19 novembre 2007

Passo 3


Non so quanto tempo sia passato, so solo che quando mi sono alzato dal mio trono in ceramica fuori era giorno.
Mi sono tolto i vestiti rimastimi addosso e mi sono infilato sotto la doccia. L’acqua ha portato via un po’ del nero che avevo dentro, per fortuna. Esco dal box doccia cercando di non guardare la bacinella dove è a mollo il mio zaino. Mi asciugo frettolosamente ed esco dal bagno. Mi infilo in camera da letto, guardo il letto e rivedo lei in una serie di fotogrammi. In ognuno c’è lei, raggomitolata nelle lenzuola, che apre appena gli occhi e mi sorride quando la chiamo per alzarsi.
Mi sento soffocare. Una specie di claustrofobia allergica al luogo. Prendo giusto un paio di boxer dal cassetto del settimino ed esco. Mi sdraio, avvolto nella coperta, sul vecchio divano di Vanessa, che ora è in California. Lei, un altro cervello in fuga, con tutto il suo bel personalino di accessori, dalle università italiane.
E come al solito mi addormento nel giro di pochi secondi. È incredibile. Ogni volto che andavo a casa di Vanessa per studiare o cenare con gli altri, immancabilmente quando mi sedevo sul suo divano crollavo addormentato. Era la mia versione di arcolaio soporifero. Solo che io non sono mai stato molto bello quando dormo, o almeno questo è quello che mi hanno raccontato.
Comunque dormo e non faccio sogni, o se li faccio non me li ricordo.
Vengo svegliato da una voce femminile. Non riesco a capire cosa dice e di chi sia. Le palpebre si alzano in modalità LENTO, anzi MOLTO LENTO. Mi giro ed al posto della voce di prima c’è quella di un uomo. Cavoli, mi sono addormentato sul telecomando e d ora in video c’è Piero Angela che parla di non so cosa. Mi siedo e spengo. Butto il telecomando sulla poltrona e prendo la testa tra le mani. Sono cosi debole che la scatola cranica mi sembra fatta di marmo, tanto che devo appoggiare i gomiti sulle gambe. Trovata la posizione di equilibrio fisico, devo affrontare il disequilibrio emotivo che ho dentro. Mi sorgono talmente tanti dubbi da poterci scrivere un libro di quiz da settecento pagine. Le domande si susseguono, ma le più gettonate sono: PERCHE’, ED ADESSO? Non riesco a trovare alcuna risposta. Cerco di attaccarmi a frasi fatte o a versi di canzoni. A racconti letti e sentiti dalla viva voce di chi li ha vissuti.
L’unica cosa che so è che non posso restare qui. ho bisogno di cambiare prospettive per vedere meglio la cosa e lo devo fare in fretta prima di fissarmi ed impazzire.
Devo salire sul monte a riflettere.
Mi torna in mente, come un flash, l’ultima riunione ha cui ho partecipato. La presentazione del nuovo progetto, l’offerta/richiesta di seguirlo, il fatto che si parla di almeno 8 mesi in un’altra città, a solo duecento chilometri da qui. Il che significa restar fuori tutta la settimana, ma poter tornare in poco tempo a casa se fosse necessario. Il capo che mi dice che lunedì mattina gli devo dare una risposta, e che si augura che sia sì, ed essendo uno start up, questo gioverebbe molto alla mia carriera.
Se prima avevo dei dubbi, perché voleva dire allontanarsi da... ho finito le figure allegoriche, ora mi sembra una fortuna. La soluzione provvidenziale, anche se in realtà questa fuga risolve solo il contorno del problema.
Chiamo il mio capo, ma mentre compongo il numero mi accorgo che è domenica, domenica notte.
Ora che ho le idee un po’ più chiare mi è venuta una gran fame. È un po’ di tempo che non mangio, e l’ultima volta ho ingerito solo stuzzichini da bar. Vado in cucina, o come c’era scritto nell’inserzione, piccolo angolo cottura separato dalla sala. Apro il frigo e i vari pensili. Metto insieme un po’ di formaggio, delle olive, un vasettino di acciughe e due pomodorini sott’olio, regalo della mamma. GRAZIE MAMMA. Il tutto accompagnato da in sacchetto di tarallucci e da un po’ d’acqua.
Per un po’ è meglio che stia lontano dagli alcolici.
Mentre mangio inizio a far progetti. Devo tenere la mente impegnata su di me.
Se ricordo bene la partenza è prevista per mercoledì mattina. Non è necessaria la mia presenza, ma mi hanno fatto capire che se accettavo sarebbe stato meglio che io fossi lì dall’inizio. Comunque ora non c’è nessun problema. Se ricordo bene il calendario dovremmo iniziare con un giro per presentarci al cliente e conoscere il luogo. Riunioni per i primi tre giorni per definire tutte le richieste base ed avere una pittura dello scenario di lavoro. Dovrei trovare lì il gruppo di Mariella, che ha iniziato a lavorare sul cliente ormai 4 mesi fa.
A proposito. Se ricordo bene sarei l’unico della mia sede, per il resto dovrebbero essere tutti colleghi della sede principale dell’azienda, quella della capitale, più forse qualche terza parte indigena. Meglio così. Aria nuova e nessuno che ti fa domande sulla tua vita privata.
La mente si concentra su tutti i particolari dell’organizzazione. Valigia, vestiti da prendere, numero di magliette, mutande e calzini. Cosa mettere nella trousse da viaggio. Quali medicinali è meglio avere dietro. Aspetta non vado all’estero, e le farmacie si trovano anche lì. Documentazione da recuperare. Persone da avvertire. Potrei sentire Carla. Chi sa come le va la vita. È un po’ di tempo che non la sento. Vuoi vedere che è riuscita finalmente a rimanere in cinta. Se ricordo bene sono quasi sei mesi che lei e Luca cercano di avere un figlio.
Devo ricordarmi di chiedere a Mariella se nel suo residence c’è posto, se ci fosse potrei tornare un fine settimana si ed uno no, così da poter visitare la città e riallacciare i vecchi contatti con quelli del mare.
Non sono stanco e potrei andare avanti tutta notte, ma è meglio che vada a dormire. Domani voglio essere presentabile quando dirò al capo che accetto. Quindi vado a dormire.

Sul divano.

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