Il Maestro Ogu si accordò con il Capitano Gedio per far
venire presso la sua capanna ogni mattina, il Maestro avrebbe impartito le sue
lezioni al ragazzo. Il Capitano, leggermente imbarazzato, disse balbettando un
po’ che ovviamente le lezioni sarebbero state pagate. Il Maestro lo interruppe
prima che la parola soldo o moneta spuntasse dalla bocca del Capitano. Le sue
lezioni le avrebbe pagate direttamente il giovane Alopo aiutando il Maestro
nelle sue attività. Il Maestro si rivolse nuovamente al ragazzo e rivolgendosi
chiedendogli se era d’accordo e pronto ad affrontare quella che sarebbe stata
la prima vera avventura della sua giovane vita.
Il Capitano si girò e vedendo la titubanza del figlio
cercò di sostenerlo con lo sguardo perché aveva capito che quella era la prima
lezione che il ragazzo doveva affrontare.
Alopo guardò da prima suo padre, lo sguardo paterno lo
rincuorò e cercando di non far vedere la paura e l’imbarazzo che lo pervadevano
si rivolse al Maestro, dando però prima
uno sguardo fuggevole anche al bastone nodoso appoggiato alla parete. Alopo
disse: Maestro sono pronto, deglutì faticosamente e continuò affermando che
avrebbe fatto del suo meglio.
Il Maestro batte fragorosamente la mano sul tavolo, tanto
che i suoi due ospiti sobbalzarono, e con un gran sorriso disse che accettava l’incarico
e che il ragazzo si sarebbe dovuto presentare il giorno successivo presso la
sua capanna. Il Capitano, ripresosi dallo spavento, iniziò a ringraziare il Maestro,
mentre il giovane virgulto che lo accompagnava era ancora un po’ stupito. Il Maestro
lo incuriosiva e lo terrorizzava allo stesso tempo. Avrebbe voluto sapere tutto
di lui ma aveva anche paura di quello che avrebbe potuto scoprire.
Il Capitano strinse vigorosamente la mano al Maestro
continuando a ringraziarlo. Il Maestro Ogu porse poi la mano al ragazzo per
stringere in questo modo un patto diretto tra i due. Alopo, interrogando con lo
sguardo il padre, non sapeva cosa fare; era la prima volta che veniva trattato
come un adulto e non ne era abituato. Non sapeva se poteva stringere quella
mano che poco prima gli aveva tolto il respiro ed almeno sette battiti del suo
piccolo cuore. Il Capitano fece un cenno di consenso e di incitazione verso il
suo giovane erede, ed allora il ragazzino allungò la mano in direzione di
quella del Maestro che la fece scomparire all’interno del suo palmo. In quel
momento il ragazzo vide quanto quella mano era grande. Anche il Maestro ora gli
sembrava molto grande, anzi grandissimo mentre lui si sentiva piccolo ed
inadeguato. Alzò quindi gli occhi verso il volto di quell’uomo che stringeva in
maniera forte, ma senza fargli male, quel suo piccolo arto. Anche la faccia ora
gli sembrava più grande, gli ricordava le maschere che indossavano alcuni
contadini nelle ricorrenze in cui ci si rivolgeva agli spiriti, sacri e
profani, per chiedere protezione e buona
sorte. Ma a differenza di quelle maschere lo sguardo del Maestro era più
penetrante, tanto che credette che il Maestro Ogu, con una specie di sortilegio
gli stesse guardando dentro e stesse scoprendo tutto di lui, segreti compresi. Che
insomma gli stesse leggendo cuore ed anima.
Il Maestro lasciò la stretta ed il ragazzo rimase un
attimo bloccato con la mano per aria, come una statua di sale, con lo sguardo
fisso e perduto dietro a chi sa quale pensiero, prima di riscuotersi e sentirsi di nuovo in
possesso del suo corpo e delle sue facoltà.
Il Capitano Gedio, rivolgendosi ad Alopo, gli disse che
poteva tornare a casa e dire a sua madre che lui si sarebbe fermato a parlare ancora
un po’ con il Maestro di alcune incombenze e che sarebbe rientrato per l’ora di
pranzo. Si raccomandò anche di non fermarsi a perdere tempo sulla strada.
Il ragazzo partì alla volta del sentiero quando sentì
qualcosa trattenerlo. Era la mano del padre che lo bloccava. Alopo si girò a
guardare il padre incredulo mentre questo gli assestava un bel ceffone. Il ragazzo,
cercando di trattenere le lacrime mentre si massaggiava la gota arrossita dal
colpo, non capiva il perché di quella punizione, in fin dei conti non aveva
fatto nulla. Stava andando, come il padre gli aveva comandato verso casa.
Il Capitano, leggermente adirato ma con voce ferma, gli
ricordò che era buona creanza salutare prima di andar via. Il ragazzo allora
rivolse i suoi saluti al Maestro Ogu ed al padre e poi si allontanò.
Il Capitano chiese poi scusa per quel comportamento
increscioso del figlio. Il maestro Ogu, in maniera benevola dando una pacca
sulla spalla del Capitano, gli disse di non preoccuparsi che i ragazzi sono
così.
I due iniziarono così a parlare di alcuni problemi che
attanagliavano la città e per cui il Capitano Gedio chiedeva aiuto al Maestro
Ogu.