10 agosto 2014

Magie


Di nuovo sulla banchina della metropolitana meneghina ad aspettare. Ecco un nuovo inizio uguale al precedente ma con un'altra sceneggiatura. Ora non era solo, ma in compagnia di colei che aveva occupato in un sol colpo gli aridi territori del suo cuore facendone spuntare fiori e colori. Ora sapeva dove andare e con chi e non si sentiva più solo o smarrito.
Nei minuti che il tabellone dava di attesa iniziarono a parlare di come mai si trovassero lì. L'accento della Principessa tradiva origini esotiche di terre vulcaniche. L'eroe cercava di non sembrare troppo curioso o impiccione, mentre si sorprendeva di come fosse facile parlare con lei. I minuti di attesa indicati dal tabellone intanto scendevano a blocchi di mezzi minuti mentre un paio di ondate di ansia colpivano le pareti del cuore del nostro eroe.
La banchina nel frattempo si riempiva in ogni ordine di posto e grado come in un immenso teatro dove il pubblico si recava ad ammirare il passaggio del treno, perché alla fin fine “il treno è sempre il treno” che sia ultraveloce o metropolitano.
Arrivò anche il loro. Si posizionarono in modo da far scendere prima le persone sulle carrozze, come ripeteva da anni il messaggio registrato, per poi poter salire più agevolmente. Con loro salirono un altro centinaio di persone che andarono a saturare ogni spazio libero. I due si ritrovarono così vicini, come si possono trovare due ballerini di tango. Iniziarono così una danza fatta di accelerazione e frenate, intanto che la città scorreva sopra le loro teste che si riempivano di parole.
Arrivarono alla loro fermata, perché per il nostro eroe ormai tutto era da pensare per due. La fermata era quella che gli ricordava gli anni un po' confusi della scuola media, dove le domande superavano di gran lunga le risposte che riusciva a darsi sulla sua vita e sul suo futuro.
Ma questa è una storia che tornerà buona più avanti nella storia ora all'eroe interessa solo prolungare il cammino con la sua dolce Principessa.
Le porte del vagone si aprirono mentre una voce dall'alto annunciava il nome della fermata e la direzione del treno. Scesero con qualche difficoltà facendo lo slalom tra i vari passeggeri che si frapponevano tra loro e l'uscita. Per un attimo il nostro eroe perse di vista la bella Principessa, e quell'attimo gli sembrò portar via una buon parte della sua vita che la fortuna gli rese subito quando vide la Principessa attenderlo poco più avanti.
Lui l'aveva attesa per un intera vita, la sua, ed ora era lei che lo aspettava. Il cuore iniziò a battergli un po' più forte. Lei vedendolo gli sorrise. Se il nostro eroe non si era sbagliato anche lei era sollevata di averlo ritrovato.
Si incamminarono così verso la prima scalata fatta da 34 scalini che li avrebbe portati al livello del mezzanino. Da li, superati i tornelli avrebbero seguito le indicazioni per l'uscita corretta.
Una volta arrivati fuori anche di quella rampa di scale lui si sorprese.
Si sorprendeva sempre quando usciva dalla metropolitana. Gli sembrava sempre una magia quella che lo portava da una parte all'altra della città. Prima era lì ed ora qui. Prima era in una zona ed ora era in un altra. Da quando aveva preso per la prima volta la metropolitana questa cosa lo aveva sempre stupito. Gli aveva sempre fatto pensare che quel luogo racchiudesse un po' di magia. Ed ora un po' di quella magia gli stava regalando l'incontro della sua vita.

