18 dicembre 2011

Mi scusi dov'è la maionese?

Era seduto in macchina. Il lampione illuminava appena l'abitacolo. L'area calda che usciva dai vari bocchettoni presenti nell'auto non riuscivano a togliere il freddo che sentiva corrergli sulla schiena.
Aveva paura. Non riusciva a ricordarsi cosa era successo e cosa gli stava succedendo, e questo per lui che amava tenere tutto sotto controllo era impensabile.
Stringeva il volante tra le mani così forte che le nocche gli diventarono bianche.
Se ne accorse e le tolse con un gesto veloce. Mentre osservava le mani prendere il loro normale colore si chiese che aspetto potesse avere.
Tirò giù il parasole e nello specchietto attaccato vide la barba lunga, il viso tirato, gli occhi scavati e rossi.
Ancora confuso per quello spettacolo innestò la marcia e senza guardare si immise nel traffico placido di quella domenica invernale. Il traffico era scarso ma questo non gli risparmiò comunque una serie di suonate di clacson e di improperi da parte degli altri automobilisti.
Si trovò così a percorrere quello stradone che circonda la città come una specie di nuovo fossato, dove al posto degli alligatori ci sono migliaia di pezzi di metallo che si muovono e che hanno ingoiato già il loro lauto pasto di carne umana.
Guida come un automa. Non ha ben chiaro dove sta andando ma va, e questo è importante. Un pedone attraversa sulle strisce pedonali e lui lo vede all'ultimo momento così com'è assorto nel vuoto dei suoi pensieri. Quell'immagina che si muove, troppo piccola per essere recepita dal suo cervello si trova in un attimo davanti a lui. Pigia energicamente il freno, mentre il pedone, un ragazzo si una ventina d'anni fa un balzo indietro.
Si ferma comunque giusto in tempo, ma anche questa volta non è sufficiente per evitargli un'altra sporta di insulti.
Nel fra tempo lo spavento gli ha tolto il fiato. Il ragazzo continua il suo camino e lui resta fermo a guardare il vuoto. Dietro dopo un po' inizia un nuovo concerto di clacson per automobilisti stressati.
Riparte e si ferma una decina di metri più avanti cercando di parcheggiare al meglio.
Cerca di riprendere fiato e di ridare un ritmo più naturale al suo cuore che sembra una batteria di un pezzo tecno.
Spegne la macchina e scende.
Si guarda in giro ma non riconosce nulla di quello vede, eppure è sicuro di essere nella sua città, ma quella zona sembra uscita da non sa dove.
Si appoggia all'auto smarrito.
Passa una famigliola. I due bambini che giocano a guardie e ladri mentre i genitori si dividono le borse della spesa ed il cane fa da guardia sia ai piccoli che ai grandi nella speranza che in quei sacchetti ci sia qualcosa anche per lui.
Deve esserci un supermercato nelle vicinanze. Decide di andarci. Quale posto più familiare quando non si sa dove si è e dove sia la propria casa? I supermercati sono bene o male tutti uguali come le catene di fast food che vorrebbero uniformare i gusti di tutti i loro clienti nel mondo.
Prende a camminare in direzione opposta al quadretto idilliaco che ha appena visto passare.
Un pensiero gli passa fulmineo nella scatola cranica. Un immagine. Un flash. E poi gli resta solo la sensazione e nulla di più.
Cammina e si guarda in giro alla ricerca di questa isola del lucro, oasi dell'economia moderna, agorà futurista.
Vede un concentrarsi di auto in coda, e visto il poco traffico ed il fatto che lui non sta guidando questo può voler solo dire che ha trovato la sua meta.
L'insegna luminosa poi è meglio di una Stella cometa o di una X sulle mappe dei pirati. Il tesoro è là.
Accelera il passo. Anche il parcheggio di questi enormi centri del commercio è ormai standardizzato. Fila di carrelli, parcheggi numerati, gente che gira alla ricerca di un posto dove lasciare l'auto ed altra alla ricerca dell'automobile. C'è chi insegue le persone con i carrelli pieni in stile processione nella speranza di trovare l'anelato parcheggio. Perchè anche se l'enorme P bianca su sfondo blu indica l'esistenza di questo mito moderno. Il parcheggio. Ma l'automobilista sa che in realtà la ricerca di un parcheggio a volte si avvicina di più alla ricerca del Graal.
