06 dicembre 2008
Torino - 39° puntata
Ed ecco che anche la mia trasferta risente del periodo di crisi, e della flessione nella vendita delle auto. Ci è stato chiesto gentilmente di non venire a lavorare venerdì, e l'annuncio è stato accolto con sommo piacere dal sottoscritto. Avevo proprio bisogno di staccare da Torino e dal progetto e d un po' tutto il circo che gira attorno a questa esperienza. Già la scorsa settimana il bisogno di ritrovare un po' di quello che ero prima di salpare con il barcone della trasferta si era fatto sentire, ed erano partite le telefonate/chat/mail ed altre forme di contatto per riprendere i flussi lasciati cadere in questi mesi. Qualcuno spero di riallacciarlo in questo ponte lungo.
Dopo questo inizio introspettivo ed un po' sentimentale sarà meglio tornare a parlare di ciò che ormai è, la settimana corta trascorsa ad occidente.
Questa è la settimana che dovrebbe accendere lo spirito delle feste, per le vie di Torino si vedono le prime luminarie accendersi, con gli auguri di circoscrizioni o negozianti che accolgono il viandante, indigeno o no, lungo il suo peregrinare. In una delle mie sortite serali, anticipate all'ora dell'aperitivo visto il clima freddo, mi sono trovato a percorrere vie nuove. La corretta nomenclatura sarebbe viali, visto la presenza di alberi che separano le corsie centrali dai controviali. Mentre cammino in queste grandi arterie cittadine, dove il traffico è accettabile nelle ore serali, guardo i palazzi che ne delimitano l'ampiezza. Si susseguono costruzioni di varia foggia. Ci sono case tipiche della prima industrializzazione, che formano piccoli quartieri; case popolari, tutte uguali, figlie del boom economico; case occupate da rifugiati in fuga dalle loro casa natali; case del terziario avanzato, con quell'aria un po' snob che cerca di essere simbolo di una moderna nobiltà.
Alcune di loro hanno già i balconi adornati di splendidi addobbi. Un balcone attira, in particolare, la mia attenzione. Riesce a coniugare il sacro con il profano, i miti del nord con le tradizioni popolari. Sul muro interno è appesa una rappresentazione 1:2 della capanna con il bambinello, mentre sulla balaustra si vede un Babbo Natale, con slitta e renne che corrono, ed in un angolo c'è un albero tutto agghindato a festa, in attesa che alla sua base qualcuno depositi una montagna di pacchetti. Questo mix spicca tra i balconi ancora spenti che lo circondano, unico simbolo di un periodo che dovrebbe spingere tutti ad essere più buoni.
Per le strade non c'è nessuno, tutti già a casa o in qualche locale a cenare, incrocio giusto i ritardatari, i proprietari di cani, qualche atleta coraggioso, una meretrice che mi chiede se voglio goder delle sue grazie ed un ragazzo in cerca di un pasto caldo.
Ma manca ancora una cosa a questo elenco di cose e persone. Manca quello che probabilmente sarà il simbolo di queste feste. Al centro della rotonda che sorge all'incrocio di due grosse vie di comunicazioni, a poche centinaia di metri da dove risiedo durante la settimana, sorge una gru.
Sino ad ora pensavo fosse la dimenticanza di qualche costruttore fallito od il preludio a nuovi lavori, ed invece scopro essere una statua. Ma non è finita qui, durante il periodo delle feste si illumina di un colore azzurro, intermittente. Non sto scherzando. È proprio così. Chi avesse amici a Torino, può controllare. Io ho provato a capirne il significato, ed a chiederlo a chi in questa città ci è nato, ma nulla. La mia piccola mente da ingegner non riesce ad arrivare a capire, e quindi ad apprezzare tale rappresentazione artistica, e quindi chiedo a voi lettori un'interpretazione di questa installazione, che dovrebbe abbellire la città, o ricordarle persone ed eventi.
Incredibile a dirsi, ma in questa settimana caratterizzata dalle temperature sempre più vicine al punto di gelo, si è tornati all'abitudinaria partita di calcetto infrasettimanale, che è stata messa a rischio da alcune defezioni, e che ha quindi visto scendere in campo solo otto giocatori, che con foga e coraggio hanno combattuto le insidie del terreno gelato di un campetto di periferia. Come tradizione, il terzo tempo si è svolto in un locale della zona, dove i partecipanti hanno potuto brindare con birra e rifocillarsi con panini e patatine, mentre le parole facevano da cornice al trascorrere del tempo.
Nella prossima puntata si parlerà di...
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