12 luglio 2014

Linee colorate


Si trovò in piedi senza sapere come avesse fatto.
L'istinto di sopravvivenza lo spingeva avanti, tra la folla che intasava i corridoi del metrò a quell'ora. Persone di tutti i tipi, provenienza, colore, credo politico o religioso ed orientamenti sessuali si incrociavano in una certa armonia ed uguaglianza sogno realizzato ma effimero del 3° articolo della costituzione.
Lui però in quel momento non pensava affatto ai padri costituenti ma alla bella Principessa che l'aveva riportato a galla. Doveva raggiungerla e trovare un modo per... almeno per parlarle e sentire la sua voce. Il suo cervello stava elaborando milioni di possibilità alla ricerca di una scusa per attaccare bottone senza sembrare troppo imbranato o spaventarla.
Ecco nell'era della comunicazione la cosa più difficile sembrava parlare con un altro essere umano. Con transistor e microchip sembrava tutto più facile ma quando ci si doveva confrontare con un proprio simile le cose non sapeva perché si complicavano. Ma bando alla filosofia, pensò. Doveva trovare una soluzione e la doveva trovare subito.
Il grande sceneggiatore della sua vita allora decise di svegliarsi dal suo torpore e regalargli una scena magari banale ma molto reale. La principessa infatti si fermò davanti ai tabelloni che rappresentavano in maniera schematica le linee della metropolitana. Questi serpentoni colorati e maculati, in cui ogni puntino ha un suo nome. Arterie variopinte che si dipanavano all'interno del corpo della città incrociandosi in maniera studiata nel suo centro per poi diramarsi verso le sue estremità.
Lei cercava di tradurre quelli che per lei erano poco più di geroglifici, o almeno questo sembrava dal suo sguardo. Il nostro super eroe allora si bloccò a pochi passi valutando quale fosse la mossa migliore da mettere in campo in quell'infinita partita a scacchi che qualcuno chiama vita.
Lei estrasse nel frattempo una di quelle cartine pieghevoli che mostrano il profilo della città vista dall'alto dando sfogo alla toponomastica ed ai colori. Intanto si guardava in giro cercando di individuare la stella polare che le indicasse dove fosse il nord.
Lui allora ingoio tutte le sue paure e remore ed avvicinandosi le chiese semplicemente se poteva essere di aiuto.
Lo sceneggiatore pensò che neanche questa volta avrebbe vinto qualche premio internazionale per questa trovata ma a lui forse interessavano altri riconoscimenti e tornò a scrivere sul libro del fato.
Lei lo guardò prima un po' stupita, poi cercò di soppesarlo ed infine con uno sguardo che racchiudeva tutti i colori dell'arcobaleno e della gratitudine gli indicò un punto della cartina rivolgendogli quelle che sarebbero state le prime parole che lui incise nel suo cuore:” Grazie, dovrei andare in zona San Siro”. Assaporò il tono della sua voce che trasportava un che di allegro.
Conosceva bene la zona e come raggiungerla. Tutti gli anni da tesserato della squadra cittadina a qualcosa erano serviti oltre a fargli spargere alternativamente lacrime di gioia e di tristezza. Trovò anche il tempo per ringraziare lo scriba che era addetto alla storia della sua vita (lo sceneggiatore allora si concessa di gongolare per alcuni istanti).
Lui le mostrò le varie possibilità, aggiungendo anche qualche indicazione turistica ed il colpo che sperava decisivo: “ anch'io vado da quelle parte. Se vuoi possiamo fare un pezzo di strada insieme”.
Il pezzo che aveva in mente il nostro super eroe andava da lì fino alla fine del tempo, ma questo la principessa lo ignorava, forse.
Lei sorrise e pronunciando i ringraziamenti del caso feci sì con la testa.
Così si incamminarono verso la banchina da cui sarebbe partito il treno che li avrebbe condotti verso quello che lui sapeva essere il viaggio più importante della sua vita.

