Il
maestro Ogu abitava al limite del bosco di Bamraga, non tanto lontano dal fiume
di Laggario dove le donne del villaggio di Linoma andavano a lavare le vesti ed
i bambini a giocare prima di farsi uomini.
Nel
territorio di Dimbolara, ed anche oltre, si raccontavano molte storie sul
maestro Ogu e sul suo passato. La più accreditata nel villaggio era quella in
cui si narrava che il maestro da giovane fosse stato avviato alla vita
clericale presso il convento di Norebo, che lasciò allo scoppio della guerra
tra il regno di Ganspa e di Marigena deciso ad arruolarsi come soldato per
vivere mille avventure e dimostrare il suo coraggio e d il suo valore.
Passati
più di vent’anni dalla fine di quella sanguinosa guerra, il maestro faceva il
suo ingresso nel villaggio. Con se aveva un asino e la sua soma ed una lettera
in cui un vecchio compagno di ventura, a cui aveva salvato la vita, lasciava la
vecchia casa in cui era nato e cresciuto.
Come
in tutte le epoche anche in quella gli abitanti erano sospettosi verso chi
arrivava da terre lontane..
Il
maestro, dopo essersi presentato al capo del villaggio, il Capitano Gedio, prese
alloggio nella sua nuova dimora.
Ed
è da quel dì che al racconto si sostituisce la cronaca della vita del maestro
Ogu che quest’umile scrittore vuol riportare.
I
primi mesi del maestro nel villaggio furono tutti uguali, o almeno così parvero
ai giovani abitanti del villaggio. Si alzava presto, quando il sole era appena
uno spicchio all’orizzonte, e si inoltrava nel bosco da cui tornava quando il sole era un disco alto
nel cielo.
Dalla
sua cintura pendeva quasi sempre una lepre o qualche altra piccola preda, oltre
ad una piccola borsa con dentro erbe e bacche. Sulle spalle un fagotto anch’esso
spesso pieno. Deposto il fagotto in casa ed acceso il fuoco, si recava al fiume
poco distante per riempire il secchio di acqua e cercare un po’ di refrigerio
nelle fresche acque.
Rifocillato,
lavorava con l’aiuto dell’asino che si scoprì avere il nome di Armenio, alla
ristrutturazione della casa. Mentre lavorava i ragazzini del villaggio
sfilavano per spiare il nuovo arrivato con la scusa di andare a fare un bagno o
un tuffo. Con loro a volte appariva
anche qualche abitante del villaggio. La sera, alla luce di una piccola
lanterna e della luna, lavorava piccoli pezzi di legno o suonava una specie di Mandola.
Capitava a volte di vederlo leggere, cosa rarissima in quelle terre, in cui
tale attività era ad uso solo di pochissimi persone tra cui mercanti e frati.
La
vita molto riservata del maestro aveva iniziato a far parlare gli abitanti del
villaggio. Ed allora, come oggi, le parole passando di bocca in bocca
diventarono vere e proprie fantasie. Qualcuno iniziava ad affermare che fosse
uno stregone o qualche figlio del Diavolo inviato per punire gli abitanti rei
di non dire le orazioni o di peccati ben più gravi.
I
più facinorosi spingevano per scacciare questa figura tanto diversa da loro
facendosi forti di presagi funesti e sventure di cui incolpavano il maestro.
Il
Capitano Gedio si opponeva dall’alto della sua carica di capo del villaggio in
quanto non credeva a nessuna delle dicerie del popolo, mosso più dall’ignoranza
che dalla realtà. Il Capitano, che aveva avuto la possibilità di scambiare alcune
parole con il maestro al suo arrivo aveva intuito che quell’uomo aveva in se
qualcosa di grande e superiore che poteva spaventare o affascinare la gente.
Venne
così, tra l’alternarsi di giorno e notte, il dì della festa del raccolto, in
cui mercanti di contee vicine e lontane arrivavano al villaggio per fare scambi
ed affari. C’erano anche bancarelle e saltimbanchi ed una miriade di persone di
tutti i ranghi. In quei giorni arrivarono anche alcuni frati, dal vicino
convento di Cefeli, per la questua.
In
mezzo a questa marea umana fece scalpore l’arrivo del maestro Ogu accompagnato
dal fido Armenio che portava sulla groppa due bisacce. Il maestro si recò tra
gli sguardi degli abitanti e dei mercanti alla casa del Capitano Gedio a cui
mostrò il contenuto delle bisacce. Una era piena di pelli, mentre la seconda
celava alcune statue di legno rappresentanti vari animali.
Il
maestra voleva vendere tale mercanzia per poter comprare alcuni utensili ed
altre cose di cui necessitava.
Il
Capitano rimase stupito della bellezza dei pezzi tanto che volle comprarne uno
da regalare al figlio che avrebbe compiuto 6 anni qualche giorno dopo. Si
propose anche di accompagnare il maestro durante la vendita della mercanzia
nella speranza di conoscere un po’ di più di quest’uomo. Il maestro accettò di
buon grado, sapendo che con a fianco il Capitano la vendita sarebbe stata più
agevole visto che avrebbe dovuto affrontare la diffidenza degli abitanti. E poi
chi meglio del Capitano poteva conoscere i mercanti arrivati nel villaggio.
Come
supposto la vendita andò bene. Comprati gli utensili e le spezie di cui aveva
bisogno, invitò il Capitano a brindare gli affari fatti e per ringraziarlo.
Questa volta fu il capitano ad accettare di buon grado.
Gli
abitanti del villaggio intanto erano sempre più stupiti di vedere il Capitano
accompagnarsi con questa figura tanto misteriosa, in quanto poco conosciuta.
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