16 novembre 2008
Torino - 36° puntata
Un altro post di trasferta. Il primo con i colleghi lontani. Ora a Torino siamo rimasti solo in due, ma non ci penso. Per ora questa mancanza non si sente.
Trentaseiesima settimana. se avessi contato anche le settimane di ferie ora sarebbe l'ora di sfornare un pupo... e qualche collega ha preso in parole la cosa e domenica sera ha dato alla luce il suo bel bambino. Questo dovrebbe essere auspicio di una buona settimana, o almeno ricordo le mie nonne che dicevano sempre che l'arrivo di un bimbo sistema le cose, e devo dire che ci ho sperato davvero, soprattutto quando ci hanno chiesto di concentrare il lavoro di tre settimane in tre giorni, per poter effettuare delle attività che da martedì non avrebbero avuto più senso, e quindi non fatturabili. In questi casi l'unica cosa che si può fare è lamentarsi a bassa voce e caricare i dati. Questo almeno è quello che ho cercato di fare, perchè il bassa voce non è proprio nelle mie corde.
Ma basta. Non voglio più parlare di lavoro ma di altro che è successo questa settimana.
La prima cosa può sembrare strana, ma era una cosa di così evidente che me ne sono accorto solo giovedì sera. Partiamo dall'inizio.
L'ennesima giornata di super lavoro, ma non volevo che finisse con il mesto ritorno in camera, lo scongelare qualche cosa, un po' di tv e il classico addormentarsi dopo cinque minuti. Quindi decido di farmi una passeggiata rilassante per rientrare durante la quale cerco di sentire un po' di amici. Organizzo anche una breve uscita post cena. L'idea di mettermi ai fornelli, soprattutto con i pochi ingredienti a mia disposizione, mi fa preferire un bel piatto arabo. Ed eccomi nuovamente dal kebabbaro vicino a “casa” a mangiare il panino con tutto ed a guardare l'anticipo di campionato commentato in arabo. Capisco ben poco di quello che dice il telecronista, ma quel poco sono tutte le formazioni della Juve in cui ha militato Del Piero. Ogni volta che il capitano della vecchia signora tocca il pallone ecco partire un elenco di nome di giocatori. Se c'è un'azione pericolosa eccolo imitare i versi dei commentatori sudamericani. E mentre sento questi suoni riesco anche a dimenticare il grigiore dei giorni passati e vedere i colori caldi nascere dentro di me (forse è il piccante del panino).
La serata non è nulla di epico, solo quattro chiacchiere in giro per la zona di Porta Nuova, ma tornato indietro mentre saluto chi mi ha fatto compagnia mi accorgo del cielo. Eh sì. Alzo gli occhi in alto è vedo una gran pozione della volta celeste e mi rendo conto che fino ad oggi non mi ero mai accorto che potevo vedere così tanto spazio, che gli occhi potessero scrutare per un'area così vasta. Ormai nelle città, tra case sempre più alte ed inquinamento luminoso, vita sempre più terrena e meno filosofica, quasi non si riesce più a guardare ciò che dalla notte dei tempi rapiva i pensieri dei nostri avi. Un pensiero banale che mi colpisce e mi riprometto di godere più spesso di questi momenti di osservazione e riflessione.
L'evento sportivo è un'integrazione della settimana trascorsa in Piemonte. Tornato venerdì sera a Milano per presenziare ad una festa di laurea tanto attesa dal festeggiato, l'amico con cui sono andato mi dice che ha un biglietto in più per la partita amichevole che la nazionale di rugby giocherà l'indomani a Torino. Ci penso un attimo e gli dico ok. Così sabato mattina mi ritrovo a percorrere la strada verso la prima capitale in compagnia di tutti i colleghi del Genio. Vengo eletto sherpa del gruppo e messo in competizione con il tomtom per arrivare allo stadio. Incredibile ma vero, a questo giro il super potere di perdermi non funziona e batto lo scout tecnologico 2 a 0, sia all'andata che al ritorno.
Lettore, se hai la possibilità di vedere una partita di rugby in compagnia di qualcuno che un po' conosce le regole, vacci di corsa. I tifosi di rugby sono totalmente diversi da quelli del calcio. Sono meno isterici e più sportivi. Qui messaggi di rispetto dell'avversario non servono perchè il rispetto è alla basa di questo sport. I tanti bambini sugli spalti sono cose che difficilmente si vedono quando in campo ci sono ventidue giocatori che corrono dietro ad un pallone rotondo. Appena qualcuno cerca di fischiare un avversario viene zittito da chi gli è affianco. Non si sentono cori contro ma solo a favore. Si applaudono le belle azioni di entrambe le compagini, ed anche se in campo i giocatori non si sono mai tirati in dietro, e qualche colpo duro è volato, con il terzo tempo tutto finisce, ci si stringe la mano e ci si da pacche amichevoli. Si riconosce la vittoria del più forte, perchè qui la palla non è rotonda ed a vincere è sempre il più forte. E tutto finisce lì.
E forse è ora che finisca anche questo post.
Nella prossima puntata si parlerà di...
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