15 novembre 2007

Passo 2


Vediamo di ricapitolare gli eventi della giornata. Un po’ di ordine non fa mai male, e di mal in questo momento non so se ne provo di più o ne vorrei provocare di più.
Calma. Allora partiamo dall’inizio, dall’inizio di questa giornata di merda.
Mi sono alzato, lavato ed ho preparato la colazione per me e per la mia…per la mia cosa? Questa mattine credevo di amare la persona con cui avevo condiviso il giaciglio, ne ero quasi sicuro, ed ora sto elencando mentalmente tutti i modi possibili per ucciderla e farla franca. E sono giù arrivato a quota 56. Comunque fatta colazione sono uscito di corsa perché avevo un appuntamento in ufficio. E dire che mi ha anche baciato mentre uscivo di casa e lei entrava in bagno. La zoccola (e quando ci, vuole ci vuole).
Giornata piena in ufficio, ma alle diciotto, com’è mie abitudine da quando il mio contratto è passato dalla certificazione del precariato a quella di un impiego a tempo non determinato, guardo le mail del mio indirizzo di posta elettronica privato. Ecco che il sistema mi segnala la mail del mio…errore. L’oggetto è: ULTIMO BACIO, come il film.
Subito avevo pensato al bacio che ci eravamo scambiati nel piccolo corridoio del mio appartamento.
Si perché l’appartamento è mio, o meglio, è di alcuni banditi fino a quando non pagherò tutto il riscatto sotto forma di rate del mutuo
Leggo le prime parole e le tempie iniziano a picchiettarmi come se un batterista punk volesse usare la mia testa come grancassa. La bocca si è seccata neanche avessi in bocca della carta assorbente. Mi sembra anche che la lingua si sia ingrandita. Faccio un po’ fatica a respirare. La vista mi si offusca.
L’ULTIMO BACIO era quello di Giuda.
Quello che sono riuscito a capire è che: l’essere con cui ho dormito, l’ultima notte, mi dice che non ho capito che lei voleva qualcos’altro dal nostro rapporto, che io non riuscivo a capirla ed infatti non avevo capito e non capivo neanche ora. Ecco un altro acceleratore per la mia rabbia. Odio quando mi dicono che non capisco. Mi fa imbestialire. Forse non sono io che non ho capito sei tu che non ti sei spiegata. CAZZO.
Scusate, mi sono fatto prendere dalla foga. Allora dove eravamo rimasti. Ah si. Alla mail.
Lei , solo perché chiamarla bestia è troppo riduttivo e tutti gli altri epiteti che mi vengono in mente sono troppo volgari, invece aveva capito che non mi amava più, che forse neanche io l’avevo mai amata, ma che credevo solamente di provare quel nobile sentimento per lei.
Che l’avevo soffocata con le mie aspettative, che non riuscivo ad accettarla per quello che era, che lei non si sentiva la sicura di me, ed un’altra serie di farneticazioni.
Scuse ed accuse per farla breve.
Spengo il PC. Mi alzo e barcollando raggiungo la macchinetta dell’acqua. Le mani mi tremano e non riesco a bere, ma per lo meno mi sono bagnato le labbra.
Prendo la giacca ed esco.
Non provo neanche a chiamarla. Non saprei che dirle.
Non voglio tornare subito a casa.
Vado in giro per le vie del centro.
Ho bisogno di parlare con qualcuno però. Provo con Mario. Risponde ma mi dice subito che ora non può perché è in riunione, si in riunione con qualcuna delle sue belle, ma mi rassicura che appena ha finito mi richiamerà. In quel momento sento un suono familiare. È la suoneria che ho registrato a quella str…. Cade la linea.
Sono sicuro. Quella suoneria è unica, inconfondibile. Sono io che canto. Canto una versione rivista, da me, di Gianna di Rino Gaetano. Quante prese per il culo da parte dei miei amici mi è costata.
Entro in un bar.
È l’ora dell’Happy hours. Ed io di ore felici ne avrei bisogno più che mai adesso.
Ordino il primo drink e lo butto giù in un attimo. Sento subito l’alcol fare effetto. Ordino il secondo. Ed anche questo giù alla goccia. Prima del terzo sgranocchio qualcosa. Continuo ad ordinare drink e mi fermo solo quando non riesco più a contarli e tutto assume la consistenza del pongo.
Esco. L’aria fredda mi restituisce quel po’ di lucidità che mi permette di arrivare a casa scortato da un taxista, che mi ripete che la città sta cambiando, delinquenza, calciatori, politici corrotti, polizia, tariffe. Non capisco. Faccio finta di seguire come facevo a scuola. Ogni tanto annuisco. Dai finestrini trasmettono immagini con tempi di esposizione troppo lunghi, o forse sono io che ci metto troppo tempo a mettere a fuoco questa città sfuocata.
Non so che giro abbia fatto l’autista, mi sembra che ci abbiamo messo un tempo sbagliato. Non riesco a capire se troppo poco o troppo lungo. Pago la corsa e scendo. Ora sono abbastanza lucido da metterci solo 5 minuti per aprire il portone. Per fortuna c’è l’ascensore, ed anche se devo fare solo un piano è meglio non arrischiarsi con le scale. Sono fortunato e becco dalla pulsantiera il tasto del mio piano.
Uscendo incespico in non so cosa e sbatto contro il muro di fronte. La mia porta è la prima a sinistra. Dista solo un metro. Lo copro in un passo ed un’altra botta, questa volta contro la porta.
La guardo e noto qualcosa di strano. Non sapevo di aver aggiunto altre 2 serrature a fianco di quelle che già c’erano. Per fortuna che anche le chiavi sono raddoppiate.
Sto male. Ora sto male anche fisicamente. Mi viene da vomitare.
Sono ancora nell’ingresso quando risale, via esofago, il primo singulto. Corro subito verso il bagno, cercando di spogliarmi durante il percorso. Se qualcuno potesse vedermi ora sembrerei il concorrente di non so quale gioco senza frontiere. Un fil rouge con ostacoli invisibili. Apro la porta del bagno con una testata degna di Zidane. Intravedo la bacinella che la putt… usa per lavare il suo cane, quando lo porta da me. C’è qualcosa dentro ma non capisco cosa. Non ce la faccio più a trattenermi. M’inginocchio davanti al water e do via alla nuova scena dell’esorcista.
Finito il getto mi alzo e mi sciacquo la bocca nel lavandino. Sono incerto su cosa utilizzare per fare i risciacqui che mi tolgano il sapore acido che mi è rimasto in bocca. Opto per il dentifricio alla menta peperita. Inizio a spazzolarmi i denti e mi guardo allo specchio. Il mio viso riflesso mi fa impressione. Ha un colorito verdognolo, sotto gli occhi ho due zaini da giovane campeggiatore nordico, una serie di segni sulla fronte ed un leggero arrossamento sotto l’occhio destro. Mi sa che domani sarà un po’ più nero.
Sciacquo, sputo, risciacquo e risputo.
Mi giro lentamente e mi fermo, mentre la mia testa continua a girare. Mi appoggio al lavandino. Abbasso la testa e chiudo gli occhi. Cerco di prender fiato mentre tiro su lentamente la testa.
Quando la sensazione da toboga si attenua apro gli occhi e vedo lo scempio.
Il mio zaino.
Mi siedo sul water ed inizio a pensare al mio primo zaino.

2 commenti:

alpaox ha detto...

scusa carmine ... ma la famigerata zoccola ... esiste?! o e' una licenza letteraria?

Carmine ha detto...

devi arrivare alla fine del cammino per capire quanto ci sia di vero e quanto di licenzioso.