20 aprile 2014

Vuoto e Pieno



Era confuso, molto confuso.
Cosa stava succedendo?
Le gambe a malapena lo sorreggevano, ed a dire il vero neanche il resto del corpo era di grande aiuto, così si era ritrovato seduto su una di quelle gelide panchine del metro. Faceva fatica a respirare. Più cercava di inspirare e meno aria entrava nei suoi polmoni. Tutti i pensieri erano ovattati. Aveva la netta sensazione che il suo cervello stesse galleggiando in pessime acque e non si scorgeva nessuna nave all’orizzonte che potesse salvarlo.
Cercava di focalizzare le sue idee, ma non ne aveva. Le lenti di Archimede in questo caso non potevano far un gran che. Non si poteva concentrare il vuoto della sua mente, né dentro se stesso né al di fuori.
Si sarebbe detto in stato catatonico, con le poche funzioni vitali ancora attive ma non era così.
Una piccola parte del suo essere era cosciente del suo stato, solo che non riusciva a trovare la chiave di volta per uscirne. Il suo istinto di sopravvivenza era l’unica parte del suo essere che lo teneva ancora legato alla realtà. Al presente. All’adesso.
Cosa doveva fare? Neanche a questa domanda riusciva rispondere, anzi non riusciva neanche a porsela.
Un naufrago ad un passo dalla disperazione o forse dalla pazzia. Così si sentiva.
Intanto il mondo intorno a lui continuava a girare come se nulla fosse.
I treni passavano, le persone scendevano, altre salivano. I vari annunci si susseguivano, come il chiacchiericcio di fondo dei passeggeri di passaggio. Lui rimaneva intanto immobile, per non sprecare le poche energie che sentiva ancora scorrergli dentro, a scrutare i possibili segnali di una squadra di salvataggio.
Come capita in molti racconti di disastri, ecco che l’eroe si salva per una serie di coincidenze fortuite. In questo caso la coincidenza era stata l’incrocio di sguardi tra lui ed una favolosa principessa, titolo nobiliare assegnato direttamente dall’eroe quando aveva sentito il primo battito di ali di farfalla nel suo stomaco.
E dire che pensava di diventare vegetariano.
La principessa gli passò accanto e prosegui. 
Fu tutto velocissimo.
D'un tratto tutto il suo corpo ricominciò a funzionare. Tutto era tornato in ordine. 
Ma non come era prima.
Meglio.
Le gambe sembravano più reattiva. L’aria profumata. I pensieri si formulavano alla velocità della luce. Capiva tutto, anche quello che gli era rimasto oscuro per tanti anni.
Si sentiva più di un eroe.
Si sentiva un super eroe.

