Questo post ha avuto una gestazione strana. L’ho buttato giù di getto quando ho sentito la notizia, ma poi non sono riuscito a postarlo perché ho un ricordo particolare di quel periodo. Ho dovuto far decantare le onde che si infrangevano nei miei ricordi fino a quando è tornata un po’ di bonaccia ed ho trovato la voglia e forse non solo di mettere giù queste parole.
Sono passati degli anni da quando Lance Armstrong (Forte
Braccio) indossava per la settima volta consecutiva la maglia gialla sugli
Champs Elysee.
Quel giorno tutti parlavano delle tante battaglie
affrontate, delle scalate, delle cronometro, dei compagni di squadra, del modo
di correre… ed anche allora si ricordava come Lance Armstrong avesse più di
tutti battuto la malattia e di come fosse diventato un icona di speranza di chi
come lui era stato attaccato dalla malattia. Qualcuno già all’epoca metteva in
dubbio le sue vittorie dicendo che non fossero del tutto pulite.
Ricordo bene che in uno dei suoi primi Tours venne
accusato di doping perché assumeva medicinali che per lui erano salvavita. Molti dicevano che non era possibile che Lance
fosse diventato di colpo così forte, che dominasse così facilmente una delle corse
a tappe più famose e dure al mondo. Soprattutto dopo aver avuto una malattia
così debilitante.
Quasi tutti dimenticavano che un giovane Lance, nel 1993,
aveva vinto uno dei mondiali in linea più duri che si ricordi. Si correva nella
capitale Norvegese. In quel mondiale apparivano per la prima volta due nomi che
avrebbero segnato la Grande Bucle: Lance ed un dilettante tedesco di nome Ian
Ullrich.
In Italia i nomi che si rincorrevano erano quelli di
Chiappucci, Chioccioli, Bugno, Cipollini, Fondriest e da li a poco sarebbe nata
la stella di Pantani. Non c’erano solo gl’italiani, Uno spagnolo da li a poco
si sarebbe imposto sulla ribalta delle due ruote: Miguel Indurain Larraya. Lui
e le sue imprese che si sarebbero dette irraggiungibili. Sono certo di essermi
dimenticato molti dei nomi di corridori che in quegli anni hanno vinto e fatto
imprese straordinarie e per questo me ne scuso ma la memoria è strana e fa
associazioni strane.
Come vedete il ciclismo ha sempre avuto degli eroi da venerare
e dimenticare per poi magari riscoprirli anni dopo. Ma torniamo a parlare del
corridore a stelle e strisce.
Della storia di Lance corridore ci sono tante cose da
dire. Il suo ricordo di Casertelli e la dedica della sua vittoria alla crono
con dedica al compagno di squadra così sfortunato.
La rabbia con cui scalava le impervie salite del Tour o
la voracità con cui divorava la strada durante le cronometro. C’era della
cattiveria nel suo modo di correre, tanto che molti corridori non lo vedevano
di buon occhio, mentre i tifosi l’osannavano come “eroe”.
Metteva nel correre la stessa determinazione con cui
immagino avesse affrontato la malattia. Se era riuscito a sconfiggere quel male
oscuro nessuno lo poteva battere. E questo lo doveva a se stesso e ma anche a
chi come lui stava affrontando lo stesso calvario. Era un simbolo di speranza.
Come puoi capire caro Lettore non è stato facile leggere
le accuse a “Forte Braccio”. Di come le accuse arrivavano da tutte le parti,
dei 7 Tour tolti e non riassegnati…
Lui era riuscito dove il povero Andrea Fortunato non era
riuscito.
In molti vedevano nelle sue pedalate la speranza di
sconfiggere la malattia… non solo i malati guardavano a lui con speranza ma
anche i parenti e gli amici delle persone che venivano colpite da questo male
oscuro. Un salvagente per non affogare nel buio della disperazione.
Ecco perché non è facile.
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