Un'altra settima da segnare in nota spesa. Una settimana piena di incontri strani.
Il primo di tutti è fatto nella notte che mi porta nella prima capitale del regno. Un benzinaio che alle 2:00 del mattino ha la stessa simpatia di un gatto persiano attaccato ai gioielli di famiglia. Sono troppo stanco per rispondere al suo sarcasmo con la badilata che ci vorrebbe e faccio finta di nulla, anche se vorrei tanto che i soldi che gli sto dando si trasformassero in mosche.
Lunedì ho un incontro virtuale con la smemorata che continua a non ricordare nulla della mia scimmia (vedi post precedente). Quindi mi arrendo all'evidenza e cerco, anzi mi sforzo, di non pensarci più. In aiuto mi viene un amica lontana che gentilmente, senza saperlo, mi da un punto di vista differente.
E siamo giunti ad un altro giorno. Qui si rivede il cantante tedesco, anni settanta, accompagnato da una delle grupies. Una tipica ragazza nordica pre-esplosione del metabolismo, con la stessa tonalità di voce di un muratore bergamasco con la raucedine. Forse è posseduta, o almeno questa è l'impressione che da. Ogni volta che mi rivolge la parola sento la paura crescere, e guardando la faccia dei colleghi attorno non devo essere l'unico a pensarla così.
In serata spunto un'altra delle cose che volevo fare a Torino: andare allo stadio a vedere una partita. Il triangolare Tim mi permette di vedere addirittura tre mezze partite, essere vittima di un bagarino, fare una coda impressionante per cambiare il nome sul biglietto e nel fra tempo indossare una ragazza argentina come zainetto a causa della ressa. Lo stadio olimpico non ha il fascino del Comunale ne lo spreco del Delle Alpi. Non sembra degno della città che lo ospita.
I giorni in ufficio passano al cospetto della coppia crucca che racconta quanto sia bello il loro programma, peccato che ogni 2 ore io li becchi in fallo e costringa il povero Gingo (il vero nome è anche peggio Strolz e non scherzo) a sentire Pingo (il cugino tedesco entusiasta di Mario Bros). Il mio inglese inizia un po' ad ingranare anche se a fine serata sono stanco il doppio.
L'evento sportivo è l'ennesima partita di calcetto, giocata questa volta in un campetto di periferie, quasi il parcheggio di un centro commerciale. La pioggia non ha fermato la voglia di correre dietro ad un pallone o di fare quattro chiacchiere tutti insieme nel dopo partita, accompagnate da un paio di birre a prezzi quasi da supermercato. Il risultato, scontato, ha visto la mia compagine uscire vincitrice, con un gol di scarto.
Non resta poi tanto da raccontare, o meglio. Il mio ritorno a casa venerdì sera meriterebbe un video clip. Parto dalla fabbrica che iniziano a cadere le prime gocce di pioggia, e mentre faccio il resoconto della settimana al mio capo, la pioggia s'intensifica, il vento si alza, e vedo addirittura cadere un albero sulla strada avanti a me. Vado piano e cerco di concentrarmi sulla strada e su quello che devo dire al capo. Faccio ancora un centinaio di metri e decido di troncare sia la comunicazione che il viaggio. Non vedo nulla, mi sembra di essere in lavatrice con tutta l'auto e la grandine suona sulla carrozzeria della macchina un ritmo tribale. Parcheggio e aspetto.
Dopo una ventina di minuti il dio Pluvio sembra placarsi e ricomincio a viaggiare. Non faccio neanche cento metri ed al primo semaforo vengo affiancato da un auto guidata da una guardia giurata in divisa. Con la faccia sconvolta mi chiede indicazioni per un ospedale. Provo a dargliele e lui scoppia a piangere ed a gridare PERCHE'. Il semaforo scatta e lui pure. Ed io resto un attimo con l'immagine di quest'uomo disperato pensando a tutto ciò che può essergli successo ed augurandogli col cuore che tutto possa sistemarsi. Dopo Pluvio anche Nettuno vuole mostrare la usa potenza allagando in maniera inverosimile la strada che porta al mio tetto piemontese. Sono tentato di mettere il salvagente e le pinne alla macchina e di fornirmi di un boccaglio. Faccio il periplo di tutto il quartiere alla ricerca di una via agibile per tornare alla mia residenza, e con un po' di pazienza e di tempo la trovo. Il mio primo venerdì sera a Torino lo passo sul letto a cercare i perchè della vita, ma il sonno, aiutato dalla stanchezza hanno la meglio.
Sabato mattina mi sveglio con la voglia di ferie alle stelle e vado a fare il turista. Provo a ripercorrere i miei sentieri notturni per scoprire nuovi colori e particolari. Il verde di un viale, il profumo di un giardino od il fastidio di un sassolino nei sandali. La città si deve ancora svegliare. Cerco di non farmi distrarre da scorci della città che mi attirano come sirene. Ho un obbiettivo. Vedere Torino dall'alto del suo balcone più famoso. Dalla Mole Antoneliana.
Arrivo ed ha tutto un altro aspetto la zona vista di giorno. Anche l'ingresso ha quel non so che di esoterico. Sono il primo, ed unico in coda per la salita. Mentre si aprono le porte dell'ascensore arrivano anche due signore delle pulizie che iniziano a ciacolare con il pigiatore dei pulsanti dell'ascensore. L'ascensore è vetrato e permette di vedere tutto intorno, e per la precisione i vari piani del museo del cinema. La struttura si trova al centro della Mole e quando si avvicina alla cupola sembra che ti risucchi in un altra dimensione e poi sei fuori, all'altezza del primo balcone. Scendo e guardo la città ai miei piedi. Provo a riconoscere i luoghi, come i bambini, ed a ricordare così le situazioni. Lì mi sono perso, lì è dove lavoro, lì è dove dormo, lì c'è il Po', lì ho visto i fuochi , quello è il Duomo, lì mi ha sorpreso la Mole l'ultima volta, quella è Piazza Castello, lì la prima cena fuori, quella è la strada che ho fatto, l'università, li la prima bevuta, lì l'ultima. E così l'elenco si allunga cercando i giorni passati.
Il piano si riempie di turisti di varia provenienza, lingua ed accenti si mischiano. È ora di tornare. Studio il percorso dall'altro come quando lo cerco sulle cartine satellitare in rete. Fatto. Spuntata anche questa.
Scendo e vengo accolto da un afa in crescita. Il sole inizia a fare il suo lavoro a piene braccia, ma il mio umore da turista mi protegge, mi porta addirittura a sentire l'odore del mare. Per aumentare questa mia sensazione mi fermo a prendere la vera focaccia ligure in quello che si dice essere il posto dove la fanno meglio. Non la mangio, l'assaporo cercando di usare il gusto per viaggiare, per vedere i budelli, l'arenile, gli ombrelloni sulla spiaggia, meglio di Ligabue ed il suo viaggiare col cuore. Viaggiare con il sapore.
Ferie aspettate ancora un po' sono quasi pronto.
Nella prossima puntata si parlerà di...
1 commento:
ammazza che bravo narratore che sei! mi sembrava di essere lì con te.
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