30 marzo 2014

Mancanza


Sono seduto su una delle panchine della fermata del metrò della città che mi ospita. La primavera qui è arrivata solo sul calendario. L'area è fredda come alcuni degli indigeni del luogo. A volte penso che il capitano dei surgelati abbia anche lui residenza qui. Intanto che aspetto l'arrivo del mio treno sento il freddo della giornata che dalla lastra di marmo della seduta della panchina, attraverso la stoffa dei miei pantaloni risalga dalle terga su per la spina dorsale fino alle 7 vertebre cervicali che a fatica sorreggono il capo che sento sempre più pesante con il passare del tempo ed entrare direttamente dentro la mia anima. Il vento gelido che si intrufola nel colletto della giacca poi arriva a dar man forte all'attacco terrestre, tanto che vengo attraversato da un onda di brividi che mi fanno accapponare la pelle.
Alzo il bavero della giacca e provo a stringermela addosso per farla aderire il più possibile e non lasciare parti scoperte ed indifese. Cerco di trattenere tutto il calore prodotto in maniera da auto-sostenermi. Incrocio le braccia sul petto e con un gesto poco elegante infilo le mani sotto le ascelle. Ah finalmente un po' di calore.
La sensazione dura poco perché l'ennesima folata di area gelida preannuncia l'arrivo del treno prima ancora che questo esca dalla galleria.
La metropolitana arriva dopo pochi secondi. Aspetto sino all'ultimo per salire. Mi sento tutto intorpidito ed ho paura di frantumarmi mentre mi muovo verso le porte del convoglio. Non voglio disperdere quel poco di tepore che avevo iniziato ad assaporare. A quest'ora c'è pochissima gente sulla carrozza, e per la prima volta rimpiango l'ora di punta con tutta quella gente che affolla le banchine ed i treni. Mi manca l'effetto stalla che tanto viene rappresentato nei presepi nel periodo natalizio e che ora tornerebbe davvero utile.
Mi manca anche il contatto umano, obbligato dalla mancanza di spazio, con questi estranei. A volte è anche l'unico contatto fisico che ho con un'altra persona nell'arco dell'intera giornata. Mi siedo ed aspetto che le porte si chiudano ed il treno parta. Il mio viaggio ha inizio e finirà dopo 14 fermate. In questo tragitto incrocio pochissimi passeggeri e quasi tutti stranieri. Mi soffermo a guardare un ragazzo di colore con una capigliatura afro che si è seduto difronte a me. Non avrà ancora diciott'anni penso. Porta scarpe da ginnastica bianche con lacci verde fluo. I jeans finto usati fanno da sostegno ad un piumino arancione che lo fa assomigliare ad un naufrago su un gommone in attesa di aiuto. Chi sa se è arrivato in questo paese proprio così. Penso che se io ho freddo chi sa lui che deve essere abituato a climi ben più caldi. Di colpo si diffonde la voce di uno dei rapper che tanto vanno di moda ora tra i giovani. Il ragazzo estrae dalla tasca uno smartphone con una cover che ricorda la bandiera rastafariana e risponde al telefono. Stupito sento che l'accento non ha nulla di esotico ma è uno di quelli tipici di una delle città “operose” del nord est della nazione.
Non ho ancora metabolizzato del tutto che ormai siamo una nazione multietnica. Lo stupore viene sostituito quasi subito da un po' di vergogna per questa mentalità legata a stereotipi arcaici che non vorrei avere, e dal piacere di riscontrare come la vita a volte se ne frega degli stereotipi e delle parole di alcuni personaggi che aizzano all'odio razziale e va avanti lo stesso.
Cerco di non ascoltare la telefonata anche se qualche parola si intreufola nei miei pensieri. Come studiare, compiti e la parola che mi si stampa in mente. MI MANCHI.
Arriva la mia fermata, ma faccio fatica a metterla subito a fuoco. La mia mente si è di colpo ingolfata a sentire quelle parole.
Per fortuna che la parte razionale della mia mente riesce a prendere per un attimo il controllo e con un balzo sono fuori mentre le porte si richiudono alle mie spalle.
Vedo il treno partire con il ragazzo ancora al telefono e mi chiedo a chi avrà detto quelle parole, le stesse che io ho pronunciato qualche ora prima.
Al telefono.
Ad una persona che mi manca.

19 marzo 2014

Grazie per lo sciopero


Grazie per lo sciopero.
Eh si caro Lettore, sono qui a ringraziare per lo sciopero dei mezzi pubblici di oggi. La mia non è ironia e non voglio entrare nel merito che ha portato un intero mondo a scioperare. Il mio grazie è dovuto al fatto che il ridotto orario dei mezzi mi ha permesso di uscire prima dall'ufficio. Arrivare ad un orario umano al parcheggio dove lascio solitamente la macchina. Partire e fermarmi quasi subito. Un mega serpentone di auto che si muove più come una lumaca ha cercato di fagocitarmi. Vedo un piccolo parco alla mia destra ed un parcheggio.
Mi fermo.
Prendo il libro che mi fa compagnia nei viaggi in metropolitana e vado alla ricerca di una panchina su cui sedermi.
Il parco è tutto transennato, ma mamme, nonni, papà e bambini sono comunque lì a giocare e chiacchierare. Sulle transenne e sugli alberi ci sono vari messaggi.
Scopro così che gli abitanti della zona hanno trovato un modo civilissimo per protestare su alcuni lavori (Via d'Acqua), che anch'io trovo del tutto inutili. In quei messaggi ci sono poesie ed aforismi, o solo piccoli pensieri per difendere questo piccolo parco che rischia di essere chiuso per EXPO2015, come riporta uno degli striscioni.
Trovo una anchina e mi siedo. Apro il mio libro ed inizio a leggere. Intanto in lontananza sento il rumore del traffico ed il serpentone crescere. Leggo ed ogni tanto do un'occhiata alla situazione viabilistica. Tutto fermo.
Arrivo così alla fine del libro che il sole ormai è prossimo a finire il suo turno. Ritorno alla macchina. Il traffico sta diminuendo ma è ancora troppo per i miei gusti.
Salgo in macchina e decido di riposarmi un po' pensando ai giorni appena trascorsi ed a quelli che verranno.
Magicamente di colpo il traffico non c'è più.
Decido di partire e di fare un paio di commissioni prima di tornare a casa, così da ridurre ancora l'indice traffico e prendere un paio di regalini al mio papà. Perché sciopero o no, traffico o no un pensierino al babbo non potevo dimenticarmelo.
E tutto questo è stato possibile grazie allo sciopero che mi ha regalato un paio di ore per me, solo per me.
Grazie.

