Settembre è finito. Un settembre strano pieno di alti e bassi. Con molta pioggia quando non serviva e con molto caldo quando non era il caso. Una cosa però gli va concessa: mi ha riportato a guardare il cielo, di giorno e di notte, per vedere come un novello Giulio Cesare il mio destino volare sulle ali di uno stormo di uccelli.
Mentre il mese del ritorno a scuola spendeva le sue ultime ore io ho alzato gli occhi al cielo ed ho visto una luna che piano piano si fa piena come il ventre di una futura madre, ed una stella che le fa compagnia. Il cielo era scuro, buio, nero.
Un momento di riscoperta del mondo intorno a me, quel mondo fatto di alberi, montagne, prati, laghetti, anatre e cicogne, spiagge e conchiglie, onde e vento, aria e farfalle, flora e fauna. E subito dopo pensare alla vita giornaliera, fatta di ufficio di telefonate da fare ed altre da aspettare come il Natale, viaggi in carrozze che hanno poco a che fare con quelle che solcavano i sentieri del Far West o si aggiravano nelle città ottocentesche, o forse mi sbaglio visto che l’odore che sento mi ricorda qualche quadrupede.
Giorni passati come granelli di sabbia in una clessidra, uno alla volta, uno dopo l’altro, tutti in fila, ordinati per forza.
Un altro post pieno di parole ad essiccare al sole come i podorini prima di fare un tuffo nel vasetto della conserva.
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