Le solite porte automatiche gli si aprono senza neanche dover dire Apriti Sesamo.
Le casse sono tutte in linea e dietro questa linea ci sono le code, più o meno dritte, di persone con carrelli e cestini. Si sente la musica scelta da un fantomatico dj del supermercato che tra un pezzo e l'altro inserisce anche qualche consiglio per gli acquisti. Ogni tanto le canzoni sono interrotte da qualche chiamata in stile aeroporto. “ I clienti con meno di 10 pezzi sono pregati di accomodarsi alla cassa 22; la cassa numero 7 aprirà tra pochi istanti”. Dietro alle casse ed alle file di carrelli si estende in tutta la sua ampiezza il supermercato, con le sue file di scaffali pieni di tutto ciò che spesso crediamo di aver bisogno. Queste file di scaffali perfettamente parallele formano le corsie, dove la moltitudine è alla ricerca di prodotti. Qualsiasi tipo di prodotto. Ormai in questi centri si trova di tutto, dall'ultimo disco del cantante di moda, al detersivo ecologico per lavastoviglie o piante tropicali. Biciclette o tutto per la scuola e l'ufficio. Cibo per tutte le forme viventi sulla faccia della terra, o almeno crede. È quasi sicuro di aver visto una busta di plancton nella corsia del cibo per gli animali.
Sul lato opposto alle casse di solito ci sono i banconi della carne, del pesce e del pane. Sui lati, quello vicino all'ingresso la frutta e la verdura e quello opposto le bibite in bottiglia.
Ritrova in quel moderno mercato una certa area di casa. Di sicurezza. Vede tutto il variegato mondo rinchiuso in quel microcosmo. Single con carrelli pieni di cibi precotti monoporzione, famiglie con confezioni famigliari di qualsiasi cosa, giovani genitori che controllano pacchi di pannolini e pappe mentre gli eredi sono incastrati nei carrelli o lasciati all'ingresso nel reparto accoglienza bimbi, anziani che si muovono lentamente alla ricerca di prodotti economici approfittando del riscaldamento gratuito e per fare un po' di movimento. Signore in pelliccia che chiedono il prosciutto migliore al banco della salumeria e le tartine di salmone striato di Russia. Mariti con lunghe liste di cose da comprare si spostano a scatti da un punto all'altro come palline di un flipper. E tutti alla fine si incontrano alle casse.
Vorrebbe poter vedere tutto quel mondo dall'alto. Forse assomiglierebbe ad uno di quei formicai che ha visto in televisione in uno di quei documentari che lo aiutano ad addormentarsi.
Supera il ponte levatoio, ovvero la sbarra di metallo che delimita la corsia d'ingresso, ed inizia anche lui questo viaggio, avanti ed indietro, su e giù alla ricerca di non sa che cosa. Dopo un po' di tempo che si aggira schivando carrelli e passeggini nota che qualcuno lo sta osservando. Deve essere qualcuno della sicurezza, pensa. Sa che tra tutti i clienti si nascondono delle moderne spie che controllano se qualcuno si appropria indebitamente dei prodotti del supermercato. Per non dare troppo nell'occhio decide di prendere un cesto e ci mette dentro un pacco di fette biscottate, un vasetto di miele fatto dalle alacri api di montagna che hanno selezionato solo piante di Tarassaco ( chi sa come fanno le api a dividere i mieli nei vari “gusti”) ed un pacco di fazzoletti di carta.
Ora è libero di seguire le orme di Ulisse nel suo viaggio di ritorno all'amata Itaca.
In una delle tante corsie incontra anche una commessa che sta riempendo uno dei ripiani di salse e sughi. Accanto a se ha un carrello pieno di questi sughi e li deve mettere tutti allineati nello scaffale mentre le persone le passano accanto senza degnarla neanche di uno sguardo o addirittura infastiditi da questo essere che non gli permette di godere a pieno di questo paese di Bengodi. Gli fa quasi tenerezza. Si avvicina e non sapendo cosa dire impacciato come al primo appuntamento gli chiede: “ mi scusi dov'è la maionese?”.

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