso letterale, ti permette di capire e vedere cose che da fermo si nascondono. Sarà la paura dell'avventura che abbassa i muri costruiti durante le ore di ufficio e la vita in città, lasciando le costruzioni del anima in bella mostra.
La sesta cosa, è un po' banale, è che se ti addormenti su una amaca, con la brezza che ti dondola, oppure su una barca con le onde che ti cantano la ninna nanna, poi non ti puoi lamentare, se la sera coricato nel letto tutto ballonzola.
La settima cosa, non mangiare mai con uno o più medici. La probabilità che vengano chiamati da pazienti poco pazienti, per un consulto telefonico o per un emergenza che il primario non può seguire perchè è in ferie, lui, mentre vi siete appena seduti in attesa che il desco si riempia di piatti ; oppure che inizino a parlare dei vari casi capitatigli è davvero alta. Se poi si ha la fortuna di conoscere gastroenterologhi e specializzati in malattie infettive, magari si corre anche il rischio che vi decantano i sintomi della cirrosi epatica mentre sorseggiate un buon chianti. La cena è servita.
Probabilmente l'elenco potrebbe essere anche più lungo, ma l'ottava cosa che dovrei aver imparato dovrebbe essere la sintesi, anche se non credo di averla capita ancora molto bene.
Per chi domani, come me riprenderà la via del lavoro, che dire: "non fa male, non fa male..."

08 agosto 2008

Torino - 25° puntata


Questa settimana, per mio sommo piacere (e spero si noti l’ironia), per forze di causa maggiore sono finito in un albergo nel piccolo paesino di Borgaro Torinese. Se pensate che ad Agosto la città è deserta, la periferia lo è anche di più. Partiamo con il dire che il ristorante dell’albergo è chiuso, quindi, come agli inizi devo cercare un rifugio dove rifocillarmi, solo che prima avevo l’imbarazzo della scelta, e le mie erano escursioni per testare l’abilità del cuoco, ora sono spedizioni in cerca di cibo e magari di un paio di chiacchiere. Se poi qualcuno si lamentasse che lavorare in città quando tutti sono in ferie è pesante, provate a lavorare in periferia. Giro turistico di tutta la città mi ha portato via una mezz’oretta, di cui dieci minuti passati tra la folla dei sette curiosi rimasti in paese a vedere l’intervento dei vigili del fuoco all’ultimo piano di una palazzina. Girando per le piccole viuzze e la grande statale ho scoperto che qui le agenzie viaggio crescono come la muffa sul formaggio, si vede che la gente cerca la fuga da questa cittadina dormitorio. Se i paesi di villeggiatura decuplicano la loro popolazione in questi mesi, qui restano i forzati, nel senso di quelli che non possono per un motivo o per un altro andar via, e visto il gran caldo non mettono neanche la testa fuori di casa.
Gli aerei che sorvolano in modo periodico il cielo che mi sovrasta mi fanno pensare solo a quando anch’io sarò molto probabilmente in coda con un paio di milioni di turisti sulle strade dell’estate, che in realtà sono trafficate tutto l’anno.
L’albergo si trova a pochi passi dalla “FABBRICA” dove lavoro in questo periodo, solo che si trova nella zona residenziale, una specie di area dormitorio ma molto più curata di quella del grande boom, con più verde e case meno caserme. Lungo il tragitto che mi porta in ufficio devo passare da un sottopasso ferroviario, e lì come per magia, passo dalla zona residenziale alla zona industriale di questa cittadina della cintura di Torino. Il sottopasso è una specie di portale magico che unisce due realtà totalmente differenti. La zona residenziale, con case basse, alberi, giardini e fontane, con quella industriale più grigia e fatiscente, in alcuni aspetti ricorda un quadro futurista.
Una nota la merita anche la camera. Innanzitutto partiamo con il dire che qui film osè non ne hanno girati sicuramente. Le dimensioni ricordano più quelle di una celletta di un convento. Per aprire le porte scorrevoli dell’armadio devo chiudere le porte del bagno e della camera, giusto per dare un’idea. In compenso ho un grande balcone, peccato che sia vuoto, e che dia proprio sull’ingresso dell’albergo. Quindi fruibilità zero, non avendo in camera neanche una sedia da portar fuori. Ogni giorno ti viene offerta una mela all’ingresso, giusto per farti capire che l’eden non è proprio lì. La televisione, ogni volta che l’accendi ti propone di comprare il pacchetto dorato di film di tutti i generi. Il collegamento ad internet poi ha un costo pari ad un pacchetto di azioni di un browser internazionale. Nell’elenco delle lamentele ci andrebbe anche l’interruttore della luce che fa un po’ quello che vuole lui, e siccome è per il risparmio energetico mi razionalizza la corrente. La popolazione che abita le camere è poi composta prevalentemente da uomini in trasferta, ed in fondo non credo proprio che qualcuno sano di mente possa venire qui a fare villeggiatura.
I giorni trascorrono a piccoli passi, cercando qualsiasi scusa per fare qualcosa di stimolante e cercare di dare al proprio encefalogramma una forma meno concava. Quasi tutti hanno la faccia scazzata in attesa che arrivi il momento di lasciare le sveglie spente e di regolare la propria vita su ciò che più gli piace, o gli deve piacere, mentre i pochi tristi sono quelli con le ferie già fatte ed il loro ricordo negli occhi oppure quelli che non riescono ancora a vedere i giorni senza rotture da parte del capo o di colleghi più stressati di te. Hanno avuto anche il coraggio di farmi pagare, ben due euro e mezzo la bottiglietta di acqua.
Ed anche l’ultimo giorno di lavoro arriva, peccato che l’auto abbia deciso di fare i capricci e di non volerne sapere di partire. Speriamo che con il sole si ricarichi anche lei.
Le ultime ore sembrano non passare mai, in questo ufficio deserto. Io sono qui ed aspetto che l’orologio faccia scattare le ore 16 per imbarcarmi nell’ennesimo viaggio della speranza che mi porterà da prima a Milano e poi in giro per l’Italia a trovare vecchi amici ed a sperare di farmene di nuovi.

Nella prossima puntata si parlerà di…