13 febbraio 2010

Mezza trasferta - 13° puntata Kechnec


Buon dì caro lettore, buon giorno dalla non proprio vicina Kosice. Eh sì, questa mattina mi sono svegliato in una camera d’albergo, in un’altra città, n un altro stato e non solo geografico. Per esigenze di progetto la trasferta, in queste lande fredde, è stata programmata per due settimane consecutive. Già due settimane in Slovacchia, e non in ferie ma a far girare, se è possibile, le viti del nuovo stabilimento. Ma procediamo con ordine.
Lunedì, dopo un fine settimana da rinchiuso in casa causa malattia, decido di prendere l’auto per andare all’aeroporto. Prenoto il parcheggio in anticipo e vado via tranquillo. Peccato che proprio la mattina della partenza ci sia una bella nebbia a rendere tutto più complicato. Ovviamente la cartina che mi sono preparato per arrivare al parcheggi serve a poco, perché invece che passare da Arese sono passato da Mesero, con la speranza di trovare poco traffico. Ho trovato poco traffico, ma come al solito, in prossimità dell’aeroporto non sapevo più dove andare, ma ero tranquillo perché avevo il numero del servizio clienti da chiamare. Qui faccio la prima scoperta: ho dimenticato il cellulare affianco alle medicine!!! Sono un genio. Vado via 2 settimane e dimentico il cellulare a casa, e sono anche in leggero ritardo. Bene. Mi prende un po’ l’ansia, ma per fortuna trovo un netturbino a cui chiedere la strada e poi incrocio la navetta del parcheggio. Mi ci attacco come una zecca ed arrivo trafelato al parcheggio. Qui cerco di sbrigare velocemente tutte le pratiche e mi fiondo sul pulmino. Arrivo in tempo. Al check in, che sembra infinito per la quantità di gente che c’è scopriamo che sul volo per Praga c’è anche una scolaresca. Sull’aereo sono lontani da me e quindi non mi accorgo della loro presenza sino a quando non applaudono il pilota per l’atterraggio. Era dall’86 che non vedevo applaudire all’atterraggio. La seconda tratta è come al solito stordente. Volare con un ATR non è proprio semplice. All’aeroporto sbrighiamo velocemente le pratiche per le auto e via verso il plant. Iniziamo a lavorare. Io ho bisogno di un paio di risposte e di fare il training all’utente. Sono un po’ nervoso perché non mi sento del tutto confidente sulla materia e poi fare il training in inglese… non so. La persona che devo formare poi mi viene subito in aiuto. Ad ogni domanda risponde con “Devo chiedere”, “Devono autorizzarmi”, “Ma lo devo fare io” e cose del genere e quando parlo di training mi dice che è impegnato in altre attività. Così un lavoro di 2 ore da fare in una settimana si trascina ed i colleghi, il cui lavoro è impattato dal mio iniziano ad essere insofferenti ed io mi sento sempre più sottopressione ed inadeguato per il progetto. Metteteci poi che per un paio di giorni c’è con noi anche il capo di tutte l’area mondo di tale business line; che il plant manager, di origine francese e quindi leggermente restio ad aiutare i Campioni del Mondo, decide di metterci i bastoni fra le ruote in tutti i modi. Bhè i primi giorni della settimana sono davvero allucinanti. Arrivo ogni sera in albergo davvero stressantissimo. La cucina locale poi non aiuta. Se non è stra-grassa e ricca di aglio. Giovedì mattina l’intero albergo si sveglia senza luce. Blackout.
Non posso radermi perché il bagno è cieco e quindi non c’è luce, ma non è quello che mi preoccupa. Mi preoccupa il fatto che l’aria, dopo l’ennesima cena a base di “ginocchio”, non è proprio frizzantina e la signora delle pulizie potrebbe risentirne.

La giornata procede come al solito. Faccio una domanda alle 9:00 del mattino e ricevo una risposta alle 17:30 che contraddice la risposta del giorno precedente. Quindi mi tocca rifare tutto. Alla fine però riesco ad uscirne, in qualche modo, ma ci riesco. Mi convinco che non posso andare avanti così, ed i colleghi mi spingono a prendere la cosa con più leggerezza. La cena è stranamente digeribile. Nessuna salsa assurda o condimento degno delle fucine di Vulcano. Dormo un sonno tranquillo e ristoratore. La mattina tutte le cose mi sembrano più leggere. Il fatto che l’utonto che devo seguire ricomincia con la sua tiritera non mi pesa. Non è un mio problema. Faccio un paio di cavolate, ma rimediabili. Ed anche quando il genio prima mi dice che posso fare una call conference dalla saletta visitatori del plant e poi guardarmi con faccia stranita e scusarsi, obbligandomi ad una corsa trafelata all’altro plant dove c’è il re degli imboscati che dopo una settimana di insistenza decide almeno di partecipare a questo appuntamento. Ok, perdo la prima parte, ma quella che serve la recupero. Ho le info per finire il mio lavoro. Me ne torno al punto di partenza e mi metto a lavorare. 10 minuti ed ho finito. Da ora in poi farò da supporto ai colleghi, che ne hanno bisogno, visto che anche loro ora si scontrano con l’inefficienza di alcuni personaggi, che sembrano sobillati dal francesino, ora che si sente più sicuro visto che il capo scout è dovuto tornare in Italia per esigenze personali. Il team al completo decide allora di unirsi alla richiesta di: RIVOGLIAMO LA GIOCONDA!!!
Riusciamo comunque a finire tutto, in un modo o nell’altro, ed anche a farci quattro risate. Siamo gli ultimi ad uscire, e chiudiamo noi lo stabilimento. Arrivati in albergo veniamo accolti da una folla di persone in abito da gala. C’è una festa o casa similare. Gli uomini sono tutti in smoking, o meglio in una parvenza di smoking e le donne hanno tutte vestiti da sera delle fogge e colori più disparati. La curiosità mi porta a vedere com’è questa festa, ma dopo una lunghissima giornata di lavoro, in uno stabilimento manifatturiero potete immaginare come stavo. Comunque dopo una breve sosta in camera, dove mi accoglie un giornale italiano che mi fa saltare di gioia, solo perché mi fa sentire un po’ meno lontano, inizia la difficile avventura di trovare un ristorante aperto. Siamo fortunati e troviamo una pizzeria, dopo essere stati rimbalzati da un paio di locali, che ci accoglie come suoi ultimi clienti. La pizza che mi servono è ricca di aglio, ed il fatto che ci portino il conto prima delle pizze un po’ mi fa pensare, ma lascio stare. Il più è fatto, o quasi. Ora mi posso godere un po’, ahimè poco, meritato riposo.
…e la storia continua…

2 commenti:

Pietro ha detto...

Per lo meno, con tutto quell'aglio, terrai lontani i vampiri! Lo so che la terra è un'altra, ma le trasferte esistono anche per loro...
Che dirti? Al lavoro sto concludendo due progetti e quando pensavo di poter tirare un po' il fiato, incorro in altri "contrattempi" (vedi il mio blog per saperne di più)...sperando che si chiudano in fretta! Pensa che quando tornerai in Italia, la primavera sarà più vicina.
ciao

Carmine ha detto...

Ciao Pietro,
speriamo che la primavera non sia come quella della Goggi...