13 febbraio 2014

Roberto Freak Antoni

Caro Lettore,
  ci sono mattine in cui il mondo cerca di darti segnali ma che riesci a capire solo a posteriori.
Oggi mentre venivo in ufficio, ho incrociato un carro funebre vuoto. Istintivamente mi è venuto da fare la serie di scongiuri rituali.
Ammetto che una parte di me se n’è vergognata ma l’inconscio in quel momento ha preso il sopravvento. 
Un minuto dopo l’autoradio da la notizia della dipartita di Roberto “Freak” Antoni.
Venivano citate nella trasmissione alcune sue battute o stralci di canzone.
Quelle parole mi hanno riportato indietro ad un’epoca felice. In cui ero meno disincantato e pensavo davvero che l’intelligenza potesse garantirmi una felice esistenza…
Ok, non voglio scrivere un coccodrillo, ma lasciare solo un saluto, un saluto suo:

“Fai bene ad andartene. Anch’io, se potessi, mi lascerei”.
Buon viaggio.

08 febbraio 2014

Parole, soltanto parole


Caro Lettore come stai?
Ormai mi è sempre più difficile riuscire a scrivere con una certa continuità. La vita ed il lavoro mi rapiscono e mi lasciano poco tempo per mettermi nuovamente davanti ad un pc e scrivere, ma ti assicuro che durante il giorno mi ritrovo a pensare al post che potrei scrivere, spaziando dai personaggi strani che incontro nella città; della mia continua lotta contro gli Utonti; degli sfoghi terapeutici; degli eventi mondani più o meno degni di note; dei pensieri da runner di ritorno, con tanto di pancetta; degli stati d'animo condizionati dal tempo e da ciò che mi circonda; di possibili nuove storie da raccontare in questo spazio, per dare vita a nuovi personaggi... Ecco. Tante cose per la testa e poche parole da incanalare nel flusso creativo. Ma tutto questo non mi ha fatto dimenticare che da qualche parte, ogni tanto possa passare qualcuno da queste pagine e cercare qualcosa, magari uno spunto di riflessione, un conforto (“ è proprio vero, anche a me succedono le stesse cose”) in momenti un po' bui, un idea o solamente per caso o curiosità. Sono forse ora più attento a quello che scrivo, o solo pigro e distratto. In fin dei conti non si dice che la vita è fatta di momenti e periodi... forse questo è un periodo così dove occorre fare delle scelte e ponderare un po' di più le cose, perché il tempo è passato dall'apertura di questo blog, ed io come il mondo che ci circonda sono cambiato e sto ancora cercando di cambiare, perché come canta Jovanotti “se non avessi voluto cambiare oggi sarei allo stato minerale”.
Magari piccoli cambiamenti, che in una versione adattata dei principi Darwiniani di adattamento mi permettano non solo di andare avanti, ma anche di andarci nel miglior modo possibile, senza dimenticare la mia storia. Un anello che cerca di abbracciare ieri e domani con non poche difficoltà, ma anche con qualche bella soddisfazione. Ed in questa mia mania di citare testi di canzoni (vedi titolo del post) in maniera magari “populista e poco originale” ecco che prendo in prestito le parole di un poeta che molti chiamano solo cantautore: “un guerriero senza patria e senza spada con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro” (di P. A. Bertoli).
Come già scritto in questo blog a volte ti scervelli per trovare le parole per esprimere un idea o una sensazione e scopri che qualcuno lo ha già fatto e lo ha fatto in modo perfetto.
Ora ti lascio perché alcuni impegni (pulizia della casa) reclamano la mia presenza (anche gli aspirapolvere a volte si sentono soli ed hanno bisogno di un gesto e di una mano che li guidi).
Buona vita.

