26 novembre 2007

Passo 4


Eccomi in questa nuova città, che di nuovo ha ben poco. I giorni sono passati ed ormai sono quasi quattro mesi che mi sono quasi trasferito in questa città fluviale. Si può quindi ben dire che è passata una intera stagione. Una stagione che ha portato freddo e pioggia all’improvviso, cancellando tutti i ricordi della calda estate.
Arrivato in questa nuova avventura lavorativa, mi ci sono buttato a capofitto come un novello Indiana Jones. Ho affrontato pericoli e trabocchetti ma per fortuna ora sembra che si stia navigando in acque più tranquille. Non mi sono dato tempo di pensare a niente. Mi sono tirato il culo come neanche Giovanni Rana con le sue sfoglie. Di Giorno in ufficio, e la sera qualche uscita, ma sempre con i colleghi. Questo ha fatto sì che si formasse una bella atmosfera da associazione goliardica. E le sere rimanenti le passo in residence a pensare come risolvere i problemi sorti durante la giornata o a come migliorare le cose. Nei fine settimane in cui non tornavo a casa andavo in giro per mostre e musei o a fare il semplice turista per caso alla ricerca della parte nobile, e non, di questa città che mi ha accolto nei miei giorni più neri. Ogni volta che ripensavo a lei e cercavo di capire come fossimo giunti a quel tipo di rottura il lavoro mi veniva in soccorso e rimandavo le mie elucubrazioni ad altro momento e se non ero a lavoro, indossavo le mie scarpe da corsa e via a mangiare qualche chilometro.
Come già detto questa stagione è finita. Si è affacciata un po’ di primavera qualche giorno fa. Sono un paio di giorni che ho allacciato ottimi rapporti con un’indigena, e questo mi aiuta a pensare ad altro oltre il lavoro, così da evitarmi l’alienazione totale.
Questa donna è entrata nella mia vita a causa della sbadataggine di un’altra donna.
Tutto è iniziato così:
la mattina prima di un’importante riunione, facendo un brain storming davanti alle macchinette del caffè, una delle dipendenti della società per cui presto la mia consulenza mi ha versato addosso i due caffè che stava portando. Risultato due belle medaglie da fare invidia ad un generale pluridecorato e due ustioni che mi fanno commuovere. La ragazza si scusa e continua a ripetere che non l’ha fatto a posta. Vorrei ben vedere.
Camicia e cravatta sono impresentabili alla riunione. Per fortuna non tanto lontano dalla sede del cliente c’è un negozio di abbigliamento, visto che il residence non è proprio dietro l’angolo ed indosso l’ultima camicia pulita in mio possesso, oltre al fatto che non ho poi così tanto tempo.
Infilo il giubbotto, e parto per l’acquisto. Entro in negozio, dove mi viene incontro una bruna in un completo maglietta e pantalone nero. Mi trattengo del tirar fuori la mia solita battuta su Marcel Marceau perché la fretta e la tensione per la riunione me lo impediscono. Mi chiede come può aiutami, con il solito sguardo da commessa, quello tra lo scazzato ed il sarò tua serva o mio padrone. Mi tolgo il soprabito e mostro il risultato del mio scontro. Lei guarda e non ce la fa a trattenere una risata. Io la guardo un po’ infastidito e lei se ne accorge. Con una mano si copre la bocca e con l’altra indica le mie due belle patacche che si stagliano sulla mia bella camicia, e mi dice che le ricordano le macchie di quel test psicologico che fanno vedere sempre in tv (le macchie d’inchiostro del Rorschach), e che lei ci vede la faccia di due che stanno litigando.
Mi volto verso lo specchio e, a ben vedere, non ha tutti i torti, ed anch’io alloro le sorrido, ma la pressione da riunione è ancora forte. Le chiedo se ha una camicia ed una cravatta.
Mi squadra un attimo e si lancia verso uno scaffale e poi un altro. Torna con una camicia a tinta unita ed una cravatta regimental rossa con righine argento e blu, non è proprio il mio stile ma l’insieme non mi dispiace. Sto andando in camerino per indossarle quando lei mi chiede il favore di fotografare la mia camicia, così da poterla spedire a FOTOBUFFEDALMONDO, una rubrica del giornale cittadino. Le do il consenso e lei scatta usando uno di quei cellulari ultra piatti che oltre alle telefonate permette di fare così tante cose che il libretto d’istruzioni ti viene mandato a casa in comodi fascicoli.
Vado in camerino a cambiarmi ed esco come nuovo. Camicia e cravatta non sono male. La ragazza ha buon gusto. Chiedo un suo parere, e lei mi sorride prima di aggiustarmi il nodo della cravatta. Ora è a posto. Mi accompagna alla cassa per pagare e lì il dramma.
Ho lasciato il portafogli nella giacca in ufficio. Cazzo!!!
Ed adesso come faccio? Guardo l’orologio ed ho 10 minuti per arrivare in ufficio, quindi non faccio in tempo ad andare a prendere i soldi e a tornare. Sono ad un passo dall’entrare in panico, quando lei mi sorride e mi chiede se ci sono problemi. Le spiego la mia sbadataggine e le chiedo il favore di lasciarmi andar via. Se vuole le lascio la camicia e la cravatta sporche in pegno più la catenina, regalo di cresima, e l’orologio, dono per la comunione.
Lei legge la mia agitazione e mi dice che non c’è problema. Ho un viso che ispira fiducia ed è sicura che tornerò a saldare il conto e che non c’è bisogno che lasci nulla. Mentre la ringrazio mi accorgo che non ci siamo neanche presentati. Si chiama Claudia. La ringrazio e le prometto che passerò in serata a regolare il mio conto.
Va da sé che la riunione è stata seguita da un'altra riunione ed ho fatto tardi. Per fortuna tutte andate a buon fine. E mi hanno fatto anche i complimenti per la cravatta. A dirla tutta il mio capo, che è una donna, ha usato queste parole: “Finalmente una cravatta da consulente serio”.
Peccato che quando sono arrivato al negozio la serranda era già giù.
Mi sono guardato in giro per vedere se magari è ancora nelle vicinanze. Niente. Chi sa cosa avrà pensato di me e cosa penserà domani che non mi vedrà, visto che devo rientrare oggi a casa. Che figuraccia. Speriamo che non le creino problemi.
Torno a casa e continuo a pensare a lei. Se avessi almeno il suo cellulare la potrei avvertire. Le potrei spiegare cosa è successo.
Arrivato a casa crollo nuovamente addormentato sul divano.
La mattina appena sveglio cerco il telefono del negozio su internet. Trovato. Peccato che sia sempre occupato. Per fortuna che con il numero di telefono ho trovato anche l’indirizzo.
Mi viene un’idea.
Mi vesto. Mi ricordo di prendere il portafogli, questa volta, e vado dal fioraio che c’è vicino alla chiesa di zona. Entro e chiedo se è possibile far arrivare un mazzo di fiori all’indirizzo del negozio di Claudia. Lui mi dice che non c’è alcun problema. Il mazzo arriverà in giornata.
Le scrivo un biglietto di scuse da allegare al mazzo di fiori.
Speriamo le piacciano.

2 commenti:

cits74 ha detto...

ci stiamo cimentando in generi letterari diversi, eh?
allora, secondo me il "senso della frase"&c sono cresciuti dal passo 1 al passo2, leggermente affievoliti nel 3, il 4 è un elenco, trafelato, che tuttavia rende bene l'agitazione della macchia sul vestito.
vediamo come va a finire

Carmine ha detto...

grazie per la critica costruttiva, anch'io penso che il passo 4 forse sia più lungo della gamba...ma a volte succede.