01 gennaio 2014

Questionario 2013


Caro Lettore,
anche il 2013 è trascorso tra elezioni e forconi. Sono sopravvissuto alle vicissitudini lavorative, alla vita da single con appoggio bamboccione a casa dei miei, al traffico cittadino ed al ritorno a correre. Ed eccomi qui davanti al pc, come ormai è consuetudine, a ricompilare questo questionario, "influenzato" anche lui degli ultimi giorni che hanno dipinto di grigio il mio cielo.
Ora, caro Lettore, ti lascio alla lettura di questo post augurandoti un 2014 sereno e felice ma soprattutto con qualcuno con cui condividerlo.

1.ANNO APPENA TRASCORSO: 2013.
2.BEL RICORDO: Una bolla di sapone ricca di mille colori.
3.BRUTTO RICORDO: La bolla che scoppia lasciando un brutto alone.
4.POSTI VISTI: In fuga dalla città per cercare un Medioevo dal gusto epico.
5.PROFUMO: Quello che ha riempito il piano dopo una pausa pranzo molto etnica.
6.GUSTO: Il gusto amaro della rabbia.
7.TATTO: Una carezza data.
8.VISTA: Persa in sinuose curve che tortuosamente mi han sempre riportato al punto di partenza.
9.UDITO: Un assordante silenzio.
10.INCONTRO: Forse troppi ma mai quello giusto.
11.CAMBIAMENTO: è cresciuta la barba, anche se ora è più ordinata.
12.RAMMARICO: Non sapere come sarebbe potuta andare a finire se il telefono avesse squillato.
13.DISPIACERE: Accorgersi che a forza di esser andati avanti ci si ritrova dove si è partiti.
14.LETTO: Poco e digitale.
15.SPAVENTO: Pioggia, troppa pioggia.
16.GIOIA: Quelle date dai nipoti il più grande che tifa allo stadio mangiandosi un panino, proprio come me alla sua età, mentre il più piccola che mi accoglie ogni volta con un saluto a modo suo.
17.AUTOMOBILE: Sempre la stessa anche se quest’anno forse ha preso un po’ troppo freddo ed intemperie. Scusa.
18.LAVORO: Tasto un po' dolente, soprattutto in questo periodo, ma con la speranza che domani possa migliorare.
19.PENSIERO RICORRENTE: Perché? E non citare il solito film... (“La verità è che non gli piaci abbastanza”)
20.EVENTO: Un amico che torna a casa per una sua “personale”, facendo di me un piccolo mecenate.
21.CONTINUITÀ: Ed anche quest’anno sono stato eletto (incastrato) a fare il consigliere di scala, proprio come l’anno scorso.
22.SPACCATURA: Incredibile ma vero, quest’anno non sono stato invitato a nessun matrimonio.
23.VIAGGIO: Quello rimandato anche quest’anno.
24.LIBRO: “Il vangelo secondo Biff” di C. Moore. Per pensare che tutti siamo stati giovani.
25.FILM: Vodka Lemon. Film visto con 10 anni di ritardo, ma forse questo lo ha reso, o meglio mi ha reso adatto alla visione.
26.CANZONE: degli Après la Classe - La luna cadrà
27.SPORT: Kart, che mi ha visto vincere un bellissimo ebook reader anche se ho tagliato per ultimo il traguardo.
28.RADIO: il mio orologio biologico durante le ore estreme della giornata
29.MOTTO: CHI CHIAGN' FOTT' A CHI RIR'
30.PROPOSITO: Cercare di arrivare in tempo alla fine di un lungo cammino, correndo.